2013  MALTA

Il regno dei Cavalieri di S. Giovanni

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La Valletta - Vista di La Valletta dal mio British hotel

 

Raggiunto l’aeroporto di Orio al Serio, m’imbarco su di un volo Ryanair alle 11.15, direzione l’isola di Malta, dove atterro alle 12.50 nella località di Luqa, a pochi chilometri dalla capitale La Valletta. Un bus mi porta direttamente al City Gate di Floriana, immediatamente fuori le mura d’ingresso della città. Capolinea centrale degli autobus, al suo centro è la fontana del Tritone, scolpita dall’artista locale Apap. Intorno si stanno svolgendo ampi lavori di riqualificazione dell’area su progetto di Renzo Piano ma, appena superati, mi rendo subito conto di ciò che mi aspetterà nei prossimi giorni. La Valletta è un museo a cielo aperto come pochi altri luoghi al mondo. Prendo possesso della mia camera al British hotel, dalla cui terrazza si gode una vista spettacolare sul Porto Grande e le tre città dirimpettaie di Senglea, Cospicua e Vittoriosa. Il meteo è buono così, sotto i migliori auspici, do inizio alle visite. La capitale è una città fortificata con una data precisa di nascita: il 1566, mentre l’Ordine Ospitaliero approdò nell’arcipelago col suo apparato militare e monastico nel 1530.  Quando nel 1060 Gerusalemme cadde in mano ai turchi e papa Urbano II indisse la prima crociata, guidata da Goffredo di Buglione, venne fondato l’ordine dei Cavalieri di San Giovanni che nacquero con intento medico assistenziale, per diventare poi paladini della cristianità. Riconquistata la città santa nel 1099, curarono i feriti nell’ospedale di San Giovanni. Vennero conferiti loro possedimenti terrieri e privilegi ed ogni cavaliere donava anche 4/5 dei suoi averi all’ordine. Il loro superiore, il Gran Maestro, era eletto a vita e sottoposto solo al giudizio del Papa. C’erano otto langues, corrispondenti agli otto luoghi di provenienza: Alvernia, Provenza, Francia, Italia, Germania, Aragona, Castilla e Leon, Inghilterra. Quando nel 1187 Saladino riconquistò Gerusalemme, l’ordine si rifugiò a San Giovanni d’Acri da dove vennero scacciati ulteriormente nel 1291. Si stabilirono quindi a Rodi dove restarono due secoli ma, caduta anch’essa nelle mani dei turchi nel 1522, Carlo V pensò di cedere Malta ai Cavalieri dove restarono, edificando città stupende, ricche di tesori artistici. La Valletta possiede uno dei più imponenti sistemi difensivi del Mediterraneo, con bastioni che sovrastano l’ingresso al porto. L’intera città è circondata da mura e ovunque si volti lo sguardo si ammirano palazzi antichi, chiese, spesso costruite con una pietra locale, la globigerina, dal colore giallo ocra. Sulle facciate di quasi tutti i palazzi spiccano i caratteristici balconi chiusi: le gallarijas, a volte più sobri, altre volte colorati a tinte sgargianti. Ricordano i moucharabiet arabi che servono a proteggere una porta o una finestra e permette alle donne di guardare senza essere viste. Lungo stradine strette e in salita mi dirigo per primo agli Upper Baracca gardens usati dai cavalieri italiani come campo di gioco e divertimenti. Dai giardini si gode uno stupendo panorama delle tre città e sotto di essi ammiro la Saluting Battery, composta da undici cannoni originali inglesi. Mi avvio ora verso una delle due principali strade di La Valletta, Merchants street, che con la parallela Republic street è il regno dello shopping locale e dei locali più interessanti. Ammiro dall’esterno il bell’Auberge de Castille. Gli auberges ospitavano originalmente i cavalieri dell’Ordine divisi in otto langues. Ogni langue possedeva un palazzo ma solo sette furono costruiti a La Valletta dopo lo scisma religioso voluto da Enrico VIII nel 1534. Questo de Castille è uno dei più belli, progettato dal grande architetto dell’epoca, Gerolamo Cassar per la langue spagnola e ora è sede degli uffici del Primo Ministro. Percorrendo la Merchants street apprezzo quindi Palazzo Parisio e l’Auberge d’Italie, anch’esso disegnato da Cassar che presenta interessanti altorilievi in facciata. Poi Palazzo Dorelli, uno dei primi edifici cittadini e caratterizzato da gallarijas a tripla modanatura. Raggiungo la piazza della Co-Cattedrale, ora chiusa ma che non vedo l’ora di visitare domattina e che dovrebbe racchiudere tesori artistici inestimabili. Quindi il palazzo della Castellania che era sede del tribunale civile e penale nel cui angolo sorge una colonna dove i colpevoli venivano frustati o messi alla gogna. Mi porto sulla parallela St.Paul street, più silenziosa e con altrettanti motivi per alzare gli occhi sulle meravigliose case presenti. Passo la barocca St Paul Shipwreck church, ora chiusa ma che presenta delle belle colonne doriche fra edicole e statue di santi. Raggiungo quindi Republic street nei pressi di Republic square dov’è la biblioteca, fronteggiante una statua della Regina Vittoria. Questo è l’asse principale della città, la via più lunga e larga. Ampio, affascinante, Palace square, sede del Palazzo del Gran Maestro con panchine ed una originale fontana che scaturisce da fori nella pavimentazione. Ritorno sulla Merchants trovando aperta la chiesa di St. Mary. Nemmeno segnalata dalla guida, la giudico invece un bel esempio di barocco. A tre navate, le laterali presentano cupole con lanterne e cappelle. La zona del transetto è la migliore e presenta due altari con belle pale. Il presbiterio è dominato da pregevoli stalli lignei traforati sopra i quali altrettanti pregevoli dipinti. Caratteristici i mosaici della Via Crucis. Proseguendo verso nord raggiungo la zona del Fort St.Elmo, che ricorda il grande assedio durante il quale i Cavalieri resistettero per 31 giorni agli incessanti bombardamenti dei turchi ma, alla fine fu espugnata dagli uomini di Dragut. Ora è sede di un museo della guerra. Percorro tutto il promontorio che termina coi bastioni di San Gregorio e ridiscendo dall’altro lato fino alla chiesa anglicana di St.Paul, circondata da tutti i lati da edifici tradizionali provvisti di stupende gallarijas. Ora è chiusa, ma posso entrare invece nella adiacente chiesa della Nostra Signora del Carmelo, costruita nel 1570 da Cassar. Totalmente ricostruita nel dopoguerra dopo i bombardamenti che l’avevano distrutta, è dotata di una imponente cupola alta 64 metri. L’abside è un tripudio di stucchi, con quattro colonne, ricoperte di stoffa verde arabescata, che sorreggono un timpano rotto. Belli i dipinti posti in posizione laterale ed in special modo l’adorazione dei Magi, sul lato sinistro. Percorro quindi la stupenda Old bakery street, quasi costantemente con la testa rivolta in alto. In queste vie isolate, regno di pace e tranquillità, in mezzo a pregevoli palazzi d’epoca, pare di vivere in dietro nel tempo, mentre una donna solleva da una finestra il cestino che una sua conoscente ha riempito di qualche provvista. Ormai è sera e, dopo un’ulteriore passeggiata nei pressi del Lascaris wharf, fronteggiante lo splendido porto e le tre città dirimpettaie, guadagno la piazza della Co-Cattedrale dove mi siedo ad uno dei tavoli esterni del ristorante San Giovanni. Ordinerò un tipico piatto della cucina maltese: il coniglio cotto nel vino bianco e servito in ciotola di terracotta. Il tutto con una Cisk lager locale. L’indomani, come al solito nei miei viaggi, sveglia molto presto e dopo colazione mi reco alla vicina Ta Gesù, una chiesa barocca a tre navate, decorata con stucchi dorati assenti invece nelle cappelle e nella cupola. La volta centrale è a botte e inframmezzata da affreschi. Ma il bello viene nella successiva St.Paul’s Shipwreck, dedicata al naufragio del Santo, padre spirituale dei maltesi. Barocca, con tre navate sfarzosissime, quelle laterali presentano dieci piccole cappelle affrescate coperte a cupola. Nella prima a sinistra è uno stupendo mosaico riproducente il San Michele di Guido Reni. La navata centrale è un serie di semicolonne ioniche decorate a stucco, con una volta magnificamente affrescata. Nel presbiterio, dietro l’altare di marmo, bellissimi dipinti come nel transetto. La cupola è splendida e affrescata. Da citare una reliquia particolarmente venerata, un frammento del polso del Santo. Notevole, a destra, una cappella con il dipinto di Stefano Erardi: San Michele e tutta la pavimentazione della navata centrale, ricoperta di pietre tombali di illustri personaggi locali. La giornata si preannuncia interessante e il meteo, anche oggi, predice piacevolezza. La St. James church è chiusa, ma posso entrare invece nella Our Lady of Victory, la prima chiesa eretta a La Valletta dai Cavalieri nel 1566 per celebrare la vittoria sui turchi. All’interno si stanno restaurando gli affreschi di Stefano Erardi sulla volta e appare poco piacevole, mentre nella dirimpettaia St.Catherine, costruita nel 1580 per la langue italiana e di forma poligonale a modo di tempio posso ammirare, dietro l’altare in marmo, un bel dipinto di Mattia Preti: il martirio di Santa Caterina. Questo eccelso pittore italiano della seconda metà del seicento dominò la scena artistica di Malta dove visse gran parte della sua vita. A destra invece apprezzo la Madonna dei dolori di Benedetto Lutti. Interessante la cupola con costoloni che termina in una lanterna monocromatica.  Mi dirigo ora nella importante Freeedom square che esibisce un palazzo stupendo con le classiche gallarijas. Una passeggiata negli Hasting gardens per poi salire verso nord e visitare la St.Paul anglican cathedral, come tutte le chiese anglicane del tutto anonima. E’ ora di recarmi al climax della giornata: la Co-Cattedrale di la Valletta. Commissionata al grande Gerolamo Cassar, doveva rappresentare degnamente la potenza dell’ordine dei Cavalieri. La facciata è sobria con semplicità di elementi architettonici, ma quando si varca l’ingresso si resta letteralmente incantati. Poche chiese in Europa hanno saputo impressionarmi come questa. Adibita per più di 200 anni a chiesa conventuale dell’ordine dei cavalieri di San Giovanni presenta, nella grande navata centrale, decorazioni sontuose, con un pavimento che è un’ininterrotta sequenza di oltre 400 pietre tombali in marmi policromi di cavalieri provenienti dalla più rappresentativa nobiltà europea dal cinquecento al settecento. La volta è il frutto dell’arte di Mattia Preti che impiegò una tecnica originale, olio direttamente su pietra, sfruttando la porosità della globigerina maltese. Impiegò cinque anni per affrescare, nelle sei campate, i diciotto episodi della vita del Battista, straordinaria. L’altare maggiore e il coro sono un’incredibile opera ad intarsio di lapislazzuli, pietre semipreziose, marmi policromi e metalli argentati e dorati. Ognuna delle dodici cappelle laterali richiederebbe mezzora di ammirazione per godere delle sculture, dei fregi degli stucchi, delle statue e dei dipinti di cui sono ricche. Citerò solo alcuni degli aspetti più entusiasmanti, certo di non far loro il giusto onore. Quelle più importanti, vicino all’altare maggiore, sono dedicate alle nazioni più illustri di allora: Italia, Francia e Aragona. Nella cappella Italia ammiro lo sposalizio mistico di Santa Caterina di Preti, in quella di Francia la conversione di San Paolo sempre di Preti come sempre suo è il San Giorgio a cavallo dopo aver ucciso il drago, nella cappella d’Aragona. In queste, ma non solo, sono presenti magnifici monumenti funebri dedicati ai Gran maestri, in marmo e bronzo. E’ una gioia culturale straordinaria sentirsi immersi in una gran festa di opere d’arte. Ma la visita non termina qui, dato che manca l’oratorio, dove il soffitto riccamente decorato da stucchi dorati, accoglienti tre opere di Mattia Preti distoglie da quelli che sono due autentici capolavori dell’arte pittorica mondiale: il San Gerolamo e la decollazione di San Giovanni, entrambi di Caravaggio, ma quest’ultimo il suo dipinto più grande. Quindi mi dedico al museo della cattedrale visitando la sala dei libri arabi, quella dei paramenti sacri e quella degli arazzi, alcuni disegnati da Rubens. Inebetito da tanta bellezza mi dirigo ora al palazzo del Gran Maestro che occupa un intero isolato su Palace square. Il palazzo è oggi sede del Parlamento e degli uffici del Presidente della Repubblica.  Dal portale di sinistra visito dapprima il cortile di Nettuno, dalla statua del dio del mare, quindi salgo agli States room dove ammiro alcune stanze davvero splendide, ricche di dipinti, mobili intarsiati e oggetti di pregio. Sono molto fortunato dato che in questo periodo si tiene una mostra del grande Mattia Preti con dipinti provenienti da molti musei esteri. E sarà un piacere per gli occhi ammirare l’Omero, il Cristo e l’adultera, Il Battesimo di Cristo, il dubbio di San Tommaso, il Cristo in gloria coi Santi, il Martirio di Santa Caterina e il Sermone di San Giovanni. Che magnifica giornata! Ho persino il tempo di correre ad assistere ad uno spettacolo famoso della capitale: the Malta Experience, dove in una sala appositamente attrezzata con schermo panoramico, si rivive in un bel documentario i 7000 anni di storia dell’isola attraverso immagini sensazionali e un commento avvincente. Terminata la visione mi dirigo velocemente all’Admiralty house che accoglie il National museum of fine arts, la pinacoteca della capitale. Non mi impressionerà come era nella aspettative. Qualche italiano del 14° secolo, un Palma il Giovane, qualche olandese come Van Scorel e poco altro. Ma non posso certo lamentarmi! Sono stanco e così decido di concedermi una pizza prima di terminare la giornata con la visita dell’attigua cittadina di Floriana, suo prolungamento naturale. Entro nella St.Publius, dedicata ad uno dei santi patroni di Malta. Durante la seconda guerra mondiale fu gravemente danneggiata e l’orologio di uno dei due campanili è rimasto bloccato su quell’ora. L’interno è a tre navate e riccamente decorato. Belli gli affreschi sopra l’altare e la volta centrale a botte, divisa da modanature a stucco dorato. Notevole il pulpito intarsiato, come la facciata monumentale e le due torre campanarie. Quattro enormi colonne corinzie sostengono la trabeazione che contiene una statua di Gesù che accoglie i fedeli. Proseguo le visite entrando negli Argotti gardens che espongono dei bei esemplari di piante indigene. E’ giunto il momento di ritornare all’aeroporto, perciò vado al City Gate e salgo sul bus che in venti minuti mi ci porta. Al mio arrivo avevo già prenotato un auto per due giorni; ritiro una Kia Picanto al banco della Budget e guido ora sulla sinistra in direzione della capitale e del mio British hotel dove parcheggio. Da domani mi dedicherò alla scoperta dell’isola. E’ ancora una piacevole giornata di sole quella che ammiro mentre esco dalla città in direzione della vecchia capitale di Mdina. Lungo la strada sosto nel villaggio di Siggiewi ed entro nella chiesa di St.Nicholas costruita nel 1676, barocca a tre navate, presenta una cupola e la volta della centrale affrescate. La pala dell’altare maggiore è il S.Nicola, l’ultimo lavoro di Mattia Preti. Prima di giungere a Mdina ammiro la splendida posizione in cui è stata costruita, sulla cima di una bassa collina. Parcheggio ed entro attraverso il Greek’s gate. Mdina è la città con il tessuto urbano medievale più intatto e meglio conservato dell’isola. Possiede una poderosa cinta difensiva ed è completamente pedonalizzata. Vi arrivo molto presto cosicché la posso quasi assaporare, passeggiando fra le sue vie strette e tortuose. Raggiungo Villegaignon street, la strada principale, dove si affacciano i più bei palazzi ed entro nella cappella di San Pietro, piccola, intima, barocca, che ospita una pala d’altare di Mattia Preti rappresentante la Madonna con Bambino. Supero la Casa Testaferrata e la Banca Giuratale che dopo il 1730 divenne sede del consiglio della città e giungo alla magnifica Cattedrale di San Paolo che presenta una facciata sobria come quella di La Valletta. L’interno, a croce latina a tre navate e due cappelle laterali al coro, è caratterizzato da un ricco pavimento tappezzato da tombe di nobili maltesi. La volta centrale, con la sua ampia cupola e il corto transetto con due stupende vetrate istoriate sono affrescati con episodi della vita di San Paolo. Nelle tre cappelle di destra apprezzo dipinti di Preti e la statua di San Publio. Nelle tre di sinistra, bella è la Pentecoste di Francesco Guardi. Le due cappelle ai lati dell’altare sono chiuse da cancellate dorate. Quella del SS. Sacramento conserva un icona della Madonna di ascendenza bizantina.. La pala dell’altare maggiore dedicata alla conversione di S.Paolo e gli affreschi del coro sono tutti di Preti. Proseguo lungo la strada principale fino alla chiesa dei Carmelitani, ordine che giunse a Malta dalla Sicilia nel 1370. La chiesa, a pianta ellittica, possiede un bel dipinto di Stefano Erardi: l’Annunciazione. Dopo il Palazzo Falson, l’edificio medievale meglio conservato in città, raggiungo il lookout di Bastion square per poi tornare indietro, attraversare il Main Gate, già pieno di pittoresche carrozze in attesa di turisti ed entrare in Rabat, situata a ridosso di Mdina di cui ne costituisce il naturale proseguimento fuori dalla cinta muraria. Mi dirigo al centro dove entro nella chiesa più importante: St.Paul’s church. Fatta erigere dalla nobile famiglia maltese Guzmana Navarra nel 1656 presenta un interno decorato con sontuosità, una sola navata con quattro cappelle per lato. I migliori dipinti nel transetto con il martirio di San Michele di Preti e il S.Antonio Abate di Filippo Marulli. Molto bella anche la pala d’altare di Erardi: S.Paolo naufragato morso dalla vipera. Prossima alla chiesa di San Paolo ecco la chiesa di San Publius dove scendo nelle catacombe, luogo di sepoltura del II secolo D.C., un dedalo di cunicoli dove ci si può perdere, e poi alla grotta di S.Paolo. La tradizione attribuisce al sito la fama di aver ospitato San Paolo nel corso del suo breve soggiorno sull’isola. La visita termina nel museo Vignacourt dove ammiro alcuni bei dipinti della locale collezione fra cui tele di Attilio Palombo, Antoine Favray e Giuseppe Cali. Riprendo ora l’auto puntando verso la vicina cittadina di Mosta. E’ mia intenzione visitare la St.Mary church, che possiede la terza cupola più grande d’Europa dopo San Pietro e la chiesa di Santa Sofia a Istanbul, ma purtroppo è chiusa, così riparto in direzione nord verso il Selmun palace, un imponente edificio eretto da Domenico Cachia a metà del XVIII secolo e Melliena, la città più settentrionale dell’isola. Sul punto più alto sorge il santuario della Nostra Signora di Melliena, il più antico santuario mariano dell’isola, anch’esso chiuso. Dal sagrato si gode però una vista mozzafiato della baia sottostante. Scendo in quella direzione individuando il luogo dove potrò in seguito concedermi un bagno. Proseguo entrando nella penisola di Marfa dotata di calette con facili approdi. La giro tutta, da est dove ammiro belle scogliere a picco sul mare fino ad ovest, scendendo in alcune spiagge come Little Armier bay, Armier bay, Paradise bay da cui la vista spazio sull’isola di Gozo e sull’imbarcadero dei ferry. Sono tutte spiaggette minuscole, inadatte ad accogliere un turismo estivo. E nemmeno troppo singolari. L’unica che mi pare valida è quella di Melliena bay per cui torno sui miei passi raggiungendola. L’acqua è fredda, ma dopo l’Australia e la Nuova Zelanda credo di poter tollerare queste temperature. La stragrande maggioranza non entra in mare e se ne sta comodamente in spiaggia, ma per me è quasi un obbligo concedermi anche questa esperienza, dopo la quale riparto raggiungendo Anchor Bay, definita una delle più graziose baie maltesi ma che reputo solo un bello scorcio dalle acque turchese. Farci il bagno è cosa da nuotatori esperti, ma in compenso qui c’è Sweethaven, dove il regista Robert Altman ottenne la concessione per costruire lungo le pendici lo scenografico villaggio di Braccio di ferro, interpretato da Robin Williams. Mi ci reco, ma è un luogo essenzialmente per un pubblico giovane.. Prossima tappa Gnejna bay e per farlo passo dalla cittadina di Mgarr, circondata da fertili terreni agricoli e con una curiosa chiesa, Egg church, chiamata così per la forma ovoidale della cupola. Quattro colonne corinzie sostengono il timpano, mentre nell’interno ci sono dei graziosi dipinti di Ramiro Cali. Gnejna bay è carina ma niente più, non mi solletica la voglia di fermarvici così proseguo verso Golden Bay, dominata dall’alto dall’imponente sagoma del Radisson hotel. La spiaggia è grande ed invita al bagno, cosa che faccio in un attimo, giocando per un po’ con le onde. E’ ora di ripartire, tentando nuovamente la visita della St.Mary a Mosta. Sarò fortunato, vi entro dopo aver apprezzato l’imponente facciata nella quale la trabeazione è sostenuta da sei colonne corinzie alte tredici metri e fiancheggiata da due torri campanarie. L’interno è davvero maestoso e articolato in sei cappelle disposte simmetricamente  attorno alla settima centrale che contiene l’altare maggiore. Sedici finestre illuminano questo enorme tempio e il bel pavimento in marmo. E’ la cupola però, maestosa, la vera attrazione della chiesa e non si smette di guardarla, una volta dentro. L’ultima appuntamento della giornata sono i Dingli cliffs e per arrivarci devo passare da Mdina e raggiungere la costa occidentale. Queste scogliere si estendono per oltre cinque chilometri a una quota media di 250 metri sul mare nel quale precipitano a strapiombo. Ne godrò di solo alcuni sprazzi, quasi sempre nascosti o difficoltosi da ammirare nella loro imponenza. Bene, la giornata è trascorsa senza intoppi e ricca di esperienze. Ora torno a La Valletta e, lasciata l’auto in albergo, ritorno al mio ristorante San Giovanni dove gusto questa volta una sella di coniglio ripieno (coniglio disossato avvolto da prosciutto di Parma e ripieno con olive nere, pistacchi e carne macinata). Da bere la solita Cisk lager. Mercoledì, ultimo giorno, parto prestissimo, alle 7.00 in direzione della tre città dirimpettaie di La Valletta. Comincio da Senglea dopo aver parcheggiato di fronte alla chiesa Our Lady of Victory. Percorro la strada principale, il triq-il Vitoria, gustando ancora una volta la magnifica architettura maltese fino alla chiesa di San Filippo Neri che possiede un piacevole altare in marmo colorato. Mi spingo sino al limite dei Safe Haven Gardens, l’estremità della penisola che ospita un giardino pensile ricavato nell’antico bastione dove spicca la celeberrima Gardijola, la garritta esagonale che riporta in rilievo sui sei lati un occhio, un orecchio e un pellicano, simboli di costante vigilanza. Da qui si gode di una bella vista sul Fort Sant Angelo di Vittoriosa e su La Valletta. Ridiscendo costeggiando il lato porto e ammirando gli splendidi vicoli, gioielli per la vista. Di nuovo alla Nostra Signora della Vittoria, vi entro. A tre navate, presenta un transetto nuovo ma con due bei dipinti mentre colpisce la cupola a costoloni dipinta di blu. Risalgo in auto guidando verso Vittoriosa dove parcheggio in prossimità del porto. E’ la più orientale delle tre città, la più piccola e anche la più ricca di storia. Per primo entro nella chiesa di San Lorenzo, a tre navate con la volta della centrale e del transetto affrescate. Magnifico l’altare con la pala di Mattia Preti dedicata al martirio di San Lorenzo. Percorro la strada principale deviando in seguito in triq-il-Tramuntan, sede di alcuni bei palazzi fra cui la Norman house, l’unico edificio anteriore all’arrivo dei Cavalieri, l’Auberge de France, il più elegante degli auberges. Dopo un giro turistico alla conoscenza dei bastioni e del Fort St.Angelo ritorno alla piazza principale, Vittoria square, circondata dagli Auberges dei Cavalieri e nel centro il Monumento della Vittoria, costruito nel 1705 in memoria del Grande assedio. Qui vicino è anche il Palazzo dell’Inquisitore, servito come palazzo di giustizia fino al 1572 e in seguito sede per i 63 inquisitori, tribunale e prigione. Vi entro visitando le celle, la sale della confessione, della tortura. L’inquisitore era diretto rappresentante del Papa inviato a Malta da Roma. L’istituzione durò fino al 1798 quando Napoleone incendiò il palazzo. Riparto dirigendomi verso la cittadina di Zejtun dove vorrei visitare la chiesa di St. Catherine che però ora è chiusa, perciò proseguo verso la costa di Marsaxlokk entrando nella penisola di Delimara dove campeggia l’immenso complesso di una centrale elettrica, ma sul lato opposto scendo a Peter’s Pool, raggiungibile a piedi con una scalinata scavata nella roccia. Ritornando godo di magnifici scorci sulla pittoresca cittadina costiera di Marsaxlokk, il porto peschereccio maltese più attivo. Centinaia di barche multicolori compongono la flotta di pesca  che all’ormeggio ricopre la maggior parte dello specchio d’acqua. La splendida giornata di sole non fa che aggiungere fascino al contesto. Un occhiata dall’esterno alla bella chiesa di Nostra Signora di Pompei e poi proseguo nel mio itinerario con la speranza di trovare almeno la chiesa del prossimo paesino di Zurrieq aperta, ma non sarà così. Decido perciò di concedermi l’esperienza a Blue Grotto, un ambiente di grande suggestione con il contorno di ripidi pendii che degradano fino al mare. L’escursione in barca fino alla famosa Grotta Azzurra però non si può fare a causa del mare grosso perciò sono costretto a trovare dalla strada qualche punto che mi consenta di ammirare comunque il sito. Sarà possibile tramite un sentiero dal quale mi si presenteranno dei panorami davvero superbi su di una arco naturale straordinario. Breve sosta per un caffé in un bar nelle vicinanze dove sono esposte delle foto di uno squalo pescato negli anni ’70 nei pressi della minuscola isola Filfla. Era lungo 7.14 metri e nella pancia gli sono stati trovati uno squalo blu, un delfino in tre pezzi ed una tartaruga, incredibile! La parte finale di questo viaggio lo voglio dedicare ai famosi templi megalitici di Malta, documentati a partire dal 3600 a.c. tutti caratterizzati da un inconfondibile pianta con cellule lobate. Il singolo lobo è un vano che si aggrega a costituire coppie speculari a loro volta disposti intorno ad un corridoio, il tutto racchiuso da una cerchia muraria. Il primo che visito è qua vicino, a Hagar Qin, il più vasto di tutti. L’entrata è monumentale e composta da blocchi megalitici anche in copertura, superata la quale ci si trova nelle cellule lobate dove sono presenti talvolta degli altare scanalati o delle sorte di grandi porte cave. Le camere spesso sono comunicanti e sembrano concepite come luoghi di culto autonomi. All’esterno è presente il più alto monolite, un blocco di quattro metri e mezzo. Dei fori in alcune cellule sembra siano stati realizzati per far passare la luce solare durante i solstizi. Un sentiero collega questo sito megalitico al successivo, quello di Mnajdra, che comprende tre templi separati ma affiancati, disposti a semicerchio intorno ad un unico cortile. Quello di sinistra ha una sala centrale da cui si aprono  camere più piccole che appaiono come bucherellate e non se ne conosce il motivo. Quello centrale, un po’ più elevato del precedente, ha solo due camere con un bell’altare terminale. Ho ancora tempo per andare a Tarxien ed entrare nei templi che sono stati scoperti quasi in centro città. Purtroppo qui non dotano di audioguida e la visita appare laboriosa, ma ammiro comunque degli altari intarsiati e dei blocchi megalitici con figure antropomorfe, oltre a dei blocchi con decorazione a spirale. E’ ora di recarmi all’aeroporto di Luqa e rilassarmi un po’ prima di imbarcarmi per l’Italia. Malta è stata un’autentica sorpresa. 

 

 

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