1988 SANTO DOMINGO

La magia del Caribe

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Kongos ( lavoratori haitiani ) nei campi di canna da zucchero

Questa è la nostra prima esperienza caraibica e partendo con un volo della Viasa alle 0.50 del giorno 24 Luglio atterriamo alle 5.00 del mattino a Caracas. Altro scalo successivo a Curacao e finalmente eccoci all’aeroporto de las Americas di Santo Domingo. Incontriamo un esponente dei viaggi del Ventaglio che ci consegna i voucher per il nostro villaggio a Puerto Plata e poi ritiriamo l’auto prenotata dall’Italia, ma purtroppo ci saranno della difficoltà di carattere burocratico che  impediranno la partenza rimandandola ad un paio di ore dopo. Con una Mitsubishi a cambio manuale partiamo verso nord, lungo una strada che ha molto in comune con quelle già percorse in Brasile. Dopo 240 km. raggiungiamo il nostro Radisson hotel a Puerto Plata, un grandissimo villaggio turistico con campi da tennis, di golf e macchinine elettriche che  portano alla spiaggia. La giornata ha avuto risvolti per certi versi comici con tutta una serie ininterrotta di difficoltà persino alla reception del villaggio, così decidiamo di riposare le nostre stanche membra. L’indomani diamo inizio alla nostra vacanza con una colazione consumata in un localino fuori dal villaggio dove ordineremo uova e yuca, per poi tornare al Radisson e farci portare alla spiaggia con le loro auto elettriche. La giornata ed anche le due successiva non saranno scevre da problematiche prima di tutto per quanto concerne il noleggio auto. Ora infatti ci troviamo senza mezzo sperando che vengano chiarite nei prossimi giorni gli aspetti burocratici relativi alla nostra prenotazione già fatta dall’Italia ma il problema non si risolverà e non ce la vogliono dare senza una carta di credito anche se tutto era stato già concordato alla sede Avis di Milano. Siamo al quinto giorno di viaggio perciò si decide di soprassedere  noleggiando una piccolo auto in contanti. Non siamo così tanto sicuri di avere i denari sufficienti fino alla fine ma ritirata una Suzuki Forsa lasciamo finalmente il nostro odiato villaggio entrando subito nella realtà vera del paese. La Repubblica Dominicana è un grossissimo produttore di canna da zucchero ed infatti notiamo grandi piantagioni dove i proprietari utilizzano manodopera haitiana che possono pagare meno dei locali, già sottopagati. I Kongos, così sono chiamati, sono fuggiti dalla loro madrepatria per via della difficile situazione in cui versa il loro paese, depredato prima da Duvalier(papa Doc) e poi dal figlio succedutogli baby Doc.Questi disgraziati varcano il confine e si prestano a tutto pur di sbarcare il lunario. Questo paese è anch’esso povero, come la maggior parte dei paesi del Centro America e la popolazione vive spesso in baracche  o comunque in situazioni di stenti. Un lavoratore qui porta  a casa in un mese qualcosa che corrisponde più o meno  a ciò che un turista  spende per tre pasti. Arriviamo alla cittadina di Luperon e attraverso una stradina laterale raggiungiamo la costa e che costa!. L’accesso al mare però è impedito dalla barriera corallina che arriva fino alla battigia. Si entra un po’ in acqua ma incomincia a piovere perciò decidiamo di pranzare nel villaggio in un localino dove per la prima volta assaggeremo un aragosta. Ci costeranno sei dollari l’una. Il proseguo della giornata ci vedrà esplorare la costa nelle vicinanze mentre domani ci dirigeremo verso l’interno del paese e precisamente a La Vega e Santiago nella Cordillera settentrionale, ma la sfortuna si è impossessata di questa vacanza e di colpo l’auto non va più in retromarcia. Dopo una breve visita in una spiaggia vicina ritorniamo all’aeroporto dove in effetti il danno si dimostra irrisolvibile e perciò ci chiedono di tornare domattina quando  verrà disponibile un'altra vettura. Nel frattempo ci rechiamo in un locale della vicina Sousa dove gustiamo una specialità locale, il cangrejo guisado. Spiaggia pomeridiana al villaggio e di sera puntatina a Puerto Plata, città dove Cristoforo Colombo vide affondare una delle sue tre caravelle. Questa località fu molto importante per tanto tempo fino a che gli spagnoli decisero che faceva più al caso loro Santo Domingo, l’ attuale capitale che fu fondata da Bartolomeo suo fratello. Cena in un ristorante locale con mero alla parilla e poi in villaggio.  L’ottavo giorno di viaggio ci porta a percorrere la stessa carretera di ieri e dopo aver sostato in una spiaggia per il meritato bagno saliamo sulla cordillera septentrional attraverso scenari immensi di palme da cocco e bananeti. Ogni tanto qualche piccolo agglomerato urbano e poi a pranzare in un locale quasi in cima ad una collina. Proseguiamo con l’intenzione di ammirare da più vicino il Pico Duarte, la montagna più alta dell’isola con i suoi 3.175 metri così iniziamo la salita verso la località di Jarabacoa. Alcune belle costruzioni testimoniano che la zona è ambita dai dominicani. L’idea originale è di arrivare a Costanza, villaggio da cui il Pico è meglio visibile ma la pista sta peggiorando notevolmente e memore delle brutte esperienze fino ad ora collezionate non vorrei che anche per colpa mia si dovesse continuare nel trend negativo. Oltretutto il tempo volge al brutto ed è meglio fare ritorno. L’indomani vogliamo godere di una giornata tutto mare e per questo puntiamo su Playa Grande dove dicono esserci una bella spiaggia. Guidiamo verso est oltrepassando molti piccoli villaggi dove ammiriamo interessati lo svolgersi della vita locale di tutti i giorni. Passato S.Juan eccoci arrivati. Senza dubbio è una magnifica spiaggia, con un mare incantevole dove trascorriamo due ore in autentica serenità impreziosite da un pasto consumato in loco dove dei ragazzi locali hanno allestito opportunamente una griglia e cucinano aragoste. Ripartiamo, ma la voglia di mare è tanta di modo che sostiamo anche alla spiaggia di S.Juan dove siamo testimoni della felicità dei bambini locali nel giocare col loro mare dai colori davvero invitanti. Il quadro che abbiamo di fronte ci gratifica nel cuore e nello spirito. Dopo aver percorso i 100 km. del ritorno ed esserci rinvigoriti con una doccia toccasana eccoci di nuovo fuori, direzione Sousa dove ceniamo in un locale gestito da una coppia di francesi. La fonduta di pesce alle quattro salse sarà ottima. Torniamo al villaggio perché per domani ci aspetta una sveglia feroce alle 6.40 dato che è nostra intenzione raggiungere la penisola di Samanà dove dovremmo sostare una notte per ripartire il giorno successivo. Percorso simile a quello di ieri fino a Playa Grande proseguendo poi fino a Nagua. A circa 15 km. da qui ha inizio una spiaggia che sembra non finire mai. Oltrepassata Sanchez la strada sale fino ad inoltrarsi all’interno per un tratto ed uscire al villaggio di Las Terrenas che scopriamo avere delle spiagge a dir poco paradisiache. Ci piazziamo in un punto isolato dove abbiamo a disposizione per noi tutta la natura circostante. Il mare è calmissimo e protetto dalla barriera corallina a circa 300 metri dalla riva. I colori spaziano dal turchese al verde chiaro e sicuramente è la più bella località di mare che abbiamo mai visto. E’ tutto così bello che ci sembra di sognare. Scopriamo con la maschera il fondale che ci regala sensazioni strabilianti. Ecco un ragazzino dal quale acquistiamo una antica statuetta Tainos, gli antichi abitanti precolombiani. Magari sarà un tarocco ma ci piace credere che non lo sia anche perché abbiamo saputo che non è infrequente che persone qualsiasi trovino reperti da queste parti. Pranziamo al ristorante Diny dove gustiamo due altre succulenti aragoste. Risolto il problema alloggio scegliendo una abitazione di legno di proprietà di alcuni francesi, ritorniamo in mare come inebetiti da tanta bellezza. Il pomeriggio ci regalerà momenti balneari che conserveremo per sempre e gelosamente nel nostro scrigno misterioso e quando il sole tramonta ci rifugiamo nella capanna sistemandoci per la sera. Ceniamo a cangrejo e salcocho, una specialità locale simile ad uno stufato con diversi tipi di carne, riso ed altro. La vita notturna è inesistente perciò torniamo nella nostra capanna alla sola luce delle lanterne dateci dal padrone di casa. Si dorme all’interno di una zanzariera a cono con una umidità altissima. Il mattino seguente, con Selenio, un ragazzo locale conosciuto ieri, partiamo in auto per il paese di Limon dopodiché proseguiamo a piedi nella foresta fino a raggiungere delle cascate molto belle dove trascorriamo momenti piacevolissimi. Al ritorno facciamo la conoscenza con i genitori del ragazzo i quali ci offrono caffè e ananas.  Ritorniamo a Las Terrenas e quindi riprendiamo la strada del ritorno raggiungendo prima Sanchez e poi Nagua dopo compro 5 banane a 230 lire in totale. Ecco di nuovo Playa Grande e come possiamo farci mancare un’altra entusiasmante esperienza balneare!. Trascorriamo tre ore facendo indigestione di mare. Ceneremo a S.Juan con un buon mero(cernia) al plancha e papas(patatine fritte). La mattina seguente, dopo essere andati in aeroporto per fare il contratto di una settimana di noleggio supplementare direzioniamo verso Santiago de los Caballeros, la seconda città per importanza della Repubblica Dominicana. La strada sarà terribile con un fondo che dire disastrato è un eufemismo. Notiamo subito da lontano l’importante monumento alla restaurazione nazionale che visitiamo dopo aver pranzato nei suoi pressi. Un ragazzino si propone come guida e ci farà comodo. Grazie a lui si saliano i gradini del monumento fino alla cima. Al 1° piano ci sono affreschi che raccontano la storia del paese dai tempi della schiavitù fino alla liberazione e alla costituzione della repubblica. Al secondo piano si può avere un bella vista sulla città. Raggiungiamo quindi il centro dove fanno servizio delle carrozze con le quali  crediamo piacevole fare un giro cittadino e perciò via sul retro scoperto lungo le vie più interessanti. Passeggiamo in seguito lungo la via centrale per poi intraprendere la strada del ritorno e cenare sul lungomare di Puerto Plata dopo aver visitato la fortezza del paese che secoli fa serviva agli spagnoli come difesa alla città. Durante il nostro tredicesimo giorno crediamo che sia meglio rimanere nei paraggi perciò raggiungiamo Puerto Plata dedicandoci alla visita del locale museo dell’ambra, sorta di resina fossilizzata di un pino estinto milioni di anni or sono ed è curioso scoprire in taluni esemplari degli insetti all’interno che furono intrappolati ai quei tempi. L’ambra, con il larimar(una varietà di turchese) è la vera occasioni della Repubblica Dominicana che ne possiede grandi riserve.  Adiacente al museo compriamo uno stupendo vaso in legno pietrificato  che paghiamo solo 30 US$. Pranziamo in seguito in un locale della piazza centrale terminando la giornata in spiaggia. Cena di nuovo a Puerto Plata e a letto presto perché domani si riparte. E’ nostra intenzione tornare a godere il mare di Las Terrenas e per aver più tempo da dedicarvi partiamo alle 4.00. Bisogna rimanere ben vigili a quest’ora perché i locali non sono propriamente dei gran guidatori e molto spesso viaggiano senza fanali o luci posteriori. Ripercorriamo la stessa carretera attraversando Sanchez e deviando poi per Samanà che non ci sembra meriti una visita approfondita perciò, dopo una rapida capatina a Punta Galera  da dove si ammira un bel panorama di costa frastagliata con cayos in lontananza direzioniamo verso Las Terrenas mentre incomincia però a piovviginare. Mi ricordo le parole di Selenio che parlava in termini negativi del clima di questa zona del paese. Troviamo alloggio al Diny dove la volta precedente abbiamo pranzato e ci chiederanno solo 9.000 lire. E’ nostra intenzione trascorrere qui due giorni di indimenticabile mare e riposo. Dopo il pranzo a base di aragoste ci rechiamo in spiaggia dove incontriamo Selenio col quale ci accordiamo per la gita in barca di domattina quando ci porterà a visitare la barriera corallina. Intanto trascorriamo tutto il pomeriggio in questo mare limpido, cristallino. Di sera ceniamo al miglior ristorante locale con crepes di mariscos(frutti di mare) e dopo un buon cuba libre al bar ci ritiriamo in camera. Durante i due giorni successivi pioverà, pioverà quasi sempre impedendoci di realizzare il nostro intento di recarci con la barca di Selenio nei pressi della barriera. E’ una vera disdetta ma nulla possiamo contro i capricci del tempo e ci concediamo solo qualche breve  bagno sotto la pioggia considerando più appropriato a questo punto un ritorno anticipato al Radisson di Puerto Plata. Ormai è il nove di Agosto e durante il nostro soggiorno sono stati molti i momenti negativi che abbiamo dovuto fronteggiare consegnandoci una delusione che almeno in me risulta palpabile ma vorremmo almeno non dover patire  altre problematiche d’ora in avanti. Il nostro soggiorno al Radisson è terminato come da programma, ed ora ci aspettano tre giorni in completa libertà che pensiamo parzialmente di trascorrere nella capitale Santo Domingo perciò, dopo aver caricato in auto i bagagli la raggiungiamo  pensando prima di tutto a trovare una sistemazione per la notte. Risolto il problema, ci dedichiamo interamente alla città partendo dal famoso Malecon, il lungomare. Santo Domingo non è città di spiagge e per trovarne una che ne meriti l’appellativo bisogna recarsi fino a Boca Chica, letteralmente presa d’assalto da locali e turisti perciò caotica ed anche pericolosa. La città fu fondata da Bartolomeo Colombo ma fu ben presto rasa al suolo da un forte uragano e fu fatta ricostruire poi dal primo governatore spagnolo dell’isola, tale Nicolas de Ovando. L’isola fu presa come base per la conquista delle altre terre perciò molti sono i monumenti visibili, testimonianza di una ricchezza che invece molte altre località del Sud America non hanno mai conosciuto. Il centro coloniale è affascinate e parcheggiata l’auto nella famosa Calle  las Damas iniziamo la visita dalla fortezza che serviva un tempo a difendere la città dagli attacchi dei pirati dato che era un crocevia di tesori incredibili. Uno dei pirati più famosi fu Francis Drake che aveva la sua base sull’isola di Tortuga, al nord di Haiti. Santo Domingo trasuda di storia per cui risulta interessante passeggiare fra le sue vie. Stupenda è la Primada de America, la prima chiesa del nuovo mondo, ma è chiusa dato che sono già le 17.30 e ci riproponiamo di visitarla domani. Raggiungiamo la casa dei Gesuiti, un antico ordine che aveva come scopo evangelizzare le popolazioni pagane di questi luoghi. Ora si chiama Pantheon nazionale e conserva le ceneri degli sfortunati ribelli che persero la vita durante la lotta per rovesciare la dittatura di Trujillo. Di fronte, ecco l’antica residenza del primo governatore della città, Nicolas de Ovando che fu una figura di prima grandezza. Egli fece costruire anche il primo ospedale delle Americhe e la prima università. De Ovando fu anche spietato contro gli indios  che fece uccidere a migliaia. Ora la sua casa è diventata un albergo gestito dallo stato.  Nei pressi della calle las Damas ecco il museo de las Casas Reales ma è chiuso anch’esso. Sulla destra il reloy del sol, uno dei pochi orologi solari esistente ancora al mondo.  Ombreggiata dalle palme sullo sfondo del modernissimo ponte sull’Ozama è l’Alcazar de Colon, la casa di Diego Colombo, il figlio del grande navigatore genovese. Il palazzo fu costruito da Don Diego Colombo e qui abitarono quattro generazioni di rampolli di Cristoforo. Il sole è ormai tramontato e ci rechiamo così a cenare in un ristorante sul Malecon che abbiamo saputo molto famoso. E’ la Meson de la Cava ed il luogo è davvero suggestivo. Una scala a chiocciola ci porta giù nella caverna e dei tavoli sono sistemati dove le cavità naturali ne danno la possibilità. Gustiamo un pesce(Chillon) alla salsa di cocco ed un antipasto di mariscos(frutti di mare). Pina colada sul Malecon e poi torniamo in albergo. Domattina ci sveglieremo molto presto, alle 6.30 e attraversato il ponte Duarte sull’Ozama prendiamo la direzione dell’aeroporto con il mare alla nostra destra. E’ l’Atlantico, con le sue coste frastagliate che non reggono il confronto con la zona del Caribe. Attraverso un paesaggio a tratti interessante raggiungiamo la famosa cittadina di La Romana alla foce del Rio Chavon che attraversa un bel tratto di foresta all’interno del paese. Qui vicino è stato costruito dalla Gulf & Western un enorme paradiso artificiale per turisti considerato tra i primi dieci più grandi del mondo  ed è stato realizzato per investire in qualche modo i guadagni che questa società otteneva dal suo zuccherificio che è il più grande del mondo. Casa de Campo è il suo nome ed è prevalentemente frequentato da americani che qui trovano campi da golf, tennis e molte altre cose oltre addirittura ad una pista d’atterraggio. Qui ha la sua villa Silvana Mangano insieme ad altre celebrità. Decidiamo di proseguire ancora verso est fino a raggiungere la zona di Dominicus beach che dicono essere molto bella e lungo la strada molte bancarelle di haitiani i cui quadri naif sono molto famosi da queste parti. Dopo aver chiesto informazioni ci dirigiamo attraverso piste laterali fino al mare che ci appare come un sogno, da favola. E’ un luogo ancora più straordinario di Las Terrenas e siamo soli in un luogo da brividi. Tentiamo di raggiungere la spiaggia distante una decina di metri ma il luogo non piace a Gosia che in effetti avrà ragione dato che veniamo letteralmente assaliti dalle zanzare. Ci rifugiamo in auto e proseguiamo. Che disdetta!. Ma noi vogliamo fare il bagno e dopo aver scelto, spostandoci con l’auto, un luogo più adatto ci si riferma anche se stavolta sono i moscerini che danno fastidio. Gonfiamo il nostro canotto e remiamo al largo.  E’ un mare ricco di una moltitudine di colori che scopriamo anche scendendo in acqua con maschera e boccaglio e sarà la prima volta che ammirerò una razza. Sono molto felice ma purtroppo il tempo volge al brutto e dobbiamo tornare causa anche una forte corrente laterale che mi obbliga a grandi remate. Un temporale in questi posti può scatenarsi in brevissimo tempo perciò è più saggio fare ritorno a riva ma gli insetti sono ancora li ad aspettarci e saranno implacabili. Sono minuscoli, pungono e pur riguadagnando l’auto in tutta fretta, una volta a casa ci conteremo sul corpo circa 200 punture a testa.  Siamo pieni di puntini rossi. Lasciamo questo luogo e decidiamo di raggiungere Altos de Chavon, un villaggio creato dal nulla sullo stile di un paesino del mediterraneo del cinquecento. Il progetto si deve ad un italiano e l’effetto è superbo. In alto, sulle colline le case in pietra dorata e in basso il fiume Chavon che scorre nella giungla. Non si può girare in auto perciò parcheggiamo ed iniziamo la visita dall’anfiteatro proseguendo poi col museo archeologico. E’ ora di fare ritorno alla capitale dove, dopo una salutare doccia gustiamo una buona pizza in un locale del Malecon. Ormai siamo alla conclusione della vacanza e ci dedichiamo all’approfondimento di quei luoghi che l’altro ieri abbiamo visitato con troppa fretta. Ritorniamo perciò alla fortezza sul fiume Ozama entrando anche nel museo de las Casas Reales dove ammiriamo armature, reperti, armi ed oggetti ritrovati sui vascelli spagnoli affondati da queste parti. Più avanti varchiamo la soglia della casa di Diego Colon ammirando le enormi sale arredate nello stile dell’epoca. Infine percorriamo l’arteria principale della città coloniale chiamata El Conde in onore del conte de Penalba che riuscì a sconfiggere gli inglesi decisi a prendersi l’isola. La passeggiata si sviluppa serenamente tra file di negozi e dopo il pranzo, consumato in un locale italiano, si decide di sfidare il tempo che sta anche oggi minacciando pioggia tentando di andare al quartiere di Tres Ojos dove dicono esserci una caverna all’aperto profonda 150 metri nella quale un famoso fiume sotterraneo forma tre laghetti di acque trasparenti a tre livelli. Troviamo il laghetto quasi subito e scendendo attraverso stupende rocce erose riusciamo a vederne l’uno dopo l’altro tutti e tre. La serata ci porta dopo cena alla famosa discoteca Bella Blue dove si balla prevalentemente Merengue, il ballo locale. La notte trascorre aprendo a noi il giorno della ripartenza verso l’Italia ma avremo ancora il tempo per visitare la chiesa di Santa Maria La Menor, nel Parque Colon. Oltre ad essere la prima chiesa costruita nel nuovo mondo, al suo interno c’è un altare di marmo con le ceneri del navigatore più famoso del mondo. Visitiamo con calma tutta la cattedrale ed è profonda la sensazione che si prova sapendo di calpestare  la prima testimonianza  della cristianità di tutta l’America. Il viaggio è terminato ed anche se abbiamo dovuto digerire un numero molto alto di inconvenienti dobbiamo ammettere a noi stessi di aver arricchito in modo cospicuo la nostra valigia di esperienze che saranno anche i nostri ricordi per domani. Riconsegnata l’auto all’aeroporto ci imbarchiamo su un aereo della Viasa per Caracas e quindi Milano Malpensa.

 Proprietà letteraria riservata. Copyright © 2004 Daniele Mazzardi
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