1991 ISRAELE
Alle origini della religione
Abbiamo visitato un paese tra quelli assolutamente da non perdere nel panorama mondiale. Una nazione che offre un insieme così variegato di aspetti tra loro differenti da invogliare alla visita anche il più esigente dei viaggiatori. Qui il fervente cristiano potrà ripercorre in una linea fedele agli scritti dei Vangeli la storia ed i luoghi della vita di Gesù. Partiamo da Linate il 20 di Dicembre in pieno periodo natalizio per quello che sarà il mio 100° decollo aereo. Atterraggio a Fiumicino da cui un volo El Al ci trasla al Ben Gurion di Tel Aviv. Ritirata all’Avis una Fiat Uno raggiungiamo il nostro Sinai Hotel. Ormai è già sera e le strade della città sono semideserte. Domani è la giornata dello Shabbath in cui Dio ordinò al popolo israelita di abbandonare tutte le attività, persino il cucinare. Tutti i cibi devono essere preparati il giorno prima. Sistemiamo le nostre cose ed usciamo cominciando a farci una idea della struttura della città. Ci sono quartieri anonimi ed altri decisamente brutti, trasandati. Qui il problema arabo non esiste o quasi mentre più a sud, verso la striscia di Gaza non passa giorno senza che i giornali non parlino di qualche assassinio, rapimento o strage. Puntiamo verso Jaffa, appendice sud di Tel Aviv. Già insediamento ai tempi dei Fenici fu distrutta più volte fino ad entrare sotto il controllo ottomano. Fino al 1909 c’è stata solo questa località ma poi gli ebrei costruirono li vicino l’odierna Tel Aviv. Ci rechiamo a cenare in un elegante ristorante francese, l’Alhambra dove gustiamo un ottimo filetto d’anatra con salsa caramellata di frutta ed un fegato grasso d’oca davvero eccezionali. Il tutto con frittata di patata ed un bianco Sauvignon del Monte Carmelo di Haifa. Ci dirigiamo quindi verso il porto dove tra decine di stradine vecchie si snoda Jaffa antica. Sostiamo vicino al convento Greco ortodosso dove attraverso una scalinata si arriva alla piazza principale. In una moltitudine di viuzze negozietti caratteristici immersi in una atmosfera suggestiva. Alcune persone parlano russo, altri polacco. Sono parte di quegli emigranti che anno dopo anno accrescono la popolazione ebrea specialmente nei territori occupati con la speranza un giorno di ribaltare il rapporto della popolazione che ancora oggi è prevalentemente araba. Siano stanchi e facciamo ritorno in albergo. La mattina seguente colazione strettamente kosher. Gli ebrei si nutrono seguendo regole rigide che si tramandano da secoli. Numerose sono le imposizioni che impediscono questo o quel cibo o abbinamento fra altri. Sono regole che provengono addirittura da Mosè. Nel Talmud tutti questi precetti sono ben chiari ed il buon ebreo osservante deve rispettarli. Le carni di alcuni animali sono vietate come quella del maiale, della lepre o dello struzzo. Sono proibiti i latticini con le carni e mai e poi mai carni al sangue. Usciamo tra vie deserte dove sembra sia scoppiata l’apocalisse. E’ lo Shabbath!. Si fa un giro di ricognizione verso la graziosa Piazza Dizingoff e le migliori vie della città come la Allemby e la Yehuda. Visitiamo quindi la più grande sinagoga di Tel Aviv, abbastanza anonima dall’esterno dove sono indicati tutti i divieti e cioè entrare rigorosamente con il loro cappellino e con abito decoroso. Niente film o fotografie. Meno male che all’entrata ci sono dei copricapo uno dei quali indosso per entrare. Per Gosia l’accesso è precluso dato che le donne non possono partecipare alla funzione ma solo assistervi dall’alto e cosi farà. L’interno è strutturato diversamente dalla chiese. Prima di tutto non c’è chi conduce la funzione ma come del resto fra gli arabi con i mullah è preposto alla lettura del testo sacro chi si crede sia il più esperto in materia di religione. I passi della Torah sono recitati con una curiosa cantilena. Usciamo e direzioniamo verso il museo della diaspora ma è chiuso così dopo aver mangiato qualcosa in un chiosco arabo vicino al porto passeggiamo qua e la facendo anche una capatina su una spiaggia di Batyam. Tel Aviv non offre molto al turista così domattina partiamo per il nord del paese, direzione Haifa notando per la strada molti ragazzi in divisa militare costretti con zaino in spalla a recarsi nelle loro caserme di competenza. La situazione economica non permette infatti trattamenti migliori e perciò sono costretti persino a piedi con l’arma in spalla. Israele è colpita da un embargo asfissiante da parte di tutti i paesi arabi che la circondano e questo le crea uno scompenso economico profondo. La sua macchina da guerra è sempre in allarme su tre fronti e cioè il Libano, la Siria e la Giordania con una punta di sospetto anche verso l’amico Mubarak d’Egitto. Lungo il tragitto che ci separa da Haifa attraversiamo Cesarea, vecchia importante città costiera romana con un grande porto voluto da Erode. Arriviamo ad Haifa e ci dirigiamo immediatamente sul Monte Carmelo dove entriamo nella chiesa di Maria nel convento dei Carmelitani (il loro nome proviene dal monte Carmelo appunto). Quindi una piccola passeggiata fino ad una discreta panoramica della città dalla quale ecco intendere chiaramente un altro stratagemma inventato dagli israeliani per controllare la situazione palestinese. Le case degli ebrei infatti sono costruite in una posizione superiore a quella dei palestinesi. Ci dirigiamo ora al punto di maggior interesse della città. Parlo del mausoleo del fondatore della religione Bahai. Queste fede insegna che la rivelazione è progressiva e non definitiva e che l’Onnipresente educa la razza umana tramite i suoi vari messaggi. Predica cose apparentemente condivisibili come l’unificazione dell’umanità, condanna tutte le forme di pregiudizio e superstizione. Sostiene la parità tra uomo e donna, scoraggia il divorzio e sollecita l’instaurazione di una comune lingua internazionale. Il mausoleo ha tegole di color oro fatte venire dall’Olanda ed è immerso in bei giardini in stile persiano da dove la religione è originariamente partita. Seguaci sono sparsi in tutto il mondo e con le loro offerte fan si che questo luogo abbia tutte le cure necessarie. Proseguiamo verso Akko, l’antica San Giovanni d’Acri, roccaforte cristiana in terra musulmana. Il centro vecchio è altamente affascinante e dopo aver visitato anche la moschea Gizzar costruita su una precedente chiesa cristiana sostiamo ad un chiosco a gustare i caratteristici falafel. Sono specialità locali, sorta di polpette di ceci ed altre verdure messe in un pane arabo tagliato in modo da essere imbottito di questo ripieno. Le vie sono piene di artisti ed artigiani. Usciamo da Akko in direzione delle colline della Galilea. D’ora in poi percorreremmo i luoghi santi descritti nei Vangeli. Abbiamo letto di una cittadina nel nord che è una delle quattro città sante d’Israele ed andiamo a visitarla. E’ Safed, centro mistico ebreo e culla della cabala che nata in Spagna è maturata poi qui all’ombra delle colline della Galilea. I mistici della cabala studiano i numeri dei libri sacri con la speranza di ricavarci qualche scoperta o segreto. Ci colpiscono qui i primi esempi di ortodossi ebraici con tanto di boccoli e cappelloni neri che meglio noteremo inseguito nel quartiere ortodosso di Mea Sharim in Gerusalemme. Lasciata Safed, dopo un po’, in lontananza ecco il famoso lago di Tiberiade, il monte Hermon su a nord e le alture del Golan. Uno sguardo su in alto ed ecco la famosa Cappella delle Beatitudini di fronte al mare di Galilea. In questo luogo Cristo si dice fece il cosiddetto “sermone della montagna” e qui venne costruita questa cappella ora gestita da suore. Come capiterà anche in altre occasioni tenterò di fare domande ai religiosi incontrati ma curiosamente durante tutto il viaggio non riuscirò mai ad avere da loro risposte adeguate alla mia voglia di sapere. E’ come se fossero privi di qualsiasi forma di curiosità intellettuale di sapere, di approfondire chiusi in un bunker di convinzioni incontrovertibili. Ho notato in loro anche una certa insofferenza, distacco fra le diverse confessioni come cristiani cattolici, ortodossi, armeni e copti. Persino fra francescani ed altri ordini religiosi. Non parliamo poi fra cristiani ed ebrei!. La suora con cui parlo ce l’ha infatti con gli ebrei colpevoli secondo lei di togliere il lavoro agli arabi e di ghettizzarli. Un professionista della religione dovrebbe essere almeno anche un buon teologo e conoscitore delle differenze che regolano le varie confraternite e credenze invece abbiamo incontrato solo ciechi osservanti del proprio culto. Costeggiando il lago di Tiberiade raggiungiamo il kibbutz che abbiamo prenotato per due notti. Questi luoghi sono nati all’inizio del secolo scorso quando alcuni immigrati dalla Russia e da altri paesi ritornarono nella loro terra promessa allora araba e formarono delle comunità di lavoro aventi intenzione di essere autosufficienti in tutto. Si formarono pian piano anche delle strutture sociali e niente era di proprietà di alcuno ma solo della comunità. Molti kibbutz divennero così potenti che acquistarono terre vicine affittandole poi agli arabi che vi diventarono perciò addirittura inquilini. Queste comunità ebbero il merito di bonificare terre paludose ed improduttive. Raggiungiamo Tiberiade che subito ci sorprende con i suoi palazzi che nulla paiono avere in comune con quello che il fedele si aspetta di trovare. Questa e molte altre sono ormai città nel vero senso della parola. Ceniamo in un ristorante gaucho dove gustiamo un sorprendente misto griglia di carne argentina con un ottimo rosso di Asquilon, il Ben Ami dell’88. L’indomani un bel sole ci da il benvenuto rispecchiandosi sul mare di Galilea. Usciamo facendo un giro in alcuni villaggi a maggioranza araba e puntando poi l’auto in direzione di Nazareth. In lontananza, già la visione della chiesa dell’Annunciazione. Entriamo in città che si presenta subito con un traffico caotico ma per fortuna troviamo parcheggio nei pressi della chiesa. Vi entriamo!. Giù dabbasso c’è un altare e frontalmente la grotta dove si dice che Maria ebbe l’annunciazione della sua prossima gravidanza dall’Arcangelo Gabriele. Sopra c’è la vera chiesa con opere di artisti polacchi e portoghesi. Usciamo dato che il complesso religioso non offre gran che e percorriamo il mercato arabo, molto rumoroso. Prima di ripartire, attraverso un dedalo di vie saliamo verso la chiesa greco ortodossa, anonima esternamente, ma molto ornata all’interno. Sul lato destro un numero molto alto di pregevoli icone, legni intarsiati e di fronte la grotta dove loro dicono che Maria ebbe l’annunciazione da una visione di giovane che le preannunciò l’evento. Chi avrà ragione?. Lasciamo Nazareth andando verso il monte Tabor li vicino. Una strada sconnessa e tortuosa arriva fino in cima dove si erge la chiesa del Santissimo Salvatore. E’ qui che Gesù portò Giovanni e Pietro e per dimostrare la sua natura divina trasfigurò. Si alzò da terra illuminandosi in volto e nella veste. Nel mentre comparirono Elia e Mosè con i quali parlò. Giovanni e Pietro che erano ebrei e credevano solo in Yahve capirono che avevano di fronte il figlio di Dio. La basilica è stata costruita nel 1969 e li vicino c’è un convento di frati francescani. E’ presente anche una chiesa ortodossa però non sempre è aperta al pubblico. Scendiamo dal Tabor ammirando il bel paesaggio tutto intorno dove una volta erano solo paludi ed acquitrini. Passiamo per Tiberiade sul lago di Galilea vera fonte di vita per tutto il paese. L’acquedotto nazionale, uno dei più arditi del mondo è un capolavoro dell’ingegneria idraulica e porta linfa vitale in tutto Israele. Sostiamo nel luogo dove si ebbe la moltiplicazione dei pani e dei pesci. Cristo vide che coloro ai quali doveva predicare avevano fame e cosi mise su una roccia dei pani, dei pesci e li moltiplicò. Sulla stessa fu in seguito edificata una chiesa. Proseguiamo fino a Capharnao che ora è solo un sito archeologico ma una volta era un villaggio di pescatori dove viveva San Pietro. E’ qui che Gesù fece i suoi primi discepoli e miracoli. Ci sono i resti della casa di Pietro e della sinagoga costruita sulle rovine di quella preesistente dove era solito pregare Gesù Cristo. Proseguiamo verso nord e poi est sulle alture del Golan, solitarie e depresse. Il sole, sempre più debole lascia il testimone alle tenebre proprio mentre ci inoltriamo sempre più profondamente al suo interno Si incominciano a vedere i primi insediamenti di coloni israeliani circondati da filo spinato. Dopo il 67 Israele è entrato in possesso della Cisgiordania, di Gaza e di queste steppiche alture. La loro importanza è più che altro strategica dovuta al fatto che le medesime dominano il lago di Tiberiade e tutta la Galilea. Durante il conflitto i siriani è da qui che bombardavano gli israeliani ecco perché occupando questo luogo in pratica difendono il loro territorio. Notiamo delle case bombardate ed anche una moschea abbattuta. Visitiamo un insediamento limite, proprio ai confini e ci domandiamo cosa spinge questa gente a tanto rischio. In caso di minima invasione verrebbero spazzati via. Naturalmente i costi del terreno sono minimi. Dopo questo villaggio ci sono gli insediamenti militari proprio ai confini con la Siria. Ritorniamo sui nostri passi e dopo una “miracolosa” manovra per evitare due porcospini giganti raggiungiamo Tiberiade cenando al Galei Gil dove gustiamo due ottimi pesci di lago con un bianco del Carmelo del barone Rotchild. Quinto giorno in terra d’Israele e dopo una ottima colazione via verso Tiberiade chiamata così perché fatta costruire da Tiberio. Poi lungo una strada nella valle del Giordano fino a Bet Shean e Gerico. Di tanto in tanto qualche cammello con i loro padroni palestinesi. Stiamo praticamente costeggiando il confine con la Giordania. Vorremmo dare un occhiata ai due ponti sul Giordano ma l’esercito ci impedisce di proseguire. Incominciano a presentarsi a noi montagne aride tipo Arizona e su una di queste, a Qumran nel 1960 furono rinvenuti da due pastori i celeberrimi rotoli del Mar Morto, i più antichi testi biblici esistenti. Raggiungiamo il Mar Morto nella più profonda depressione del mondo. Siamo circa a 450 metri sotto il livello del mare e infatti nella stagione più calda, quando l’evaporazione è più elevata, delle formazioni saline vere e proprie escono dalla superficie. Passiamo Ein Gedi dove notiamo due turisti che tentano il bagno nelle sue gelide acque rimanendo curiosamente a galla. Proseguiamo perciò spediti verso il nostro complesso ad Ein Boker ed appena entrati nel secondo braccio del Mare Morto ecco che compaiono le formazioni saline prima citate ben visibili sotto la superficie dell’ acqua. Lasciati i bagagli in camera via perciò sulle riva di questo mare chiuso. Fa freddino ma l’esperienza è assolutamente da provare. Ci si immerge in acque gelide ed appena entrati in acqua si ha l’impressione poi rivelatasi reale di spostare granelli di sale in superficie. L’acqua è molto densa e pesante. Qui ci sono circa 25 grammi di sale su 100 grammi di acqua e la concentrazione è 10 volte superiore a quella normale. Dopo alcuni minuti di ambientamento mi lascio andare rimanendo a galla e provando una delle sensazioni più incredibili della mia vita galleggiando senza alcuna fatica come se una forza violenta mi spingesse verso l’alto e mi tenesse addirittura i piedi fuori dall’acqua. Con una rivista in mano avrei potuto comodamente leggerla. Torniamo in albergo appena in tempo per prendere un pulmino che ci porterà a fare dei bagni sulfurei in un impianto termale qui vicino. Ci saranno due locali ben distinti per donna e uomini dove completamente nudi, dopo doccia, si entra in una vasca puzzolente a 38° e per circa 15 minuti. Usciti, si viene coperti con lenzuola calde. Il tutto sarà estremamente rilassante e terapeutico. Qui infatti ci sono strutture che sfruttano le caratteristiche benefiche del Mar Morto che contengono alto tasso di bromo e magnesio. Con l’auto si prosegue un po’ fino a Sodoma, la famosa città biblica, ma sembra non ci sia più altro che un grande stabilimento per la produzione di zolfo. La cena all’albergo anticipa la giornata di Natale che iniziamo con la visita alla fortezza di Masada che raggiungiamo in funivia ammirando durante la salita un fantastico panorama desertico. Alla stazione di arrivo ci sono delle scalinate e una delle famose cisterne volute da Erode per conservare l’acqua piovana. Diventato procuratore ed eletto dal senato di Roma arriva con le sue truppe per governare ma per non correre il rischio di essere estromesso costruisce una fortezza qua sopra da dove non sarebbe stato facile ricacciarlo. In seguito, durante le insurrezioni giudaiche, il gruppo degli Zeloti (partito nazionalista ebreo) occupò la fortezza e resistette tre anni all’assedio. Quando Eleazar, il loro capo, vide che non ci sarebbe stato più nulla da fare, ordino a tutti gli uomini di uccidere le loro donne e i bambini quindi, estratti a turno, ogni uomo uccise altri dieci fino a che rimase solo Eleazar che ala fine si suicidò. Tutto ciò per evitare al suo popolo l’onta della schiavitù. Da qui si gode un bel panorama del deserto del Negev e del Mar Morto. Ritornati all’auto proseguiamo fino all’Ein Gedi reserve,un parco desertico fra montagne brulle color ocra. C’è una fauna endemica interessante e dei sentieri prefissati da percorrere. Saremo fortunati ammirando dei pregevoli ibex ed alcuni roditori. Si torna in albergo a studiare il programma di domani all’interno della mitica Gerusalemme. Ci aspetta una lunga tappa di trasferimento costeggiando prima il Mar Morto e quindi deviando lungo le propaggine desertiche del Negev. Il deserto è pietroso con rocce scavate e lavorate dal vento. Si incominciano a notare i primi accampamenti di beduini, i nomadi del deserto specie vicino alla cittadina di Ber Sheva, la capitale del Negev. Una volta alla settimane il mercato si anima ospitando molti beduini che vengono da ogni dove e vi vengono vendute ogni genere di mercanzia. Ripartiamo lungo una strada migliore attraverso un paesaggio coltivato arrivando ad Hebron verso le 11.00 e già prima notiamo come la presenza palestinese sia numerosa. Hebron è una città santa sia per gli ebrei che per i musulmani e qui l’odio etnico raggiunge i suoi livelli più elevati. La città è tenuta sotto stretto controllo dai militari che dominano dall’alto di numerose torrette di avvistamento. Qui il fanatismo religioso raggiunto il suo culmine. Quasi nel centro cittadino c’è la celeberrima tomba di Makpela, narrata anche all’interna della bibbia dove si dice sia sepolto Abramo, il capostipite di tutte e due le religioni. C’è un elegante muraglia costruita in tempo di Erode che circonda il tempio musulmano dove sono custodite le tombe di Abramo, sua moglie Sara, Isacco, Rebecca, Giacobbe e Lea. I catafalchi sono coperti da drappi riccamente lavorati. Le reali tombe sono in grotte murate sotto le fondamenta. Queste sono solo venerate. Ci sono due tipi di pellegrini che vengono qui e spesso accadono liti furibonde per via di qualche sgarbo che una fazione contesta aver subito dall’altra e viceversa. Per cercare di ovviare alla continua tensione ci sono militari che ne regolano l’afflusso con orari diversi di visita per muslim ed ebrei. Si riparte, consapevoli di lasciare una città unica nel suo genere che ha l’orgoglio di custodire le tombe dei capostipiti delle loro religioni. Poco distante da qui raggiungiamo la città araba di Betlemme. C’è la piazza principale con dei lati ricchi di negozi di souvenir sotto i portici e di fronte la chiesa di Giustiniano costruita nel IV secolo sulle rovine della basilica voluta da Costantino ed Elena. Ci sono tre torri, appartenenti alle tre confessioni religiose che gestiscono il luogo: quella armena, la greco ortodossa e la cattolica amministrata dai francescani. All’interno è una grande navata con colonne decorate e sui muri laterali ciò che rimane dei mosaici bizantini. Ci sono icone ovunque e mentre sulla destra c’è la sezione della chiesa ortodossa, sempre da quella parte ci sono i gradini che portano nella grotta dove nacque Gesù. Al suo posto ora c’è una stella d’argento. Tutto intorno icone che raffigurano la vita di Gesù e dal soffitto cadono lampade provenienti dalle varie confessioni religiose cristiane. E’ un luogo davvero toccante. Risaliamo dalla parte armena mentre dei fedeli stanno pregando, cantando una cantilena particolare e con gesti della croce alquanto originali. Usciamo nel momento in cui il muezzin della moschea di fronte intona le rime del corano. Che luogo incredibile!. Ci rechiamo poi alla famosa “grotta del latte” dove si dice che Gesù e la famiglia visse per due anni fino a che l’angelo mandato dal Signore non li avvertì che dovevano scappare da Erode che aveva saputo dai Magi la nascita del Salvatore. Erode chiese loro di avvertirlo quando lo avessero trovato perché avrebbe voluto onorarlo ma loro non lo fecero, opportunamente. Lui si infuriò ordinando di far uccidere tutti i bimbi di Giudea. Ripartiamo raggiungendo la città più religiosa del mondo Gerusalemme. Ci sistemiamo al nostro King Solomon che abbiamo prenotato dall’Italia, con vista sulla parte armena della città. Ci si dirige immediatamente verso la città vecchia attraverso una delle poche porte di accesso. Eccoci nella sezione ebrea. Parcheggiamo l’auto a Jewel road e proseguiamo a piedi. Varie saracinesche chiuse ci fanno intendere la molteplicità di negozi aperti durante le ore diurne. La città vecchia è come un quadrato diviso in quattro sezioni che sono l’ebraica dove siamo ora, la musulmana, l’armena e la cristiana. Vi girovaghiamo un po’ nella parte ebrea per poi tornare sui nostri passi. E’ sera e non c’è vita, inoltre è anche pericoloso inoltrarsi in vicoli e piccole stradine L’indomani raggiungiamo per primo la Knesset, il parlamento ebraico che proprio non regala nulla al visitatore. Siamo nella zona dei ministeri e qui vicino c’è anche il Yad Yashem, il museo dell’Olocausto. Ci sono foto, quadri ed è raffigurata in documenti la storia di quei tristi anni. Usciti, si passa dal museo d’Israele(chiuso) dove sono conservati i rotoli del Mar Morto che hanno un valore storico e culturale incalcolabile. Attraversando la parte araba parcheggiamo con l’intenzione di visitare, oggi che è venerdì la spianata delle moschee ma la polizia ce lo impedisce. Decidiamo perciò di recarci al celeberrimo Muro del Pianto e notiamo come gli stessi ebrei vengano “umiliati” nei suoi pressi con controlli minuziosi. C’è un gran numero di poliziotti che toglie alla città il suo fascino naturale. Arriviamo alla spianata del tempio che porta al famoso muro occidentale. Questo è un luogo santo per gli ebrei perché in questo punto, una volta era il famoso Tempio fatto costruire da Erode sulle rovine del più famoso tempio di Salomone dove era custodita l’Arca dell’Alleanza con le tavole della legge. Ogni giorno migliaia di ebrei pregano rivolti al muro. Come nelle sinagoghe ci sono due sezioni, quella per la preghiera delle donne e quelle degli uomini. Assisto ad attimi struggenti nei quali il fedele, con il grosso cappello nero in testa entra quasi in simbiosi con le grosse pietre del muro. Prega, recitando in forma cantilenante le rime del suo credo per finire addirittura abbracciato letteralmente al muro. La commozione si eleva alla massima potenza. Alcuni, dopo aver scritto precedentemente preghiere o implorazioni in bigliettini le infilano negli interstizi fra i grossi blocchi. Alla fine indietreggiano senza mai dare di spalle e si allontanano. Durante gli anni dell’occupazione giordana questi luoghi erano interamente in mano araba e solo Gerusalemme ovest era ebrea. Durante quel tempo i luoghi santi ebrei come del resto anche le sinagoghe furono profanate ed in alcuni casi diventarono addirittura depositi di spazzatura. Dopo la guerra dei sei giorni invece, Gerusalemme venne riunificata diventando in seguito anche la capitale dello stato. Certo che la tensione qui è palpabile ed Israele si trova ad essere circondata da nemici agguerriti sempre pronti ad infierire. Attraverso tutto il quartiere ebreo ci dirigiamo verso la zona cristiana. E’ nostra intenzione percorrere la celeberrima “Via Dolorosa” (la Via Crucis) dall’inizio (la Fortezza Atonia) dove Gesù fu condannato fino alla basilica del Santo Sepolcro. Non è facile arrivarci per via del dedalo di viuzze che trasforma tutto quasi in un labirinto ma dopo qualche tentativo infruttuoso riusciamo a sbrogliare la matassa. Tutto il percorso della Via Crucis si snoda in un dedalo di vie e solo grazie al nostro libricino illustrativo riusciamo ad identificare i luoghi delle varie stazioni dove Cristo cadde, incontrò la Madonna etc. Le prime dieci stazioni sono sulla strada. La decima, dove Cristo venne spogliato dagli abiti cade proprio all’esterno della basilica. Salendo all’interno della chiesa, al secondo piano, c’è il luogo dove Egli venne crocefisso(calvario). La cappella relativa è gestita dai cattolici. La dodicesima stazione dove Gesù muore è di proprietà della chiesa greco ortodossa. La tredicesima è all’entrata della chiesa dove il corpo è deposto dalla croce ed avviene l’unzione. Successivamente, durante la quattordicesima ed ultima stazione il corpo viene messo nel Santo Sepolcro gestito dai greci ortodossi. Usciti dalla basilica, sulla sinistra c’è un porticato e subito dopo la chiesa del Santo Redentore. Niente di eccezionale ma attraverso una scala a chiocciola si arriva alla torre da dove si gode una vista meravigliosa su tutta la città vecchia. Si notano chiaramente le differenze architettoniche tra le varie parti. Scesi, ripercorriamo con calma tutta la Via Crucis ammirando la cappella della flagellazione nel luogo della seconda stazione. Siamo molto stanchi e decidiamo di ritornare in albergo dopodiché ceniamo al Dallas, un locale sulla King David con un misto griglia di kebab ed un buon Cabernet Sauvignon del Carmelo. La giornata successiva si presenta radiosa e la iniziamo dirigendoci verso il Monte Sion dove è nostra intenzione visitare la basilica della Dormizione costruita nel luogo dove visse la comunità cristiana degli Apostoli e Maria dopo la morte di Gesù. La chiesa vecchia fu distrutta più di una volta e dal 1219, fine del sacro Romano impero più niente fu ricostruito in questo luogo. Ci volle Guglielmo II, re di Germania alla fine del secolo scorso a ricostruire la chiesa che ora ospita nella sua parte superiore bei mosaici e giù nella parte inferiore la cripta dove una cupola sovrasta Maria dormiente. Tutto intorno omaggi della varie nazioni cattoliche. Usciti dall’abbazia si va verso la tomba di Davide al piano terreno di uno che forse è l’edificio più ecumenico del mondo dato che è venerato da ben tre religioni: l’ebraica per via della tomba di Davide, la cristiana perché al piano superiore si svolse l’ultima cena e la musulmana essendoci una piccola moschea superiormente. La tomba è un monumento sepolcrale dedicato a David dato che il corpo è altrove, chissà dove! Uscendo si gira l’edificio e si sale al cenacolo dove si pensa che Cristo ebbe la sua ultima cena. C’è anche un palo, uno sgabello di pietra dove si pensa sedette durante la cena. Di fronte è una nicchia (mihrab) in direzione della Mecca ed a destra su un capitello la bella scultura di un pellicano in analogia al credo cristiano infatti questo uccello marino quando non ha più cibo da dare ai piccoli si becca il corpo offrendo loro la propria carne. Ripartiamo attraverso la porta Sion finendo al Western Wall. Dopo il controllo entriamo nella spianata del tempio dove a sinistra c’è la Cupola della Roccia. Sulla scalinata ci sono degli archi sui quali pende una bilancia che servirà alla fine dei tempi per pesare le azioni degli uomini. La cupola è in forma ottagonale ricoperta di marmo e maiolica per tutta la sua grandezza ed in cima una cupola d’oro. L’interno è bellissimo ed a una prima sezione circolare dove i fedeli pregano si passa, dopo aver superato delle colonne tutte poste in circolo ad un altra dove si può camminare ammirando le decorazioni interne della cupola, delle finestre e dei muri. Al centro, sempre ottagonalmente ecco la celeberrima “roccia della fondazione” le cui leggende si perdono. Dio l’avrebbe (secondo gli ebrei) gettata negli abissi. Una parte sprofondò mentre l’altra, appunto quella che si può ammirare spunta fuori. L’altra è che qui Abramo legò Isacco per sacrificarlo al Signore. Qui c’era il tempio di Salomone e si dice che Maometto ascese al cielo Attraverso una scalinata si accede ad una caverna dove c’è una mihrab che dovrebbe essere la più antica al mondo. Una volta la Qibla(la direzione verso cui si prega) era rivolta a Gerusalemme. La sostituzione con la Mecca fu improvvisa. Maometto stava pregando fuori Medina in direzione di Gerusalemme quando di colpo ebbe una ispirazione e si girò verso la Mecca. Questo racconto è scritto nella seconda sura del Corano. Visitiamo poi la moschea Al Aqsa non molto bella ma veneratissima. Fu ricostruita più volte e subì nel 1969 un grave attentato da parte di un fanatico cristiano. Lasciamo questo luogo per tuffarci nuovamente nella cristianità visitando il Monte degli Ulivi. Dopo una belle salita, costeggiando il cimitero ebraico e con splendida vista su Gerusalemme arriviamo alla Cappella dell’Ascensione. Al centro c’è una roccia dove si dice che Gesù ascese al cielo dopo la sua resurrezione Da qui ridiscendiamo verso la chiesa di Dominus Flevit. All’entrata c’è la dimostrazione archeologica della presenza di culture cristiane nel 1° e 2° secolo. Ci sono ossari che non potevano essere ebrei perché loro non toccano i morti. Più avanti ecco il punto in cui arrivando a Gerusalemme nella domenica delle palme egli pianse guardando la città e dicendo”Gerusalemme non vivrà più”. Qui è stata appunto costruita una chiesa perché si ha la prova che in epoca bizantina una processione partiva proprio la domenica delle palme. Più avanti ancora c’è la chiesa di Getsemani dove Gesù fu arrestato. Si chiama anche Chiesa dell’Agonia. In questo punto Gesù si prostrò dopo aver lasciato un attimo gli apostoli nella vicina grotta. Meditò sulla sua agonia ed un angelo lo confortò. C’è una roccia che commemora il fatto. Poi tornò dagli apostoli e li trovò dormienti. Proseguiamo la nostra visita recandoci alla grotta con la tomba di Maria che si raggiunge dopo una lunga scalinata dove sulla destra, a circa metà della discesa è presente la tomba dei suoi genitori, Gioacchino ed Anna e a sinistra la tomba di Giuseppe. Quindi c’è la sacrestia degli Armeni e di fronte, in fondo alla scalinata la sacrestia dei Greci ortodossi che insieme ai primi gestiscono la chiesa. A sinistra il piccolo altare copto. La tomba di Maria ha dei fori dove si disse i fedeli potevano mettere le mani e toccare la tomba. Torniamo ora in albergo perché domattina ci sveglieremo presto alla volta del Mar Rosso. Partenza infatti verso Ber Sheva e poi ancora lungo una stradina nel Negev tra panorami brulli, insediamenti militari e kibbutz nel deserto dove con tecniche di irrigazione notevoli riescono a strappare ettari di terra al nulla. Dopo aver macinato molta strada ecco finalmente le prime costruzioni. Alla nostra sinistra si intravede la strada giordana con in fondo la città di Aqaba. E’ qui che durante la crisi del golfo arrivavavano le merci per Saddam Hussein in barba a tutte le risoluzioni dell’Onu. Aqaba si presenta bianca e dominante il golfo a cui da il nome. Alla fine di Aqaba, in territorio israeliano c’è Elat la loro città dei divertimenti. I rabbini ortodossi mal la sopportano con tutte le trasgressioni alla moralità che ogni giorno vi avvengono. Qui ci sono hotel, ristoranti, divertimenti in gran concentrazione e forse non potrebbe essere diversamente dato che la parte israeliana sul Mar Rosso è davvero minimale con i suoi dieci chilometri di lunghezza. Poi diventa Egitto e si entra nel Sinai. Pensavamo di fare un buon bagno ma il clima non è dei migliori. E’ nuvoloso e fa fresco. Ci sistemiamo nel nostro albergo e partiamo poi per la visita della città. Al termine di Israele c’è il complesso del Coral world. Prenotiamo per una escursione che avverrà domani con un sottomarino, il yellow submarine che ci porterà a scoprire il mondo sommerso corallino. Per intanto visitiamo il complesso che consiste in uno stupendo osservatorio subacqueo, uno dei soli quattro esistenti al mondo. Attraverso una rampa di scale si scende nella vera attrazione sott’acqua e lungo tutta la piattaforma circolare si ammirano vari coralli e pesci multicolori. Proseguiamo la visita del Coral world con la piscina in superficie dove si ammirano degli squali leopardo e poi al museo, dove in una decina di vasche nuotano migliaia di pesci corallini. In una stanza buia si possono persino ammirare dei pesci fosforescenti. Domattina sveglia alle 7.00 e poi andiamo a passeggiare sulla spiaggia. Non fa tanto caldo anche se la giornata è soleggiata. Dopo pranzo ci rechiamo al Coral world per l’escursione programmata col sottomarino che però non ci emozionerà più di tanto. Nel pomeriggio ci si dirige in auto fino a Net Tefanin dove si gode una bella vista del Negev. In alcune momenti si ammirano montagne che paiono rosse, verdi. Torniamo all’albergo e quindi via per la cena al beduin tent, all’interno del Laguna hotel. Gustiamo due zuppe una con ceci e l’altra con fagioli e poi una grigliata di agnello. Durante la nostra permanenza una danzatrice del ventre allieterà la serata. Il viaggio sta arrivando a conclusione. Questa sera ci sarà la cena di fine anno con giochi e balli dopo che durante il giorno abbiamo scorrazzato nelle piste all’interno del Negev. Il primo di Gennaio si fa ritorno alla capitale costeggiando prima il confine egiziano per trenta chilometri. Stranamente piove e copiosamente. In molti punti, specie nelle prossimità di Gaza ed a Tel Aviv molte strade sono chiuse per inondazione. Nella capitale visitiamo infine il museo della diaspora dove con foto, film e scritti si narra la storia del popolo ebreo. Siamo stanchissimi e dopo una pizza ritorniamo in albergo. Domattina ripartiremo alla volta dell’Italia e sull’aereo leggeremo la notizia sul Jerusalem post che a Gerusalemme è nevicato per la prima volta in 40 anni. Di certo comunque il clima qui non è come in Italia e per tutto il tempo del nostro soggiorno siamo stati accompagnati da una temperatura più che adatta alle visite. Unico neo il nostro desiderio di bagni ad Elat non soddisfatto ma in fondo è stato solo un dettaglio all’interno di una montagna di esperienze che hanno senza dubbio impreziosito il nostro bagaglio culturale.
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