2013 Tunisia
Tunisi e dintorni
Da mesi la Tunisia era attraversata da tensioni. L'opposizione accusava Ennahda, al governo da ottobre 2011 in coalizione con due partiti laici, di non aver saputo e voluto arginare le violenze politiche e a sfondo religioso che colpivano sedi di partiti, politici, artisti. Finché, il 6 febbraio, un politico dell'opposizione, il rumoroso critico del governo islamista, Chokri Belaid, fu assassinato all’uscita di casa. I disordini che si sono succeduti, con alcuni morti, hanno fatto subito pensare ad una Tunisia che scivolava nel caos. Ma poi le autorità hanno portato a termine arresti per la morte di Belaid. Sospetti caddero su gruppi estremisti religiosi, elementi salatiti, corrente ultra conservatrice dell'islam, già dietro l'attacco dell'ambasciata americana a Tunisi il 14 settembre. Con un po’ di inquietudine che mi serpeggia in corpo, il 10 marzo parto con un volo Air One alla volta della capitale tunisina dove atterro alle 14.20 all’aeroporto di Tunis Carthage. Con un taxi, pagato 3 euro, raggiungo la vicina Avenue Bourghiba dove, in una piccola traversa è ubicato l’hotel Tiba prenotato dall’Italia. Qui sono nella Tunisi coloniale, che riproduce i moduli tipici delle città ottocentesche. In un attimo sono fuori, dando inizio alle visite. E’ nuvoloso e tende alla pioggia, ma per ora tiene, così deambulo su tutto l’ampio viale fino alla piazza dell’orologio dove è il ministero dell’interno. Man mano che mi avvicino vedo rotoli di filo spinato ed un blindato con militari che presidiano l’importante palazzo. Ritorno sull’altro lato fino all’hotel Africa, uno dei più importanti della capitale, all’edificio rococò del Teatro Municipale fino a place de l’Indipendence dove ammiro la cattedrale di Tunisi, S. Vincenzo de Paoli, ora chiusa. Di stile romano-bizantino, presenta una bella facciata con un mosaico rappresentate il Cristo pantocratore. Proseguo sull’avenue France fino a place de la Victorie, posta all’ingresso della Medina, patrimonio dell’Unesco. E’ un complesso di grande interesse, storico ed artistico, tra i più importanti del Mediterraneo. In mezzo alla piazza c’è la Porta di Francia che faceva parte dell’antica cerchia muraria. Entro nella Medina attraverso la strada principale, la rue Jamaa ez-Zitouna. Oggi voglio dare solo un occhiata al centro, ho programmato per domani la visita approfondita di questa parte vecchia, comunque non posso non ammirare le vie strette, le case antiche, i banchi dei souk. Ecco la Grande Moschea, il santuario più importante di Tunisi, fondata da un governatore omayyade nel 732, a più riprese ricostruita e ampliata. Nello stretto dedalo di vie non mi riesce di apprezzarne appieno la struttura, ma solo la parte est con il suo ampio portico sopraelevato. Percorro ora il souk el-Attarine, dei profumieri e poi il souk et-Trouk, dei sarti. E’ tardo pomeriggio, molti banchi sono chiusi. Eccomi ora al Dar el Bey, fatto costruire dal Bey Hammouda. Bey era un titolo turco attribuito ai vassalli del sultano, ai tempi della dominazione ottomana. Ora è sede del primo ministro e del ministero degli affari esteri. Di fronte, la moschea di Sidi Youssef, col suo minareto in stile turco. Purtroppo durante il viaggio non potrò ammirarne nessuna dall’interno dato che tutte saranno interdette ai non musulmani. Davvero un peccato. Giungo in Place de la Kasba, fuori dalla Medina. Anche qui filo spinato, un blindato, molta polizia e militari che controllano i ministeri della zona, come quello delle finanze e degli affari religiosi. Al centro della grande piazza il monumento alla Patria e, di fronte, la Casa del Partito, sede anche del museo di storia del movimento nazionale. Scende una debole pioggia non fastidiosa mentre dal ministero della difesa provengono dei suoni come di una banda. Che esce proprio ora, accompagnata da un plotoni di militari in divisa da parata per effettuare l’ammainabandiera che sventola in alto sul movimento. Assisto al piacevole fuori programma per poi proseguire lungo il boulevard Bab Mnara, che costeggia la Medina. Tipici negozietti arabi, caffé e ritrovi per locali. Mangio una pizza con due soldi in un take away e gusto un caffé alla menta in un bar dove molti fumano il narghilé. Torno quindi verso l’hotel passando da Place de Barcelone, sede della stazione ferroviaria. L’indomani, lunedì, comincio le visite dalla cattedrale che apre alle otto. Strutturata su tre navate, presenta delle piacevoli vetrate moderniste di grande impatto cromatico. L’affresco absidale rappresenta l’entrata trionfale di S.Vincenzo al cielo. Guadagno nuovamente la Place de la Victorie rientrando nella Medina, questa volta attraverso la rue de la Kasba e del founduk dei francesi con le sue stradine strette e vivaci. Percorro la rue Zarkoun fino al souk el Grana, molto animato, e poi il Souk du Cuivre dove il rame viene ancora lavorato su forge artigianali. Ogni souk è dedicato ad una specifica attività commerciale e spesso coperta da volte su cui si aprono i piccoli negozietti. Oggi, però non è infrequente che i souk siano contaminati da negozi che vendono tutt’altro, facendo perdere un po’ di fascino al contesto animato. Continuo per il souk Blaghjia, il mercato delle babbucce riservato ai venditori di scarpe, attuali e tradizionali e sul souk el-Attarine, dei profumieri. Alcuni negozi sono colmi di flaconi di ogni dimensione con le essenze più diverse. Quindi il souk el Trouk, dei sarti e poi il souk el Berka dei gioiellieri, con moltissimi negozietti sfavillanti che espongono oggetti in oro come braccialetti e anelli. Prendo ora la Rue Arous, una delle più famose della città. Qui è il mausoleo di Sidi ben Arous, un edificio quadrato costruito nel 1655 con colonne angolari. Le facciate in pietra, magnificamente arabescate, sono arricchite con inserti di marmo nero. Vicino è la moschea di Hammouda Pacha che presenta un minareto ottagonale in stile turco sormontato da una balaustra e da una lanterna coperta da un tetto piramidale. Proseguo verso nord fino al Divan dove, all’epoca della dominazione turca, si riuniva l’assemblea che deliberava sugli affari di Stato. L’ingresso ostenta un soffitto finemente arabescato con intarsi. Ritorno sui miei passi concedendomi un panino al tonno in un localino spartano nella rue Arous. Caffé in un bar molto animato dove ho l’occasione di andare ai servizi. Credo di averne viste nel mondo di tutti i colori dell’arcobaleno, ma un locale bagno così stretto credo sia un record imbattibile. L’ho misurato a spanne e dovrebbe essere stato un metro per un metro. Praticamente impossibile girarsi, ma solo uscire in retromarcia! Trattenuta una risata imperiosa esco e mi dirigo verso il souk des Chechias dove sono presenti i fabbricanti di fez, il copricapo tradizionale tunisino. Proseguo con il souk des Orfevres, degli orafi, un autentico labirinto di vicoli scintillanti di oggetti in oro. Poco lontana dalla Grande Moschea e preceduta da un piacevole portico colonnato, visito la medersa es Slimaniya costruita nel 1754, e continuo poi verso sud dirigendomi verso il souk dei Tintori che dovrebbe essere di grande effetto cromatico, ma che oggi mi pare senza alcuna attrattiva di rilievo. Entro nel vicino Dar Othman, l’antico palazzo del Bey Othman. L’ingresso presenta un pregevole soffitto in legno intarsiato in arabeschi. Il porticato che circonda il cortile interno è altrettanto grazioso, con piastrelle murali variopinte e archi in pietra intarsiati. Dal di fuori la moschea dei Tintori e quindi il palazzo in ristrutturazione dei Tourbet el-Bey, il mausoleo dei principi husainidi, con delle interessanti cupole con tegole in maiolica. Ho raggiunto così il limite sud della Medina. Qui parte la rue de Chateau dove ammiro la moschea el-Ksar e solo una porzione dello splendido cortile interno del Dar Hussein, sede dell’Institut National du Patrimoine. Sarei disposto a corrompere il custode per potervi entrare ma risulterà impossibile. Le bellezze architettoniche della capitale sembrano essere nascoste alla vista dei turisti. Eccomi di nuovo alla Place de la Kasba. Il sole splende, conferendo ad ogni monumento presente un pregio più fruibile. Pullman di poliziotti controllano i dintorni, ma l’atmosfera è distesa, nessun pericolo. Mi dirigo verso la moschea di Sidi Youssef con un classico minareto turco, forse il più bello dopo quello della Grande Moschea. Qui vengo accostato da un locale che mi parla in italiano. Sarà il solito tentativo di proporsi come guida, ma questa volta intuisco che mi vuol far vedere qualcosa di particolare. Lo seguo fino al souk et-Trouk dove mi fa entrare in un grande negozio dal quale, attraverso una scala raggiungiamo una terrazza panoramica che consente di ammirare uno splendida vista sulla Medina. Sarà così è resterò a contemplare il paesaggio per quasi mezzora. La vista spazia a 360 gradi, ben visibili sono i minareti della Grande Moschea, della moschea Sidi Youssef e della Mohammed Pacha. Gratifico la mia temporanea guida e la saluto, mentre scendo ad ammirare anche lo sfarzoso letto del Bey, realizzato a Venezia. Pausa caffé e poi risalgo la rue Arous e la rue Pacha sino alla medersa Bachiya che conserva un bel portale e un cortile piastrellato. Più avanti è la tomba di Mohammed Mahrez es-Seddiki considerato dagli abitanti di Tunisi il patrono della città. Dal cortile porticato interno si accede ad una antisala molto bella con stucchi intarsiati con arabeschi. Preferisco non entrare nel locale della tomba, luogo sacro. Percorro stradine affascinanti dove la vita scorre come un tempo e dove si respira aria di pace e tranquillità. Dopo aver ammirato, sempre dall’esterno, la moschea Mahrez, percorro la Sidi Ibrahim sino al Dar Lasram, sede dell’associazione per la salvaguardia della Medina. Infine, sempre più a nord, fuori dal cerchio della Medina, e per Bab Saadoune fino alla bellissima moschea Saheb Ettabaa, dotata di un ardito minareto ottagonale. In place Saadoune prendo la metro di superficie ligne 4 fino a Republique e quindi la ligne 2 fino a Palestine, molto a nord, dato che mi è rimasto tempo anche per visitare il Parco Belvedere, vasto spazio verde che occupa un centinaio di ettari. Niente di particolare, vi trascorro solo una mezz’oretta salendo fino alla bella struttura della Koubba, elegante edificio costituito da una cupola impostata su quattro colonne e circondata da portici. Bene, la giornata è stata oltremodo piena e il bel tempo mi ha consentito di realizzare visite al di là delle mie aspettative. Mi concedo una pausa in un locale dove gusto una ottima cioccolata calda e poi riprendo la ligne 2 fino alla stazione di Barcelone. Quindi un’ulteriore percorso fino a raggiungere il ristorante dove spero di ottenere le ultime gratificazioni della giornata. Sarà il celeberrimo Essaraya, nascosto all’interno di un dedalo di viuzze che il buio della sera rende ancora più inaccessibili. Ma, una volta entrato, resto estasiato dalla sala principale, dove dai tavoli al centro si può ammirare le bellissime pareti in stucco intarsiato, mentre un musicante, col suo strano strumento a corda, delizia i commensali con musiche locali. Ma sarò solo io, coccolato per tutto il tempo come ebbi modo di provare solo a Rabat in Marocco. Posate d’argento ed un servizio favoloso per gustare uno straordinario cous cous a l’agneau (agnello) anticipato da un’insalata tipica chiamata Mechiouia, realizzata con peperoni e pomodori grigliati conditi con olio, aglio e limone. Purtroppo niente vino, vietato. M’incammino felice verso l’albergo. Non avrei immaginato di riuscire a completare così in fretta la visita della Medina, forse a causa dell’impossibilità di ammirare l’interno almeno di alcune moschee, così mi resta tutta la giornata di martedì da dedicare ad una escursione non programmata, ma pensata all’ultimo momento: Cartagine. Mi reco a Republique dove salgo sulla metro ligne 1 fino a Tunisi Marina dove proseguo in treno fin sul golfo di Tunisi scendendo a Carthage Byrsa e salendo una strada che mi porta sulla collina omonima dov’è il museo di Cartagine. Questo è un luogo che evoca l’antagonismo di lunga data con la potenza romana. Le vestigia di questa celeberrima civiltà punica sono sparse per tutto il territorio di Cartagine, e molto, circa il 70% non è stato ancora portato alla luce, sepolto sotto le fondamenta di altri palazzi, nuovi e antichi. Comincio da questo museo, allestito nell’antico convento dei Padri Bianchi. Qui sorgeva il cuore dell’antica Cartagine, l’acropoli. Nei due piani espositivi si ammirano teche con vasi, utensili, piccola gioielleria, anfore, frammenti di capitelli e colonne, alcuni mosaici romani ben conservati, busti di imperatori e due sarcofagi punici del 3° secolo a.c. All’esterno del museo si possono apprezzare i resti di costruzioni di epoca punica. Quindi entro nella vicina cattedrale di St. Louis, ora sede di eventi e perciò sconsacrata, ma che conserva al suo interno, nel transetto, due altari, molto bello quello dedicato a S.Agostino. Al centro dell’aula, l’urna con il sarcofago di S.Luigi. Un ragazzo che ha lavorato per molti anni a Milano come muratore mi parla della situazione attuale del paese, colpito negli ultimi tempi da aumenti di prezzo dei generi di prima necessità. Il malumore serpeggia fra ampi strati di popolazione che è contraria, in maggior parte alla deriva islamista della nazione. La gente, dice, vuole praticare la religione senza che questa permei ogni strato della società, come invece i Fratelli Musulmani vorrebbero. Prima che la rivoluzione spazzasse via il regime autoritario di Ben Alì i musulmani radicali venivano imprigionati nelle segrete del palazzo adiacente al ministero dell’interno, torturati e sottoposti ad umiliazioni davanti alle loro stesse mogli. Dalla terrazza in cima alla cattedrale mi mostra il sentiero che devo percorrere in mezzo ad un boschetto per raggiungere i lontani resti dell’anfiteatro romano così, dopo averlo ringraziato per le sue preziose informazioni, mi ci reco. Ormai quasi completamente in rovina, ma descritto da un famoso geografo arabo come il più importante monumento di Cartagine, era capace di ospitare 36.000 spettatori ed era il più importante d’Africa. Nelle vicinanze è anche il Teatro Romano, ora sede di festival e spettacoli moderni. Completamente ricostruito, non trasmette più alcun fascino. Mi dirigo quindi alle famose Terme di Antonino, il monumento più spettacolare di Cartagine. Visito tutto il sito prestando particolare attenzione alla zona delle terme vere e proprie, dove la grande sala del Frigidarium era un tempo ornata da otto colonne di granito, enormi blocchi monolitici di 1,60 metri di diametro, alti 20 metri, con capitelli corinzi che da soli pesavano quattro tonnellate. Restano solo due colonne ora, ma il fascino è notevole, sullo sfondo del golfo. Ai bordi del sito si nota la cinta della casa del Presidente verso la quale si consiglia di non far fotografie, controllata da guardie armate. La prima parte della giornata è stata piacevolmente riscaldata da un sole che pian piano sta eclissandosi dietro spesse nuvole che provengono dal Mediterraneo. Pausa pranzo in un locale dove gusto una ottima pizza, per poi proseguire le visite riprendendo il treno a Carthage Hannibal e risalendo il golfo fino al villaggio di Sidi Bou Said, consigliatomi dal muratore tunisino. Sarà una bellissima sorpresa! Un villaggio turistico, pieno di bancarelle e negozi. Luogo santo per i musulmani, il paese trae fascino dalle strade lastricate, dai giardini e dai patii appartati e dalle candide facciate della case i cui infissi, porte e grate alle finestre sono tutti dipinti di blue. Il circuito centrale è un tripudio di negozi d’artigianato, caffé e localini caratteristici. Davvero un bella idea il venirci. Ora è però giunto il momento di tornare a Cartagine e dedicarmi agli ultimi due siti in programma, perciò riprendo il treno scendendo alla stazione di Byrsa e dirigendomi verso il vecchio porto militare, che ha conservato la sua forma originaria. Aveva un diametro di 325 metri e racchiudeva un bacino di circa quattro ettari, il cui centro era occupato da un isola sulla quale i romani vi eressero un faro e un tempio. Ai tempi di Annibale, lungo le banchine erano poste a raggiera le calate per tirare in secco le imbarcazioni. Il porto poteva accogliere ben 220 natanti e nella piccola costruzione all’interno del sito c’è un bel modellino che mostra esattamente come era un tempo. Per ultimo mi reco alla zona del Tophet, noto anche come santuario di Tanit e Baal Hammon, il più antico luogo di culto punico a Cartagine. Si tratta di un grande cimitero che occupa la sponda occidentale dell’antico porto commerciale. Le ceneri dei bambini, racchiuse in urne, erano sepolte all’interno del recinto sacro in luoghi dove poi veniva collocata una stele. Moltissime sono infatti le steli presenti e dalle diverse forme. Sono stanco, è ora di tornare, così in stazione riprendo il treno per Tunisi Marina. Durante i miei percorsi in treno ho potuto assistere a comportamenti alquanti pericoli dei giovani locali che, pur di entrare nelle carrozze strapiene costringevano gli autisti a partire persino con le porte aperte. Molti di loro restavano così aggrappati all’esterno in equilibrio che dire precario è un eufemismo. Mai visto niente del genere, solo in India forse. A Tunisi Marina proseguo a piedi fino alla piazza dell’orologio e sull’avenue Boughiba. Per finire, una rapida visita ad un centro commerciale dove compro delle cibarie per la cena che consumerò in seguito nella mia stanza d’albergo. Mercoledì, ultimo giorno, ho pensato di dedicarlo al famoso museo del Bardo perciò, dopo la colazione a buffet in albergo, mi reco a Republique dove, con la metro ligne 4, raggiungo questo punto lontano della città. Il museo apre alle 9.30 invece che alle 9.00 ed ho paura di non poterci dedicare tutto il tempo che vorrei ma, una volta entrato mi rendo conto che la collocazione delle sale è differente da quella che cita la mia guida, in verità ormai del 2001, e nemmeno la cartina fornita alla biglietteria riesce in alcun modo a consentire al visitatore di districarsi in modo compiuto fra le numerose sale ricche di reperti. Non mi piace visitare un museo in questo modo, perdo stimoli, nonostante avessi studiato la sera prima la pianta delle sale e ciò che mi sarebbe piaciuto contemplare con più attenzione. In breve sintesi la visita si riduce ad un vagare fra stanze che non riesco appieno a decodificare, nonostante fosse impossibile non restare affascinati dai grandi mosaici che occupano alle volte intere pareti. Ogni sala è posta in un punto diverso da quello che mi aspettavo, confondendomi in continuazione. Alquanto arrabbiato per questa mancanza di organizzazione locale prendo ciò che riesco cercando di scorgere grazie al mio senso estetico ciò che di prezioso mi pare di notare. Fra le bellezze ammirate citerei certamente la bellissima sala dei mosaici marini, con Nettuno su una biga trainato da ippocampi. E poi la sala di Ulisse, con il grande mosaico di Ulisse, e poi ancora la sala del mausoleo, con una grande tomba romana e enormi mosaici alle pareti. Inoltre la sala di Achille dove ammiro il celebre mosaico: Trionfo di Dionisio. Infine citerei la sala degli imperatori con dei bei busti di imperatori romani fra cui quello di Marco Aurelio. E ora di riguadagnare l’aeroporto che raggiungo anche stavolta in taxi con una modica spesa. Il volo di ritorno non mi riserverà sorprese e atterrerò in orario, un ora e mezzo dopo, a Malpensa. Nel complesso sono rimasto soddisfatto, potendomi concedere una delle capitali più considerate di tutto il continente africano dopo Il Cairo in Egitto.
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