2024  USA - FLORIDA

Florida - The Sunshine State

 

Anche se un viaggio in Florida potrebbe apparire ai più una semplice vacanza, nella realtà, se si vuole sfruttarne le potenzialità che nasconde, si deve mettere in campo forte determinazione e una notevole tolleranza alla fatica fisica. Durante i sette giorni pieni della mia permanenza nel “Sunshine State” sono riuscito a concedermi pressoché tutte le esperienze che avevo preventivato. Partito con un volo British da Milano Linate alle 11.10 del 25 febbraio, e dopo uno scalo a Londra Heathrow, sono atterrato all’aeroporto internazionale di Miami alle 19.00 ora locale. Un po’ frastornato dalle lunghe ore di volo, ho seguito le indicazione per i Car Rentals fino al Miami Mover e al centro noleggi auto. Una navetta mi porta a quello dove mi sarei aspettato di trovare un’auto di piccole dimensioni, come da prenotazione. Invece me ne consegnano una ben più elegante, una Nissan Versa (allo stesso prezzo pattuito e già saldato). Uscito dal centro, mi fermo un centinaio di metri più avanti per ritrovare il controllo necessario ad iniziare il viaggio. Auto nuova, dispositivi da comprendere, e la speranza che il mio navigatore gratuito Maps Me non mi tradisca. Ho viaggiato nei cinque continenti sempre e comunque, contando solo sulle mie capacità e sulla mia determinazione, ma devo riconoscere che senza il navigatore mi sarebbe stato quasi impossibile districarmi nell’intreccio spaventoso di strade che sembrano moltiplicarsi in ogni direzione. Inoltre è ormai buio pesto, e il rischio di sbagliare strada e di finire in qualcuno dei quartieri off limit di Miami, non mi solletica. La segnaletica non mi sembra chiara e non vorrei mai trovarmi nelle strade di Little Haiti o ad Overtown per sbaglio. Per fortuna giungo sano e salvo al mio primo alloggio, nel quartiere di Little Havana. Preso possesso della mia camera, tiro un respiro di sollievo e comincio ad entrare in modalità organizzativa. Ripasso velocemente il programma di domani per poi spegnermi sotto le coperte.

26 febbraio, lunedì : Parto presto, alle 6, e dopo essermi fermato ad una stazione di servizio per il tradizionale cappuccino e muffin che gusto “on the road” giungo ad Homestead, la porta di ingresso delle Everglades,un’ecoregione paludosa subtropicale situata nella porzione meridionale della Florida. L'habitat più caratteristico delle Everglades sono le paludi di "erba-sega" (sawgrass marsh), grandi distese d'acqua fluviale poco profonda. Un altra caratteristica sono i cosiddetti hammocks, piccoli isolotti calcarei, i più grandi dei quali sono estesi sino 40 km², che si ergono da 1 a 3 metri sul livello dell'acqua, ricoperti da una fitta vegetazione tropicale. Una presenza costante sono le mangrovie, nere, rosse, bianche. Giunto al Royal Palm visitor center, comincio a percorrere i primi trails previsti, il primo dei quali è l’Ahinga trail, un famoso e semplice sentiero che prende il nome da un uccello che vedrò spesso appollaiato ad ali aperte sugli alberi del parco. Percorrendo la passerella di legno sopraelevata per tutti gli 1.2 km del sentiero, si ha la possibilità di vedere la tipica sawgrass marsh e, tra le fronde e a pelo d’acqua, molti protagonisti della wildlife locale, con l’avifauna che la fa da padrone. Ammirerò la gallinella d’acqua comune, l’airone bianco maggiore, l’airone azzurro maggiore, l’aninga, il marangone dalla doppia cresta, il mignottaio e, per ben due volte, il protagonista assoluto di questi pantani, l’alligatore del Mississipi. Il Gumbo Limbo trail, che parte anch’esso dal Visitor center, non mi impressiona, più breve del precedente (600 m) offre un paesaggio diverso. Si cammina infatti su un sentiero che attraversa un fitto hammock di alberi di gumbo limbo e palme reali. Nessun incontro durante il percorso, sebbene ascolti con attenzione ogni minimo rumore al fine di scorgere qualsiasi presenza animale. Ripresa l’auto, proseguo sino al Pahayokee Overlook, che permette di vedere il cosiddetto river of grass per chilometri, accompagnato dallo svolazzamento di decine di libellule. Il successivo Mahogany Hammock attraversa una fitta e ombrosa foresta subtropicale, ma gli 800 metro del sentiero si svolgono su una piattaforma lignea sopraelevata simile all’Anhinga Trail, che tuttavia non mi presenta altro che qualche passeriforme. Prima di giungere all’estremo sud del percorso, al Flamingo visitor center, vengo attratto sulla mia sinistra da una zona paludosa dove è presente un avifauna numerosissima, decine e decine di aironi, garzette, pellicani e cicogne americane, uno spettacolo entusiasmante. Giunto al Flamingo, esposto all’oceano e quindi maggiormente alla furia degli uragani, non vi trovo nulla di interessante nel percorrere l’Eco Pond trail, sebbene costeggi una zona paludosa, perciò decido di ripartire, risalendo la Hwy 9336 fino allo Snake Bight trail che segue un corso paludoso ricco di mangrovie. Sono solo a percorrerlo e i sensi sono in costante attenzione, ad ogni rumore, che proviene quasi costantemente dalle acque scure paludose. Ma nulla riesco a scorgere finché, proprio durante il percorso di ritorno, sulla mia destra, ecco un serpente nero, che pian piano si inoltra sparendo nella fitta vegetazione che precede la zona paludosa. Avendo con me dei fogli sui quali avevo le immagini di tutti gli animali che avrei potuto incontrare, per riconoscerli meglio, sono certo si trattasse di un serpente Corridore nero, una specie non velenosa, frequente nelle Everglades. Dopo i due serpenti, questa volta velenosi, visti percorrendo in auto le strade amazzoniche, uno dei quali ci stava quando saltando dentro dal finestrino aperto, questa è la prima volta che ne vedo uno, dopo anni ed anni di viaggi in mezzo mondo, dall’Australia al Sudafrica, dal Venezuela all’India. Bene! Sono in netto anticipo sul programma e decido di raggiungere anche lo Shark Valley visitor center. Devo percorrere un bel po’ di chilometri, ma se riesco ad arrivare in tempo, questo mi darebbe la possibilità, domani, di concedermi delle più comode parentesi balneari. Purtroppo incappo quasi subito in un impedimento inaspettato. Io ed altre auto dobbiamo essere scortate da una pattuglia della polizia perché c’è un forte incendio nella foresta sul lato sinistro della strada che sto percorrendo. Per fortuna non perderò molto tempo e, giunto al visitor center, noleggio subito una bicicletta con cui ho intenzione di percorrere il trail che tutti indicano come il più interessante, da questa parte nord del parco. E’ un percorso di 24 chilometri, dove si pedala lungo una pista di circa tre metri di larghezza, con a sinistra lo sterminato “river of the grass”, e a destra un canale dalle acque nere che scorre costeggiando una zona ricca di mangrovie. Lungo il tragitto di questa Shark Valley Loop road osserverò con meraviglia ben 17 alligatori, alcuni a nuotare nel canale, altri a bordo strada, spesso a fauci spalancate. Mi fermerò quasi sempre ad immortalarli con la mia fotocamera, spesso a nemmeno due metri da loro, incredibile. Anche l’avifauna mi regalerà emozioni, e saranno garzette, aironi, aringhe. L’esperienza nelle Everglades è terminata, forse mi sarei aspettato qualcosa di più, ma ho comunque vissuto situazioni e sensazioni interessanti, a tratti entusiasmanti. Ora però è arrivato il momento di tornare a Miami. Giunto al mio alloggio, approfitto della mia buona condizione fisica per visitare la parte pià caratteristica del quartiere di Little Havana, all’interno del quale è anche il mio attuale alloggio, sebbene collocato in zona più periferica. Parcheggiata l’auto, m’incammino verso la zona più famosa, nei dintorni del Domino Park. Little Havana fu la meta di alcuni dissidenti cubani in fuga dal regime di Fidel Castro, che portarono con sé il ricordo della propria patria. La vita di questo quartiere gira intorno a Calle Ocho dove si trovano artigiani di sigari, decine di ristoranti cubani e locali in cui si suona una musica vibrante che si ode a una decina di metri di distanza. Dopo aver soddisfatto la fame in una pasticcieria cubana con un panino con crocchette, mi incammino verso la “fiamma perpetua”, memoriale che ricorda i cubani deceduti nella Baia dei Porci e apre la sfilata dei monumenti commemorativi lungo questo viale dedicato agli eroi dell’indipendenza cubana.

27 febbraio, martedì : Parto alle 5.30 percorrendo i 290 chilometri fino a Naples, una cittadina prettamente turistica dove le spiagge sono senza ombra di dubbio il suo punto di forza. Sceglierò di sostare al Lowdermilk Park e, parcheggiata a pagamento l’auto per un paio d’ore, mi concedo una pausa balneare nella bella spiaggia sul Golfo del Messico. Mi sorprende di notare che nessuno entra in acqua, e quando lo faccio ne capisco il motivo. E’ molto fredda, ma non mi lascio intimidire, e una volta dentro non c’è più problema, nuoto piacevolmente. Alle 10 circa riparto per la mia seconda destinazione, la Sanibel island, distante altri 70 chilometri. Fra le maggiori isole della Florida occidentale, ha una forma longilinea ed è lunga circa 20 chilometri. Poco distante dalla località di Fort Myers, Sanibel è molto frequentata dai locali e in questo periodo si riempe di turisti, in cerca di caldo e sole. Sanibel è collegata con un ponte, il Sanibel Causeway ed è praticamente l’unico modo per arrivarci, a meno che non si abbia una barca. Giunto sull’isola ci sono solo due strade principali, la prima corre lungo la costa occidentale, vicino alle spiagge che affacciano sul Golfo del Messico. La seconda, più interna, separa la parte urbanizzata da quella dedicata alla zona naturale del J.N. “Ding” Darling National Wildlife Refuge. Decido di risalire lungo la costa ovest fino a raggiungere il sottile lembo di terra di Captiva Island, che si allunga per nove chilometri dalla punta settentrionale di Sanibel. Il mio intento originale è quello di iniziare dalle spiagge di Captiva sino a quelle più meridionale di Sanibel, ma mentre percorro il tragitto mi accorgo di un fatto che occorre spesso anche in altre località, dove la spiaggia è completamente nascosta e impedita da ville ed abitazioni e terreni di proprietà privata. Le spiagge realmente accessibili sono poche perché, anche se si volesse accedere alla battigia, dove possibile, non esiste modo per parcheggiare l’auto da qualche parte per poi accedervi, essendo i lati della strada colonizzati appunto dalle proprietà private. L’unico modo, perciò è quello di frequentare le spiagge pubbliche con parcheggio privato. Ma anche in questo caso mi si compare un ulteriore problema, i parcheggi non hanno parchimetri, né omini a cui pagare, solo applicazioni dove saldare l’importo con lo smartphone. Riconosco di non essere sufficientemente tecnologico e sono costretto a rinunciare. Per fortuna trovo un parcheggio nelle vicinanze, dove è presente un mercatino e posso così raggiungere la Captiva beach, ampia e rilassante. Ma sarà la sola, e scoraggiato, persino arrabbiato, decido di ripartire, beccandomi un ulteriore seccatura tramite una coda infinita prima della Sanibel Causeway. La strada che ho da percorrere è molta quest’oggi dato che ho programmato un escursione nella Kings bay di Cristal River per le 7.00 di domattina. Sono ben 370 chilometri da qui e non ho prenotato alcun albergo per la notte, sarebbe stata una spesa inutile dato il poco tempo che avrei avuto per riposare. Nei pressi di Tampa mi concedo una cena veloce ad un fast food, per poi dormire tre ore in un parcheggio.

28 febbraio, mercoledì : Alle 6.30 mi presento alla sede della River Ventures, l’agenzia che mi guiderà, insieme ad altri quattro turisti nell'unico rifugio nazionale per la fauna selvatica negli Stati Uniti, creato appositamente per proteggere gli habitat dell'amato mammifero marino ufficiale della Florida, il lamantino. Il tour è progettato per fornire un incontro rispettoso con queste pacifiche creature. Dopo aver assistito a un video informativo sul comportamento corretto da tenersi, e indossata una muta da loro fornita, si raggiunge la vicina Kings bay e l’imbarcazione che mi porterà a soddisfare la mia grande ambizione di nuotare ed ammirare i famosi lamantini. Dopo essermi immerso nella gelida baia, eccone subito uno. Con la mia GoPro comincio a filmare e a fotografare, immortalando lo straordinario incontro, che verrà seguito poi da un altro e un altro ancora. Saranno quattro o cinque le creature che ammirerò, mentre mangiano placide sul fondo poco profondo, mentre risalgono in superficie per respirare. Dopo un ora di permanenza in queste acque gelide, e pressoché sempre immobile ad attendere qualche risalita o nuoto dell’animale, sento il mio corpo quasi tremare dal freddo, ma nessuna condizione incomoda potrà mai offuscare la straordinaria esperienza che ricorderò per tutto il resto della mia vita. Alle 9.30 riparto, con nella mente il ricordo di quei simpatici mammiferi acquatici dal muso buffissimo. Altri 210 chilometri mi separano ora dalla prossima attrazione giornaliera, il Merritt Island wildlife refuge. Nei pressi della cittadina di Titusville seguo poi le indicazione per il parco nazionale giungendo al Centro Visitatori dove prendo una cartina dettagliata del parco. La prima camminata sarà lungo l’Oak Hammock trail, un circuito di 1.2 km, una passeggiata nel bosco di querce dove tuttavia non faccio nessuno avvistamento. Proseguo fino a raggiungere il Canaveral national seashore, dove attraverso una passerella che sorpassa delle dune, giungo ad ammirare la selvaggia e solitaria costa atlantica, dove sono presenti alcune persone che prendono pigramente il sole che cerca di far capolino tra le nuvole che tentano di imbrigliarlo. Più avanti percorro lo Scrub Ridge trail, un anello di un chilometro e mezzo che sortisce solo il risultato di farmi sudare sotto il sole cocente, senza offrirmi alcuno spunto di osservazione animale. Mi rendo conto che il tempo rimasto non è molto, e non potrò percorrere tutti i trails che avevo ipotizzato, ma non ne sarà troppo amareggiato, visto la negativa esperienza dei primi due. Opto così per l’opzione che, fortunatamente si rivelarà intuizione giusta: il Black Point wildlife drive. Lungo i suoi quasi 12 chilometri di percorso saranno parecchi i momenti dove resterò incantato ad ammirare una natura palustre davvero sorprendente, in tutte le sue forme, vegetali e animali. In questo territorio semi paludoso osserverò un avifauna straordinaria: aironi blu, egrette, pellicani, cicogne americane, aninghe, ibis bianchi, nonché alcni alligatori che nuotano nei canali. Immerso in una pace celestiale, ed in auto, percorro a passo d’uomo l’incanto di questo luogo, nutrendomi innumerevole volte della sua bellezza. Ultima visita, alla piattaforma di osservazione dei lamantini, dove tuttavia scorgo solo un paio di emersioni lungo il canale Haulover. In compenso ammirerò un paio di delfini che affioreranno più volte dall’acqua. Sono ormai le 19.00 ed il sole se n’è andato. Devo trovare al più presto un luogo dove parcheggiare al sicuro e poter riposare durante la notte, dato che non ho prenotato anche stavolta alcun alloggio. Non me la sento di buttare via altri soldi per pernottamenti che reputo irragionevolmente costosi, sfruttandoli comunque per poco tempo. Dopo la solita cena fast food, parcheggio in una ampia zona di centri commerciali e mi lascio in seguito avvolgere dalle braccia di Morfeo.

29 febbraio, giovedì : Dopo aver invano cercato di sostituire le batteria del telecomando della macchina, dato che l’addetta del centro commerciale non era riuscita ad aprirlo per la sostituzione, lascio temporaneamente perdere il problema, dirigendomi verso il programmato Kennedy Space center. E’ senza dubbio la principale attrazione della zona, oltre ad essere uno dei più importanti centri spaziali a livello mondiale. Si trova su Merritt Island, la lingua di terra che ospita anche la riserva naturale visitata ieri. Il KSC è uno dei dieci centri operativi della NASA Dal dicembre 1968, il KSC è stato il principale centro di lancio del volo spaziale umano della NASA. Le operazioni di lancio per i programmi Apollo, Skylab e Space Shuttle sono state effettuate dal Kennedy Space Center Launch Complex 39 e gestite dal KSC. Dopo aver acquistato alle macchinette il biglietto d’ingresso, mi dirigo verso il vicino Rocket Garden. Ospita nove diversi razzi tutti reali tranne il Mercury Atlas, ma non sono mai volati nello spazio. E’il giardino dove sono esposti i razzi delle missioni Mercury, Gemini e Apollo. Quando visiti questi giganti, cammini tra macchine incredibili e autentiche che hanno aperto la strada all'esplorazione spaziale americana. Entro in seguito nella Herous and Legend, dove una statua di Alan Shepard, il primo astronauta americano a volare nello spazio, con la missione Mercury-Redstone 3, anticipa nella sala, dei tondi con le immagini di tutti coloro che hanno avuto l’audacia e la fortuna di aver partecipato alle missioni. Quindi entro nel palazzo “Gateway”, il complesso Deep Space Launch, che esplora il futuro dei viaggi spaziali e mette in luce tutto ciò che sta accadendo attualmente nel programma spaziale. Al primo piano si trove di tutto: dall’Orion EFT-1 all’Exploration e allo SpaceX. Proprio accanto a quest’ultima c’è la capsula Mockup Boing CST-100 Starliner e la cabina di pilotaggio dello Starliner. Entrerò poi nel Lockheed Martin Space habitat, un modulo in scala reale. Proprio di fronte al Lockheed c’è la Sierra Space shooting star, un veicolo da trasporto lungo 5 metri, che si attacca all’aereo spaziale Dream Chaser. Una volta salite le scale c’è lo Space X Falcon 9 appeso al soffitto e lanciato nel 2016, il quale trasporta uomini e merci alla Stazione Spaziale Internazionale. Un bus mi porta ora all’Apollo center, e sulla strada osservo il “Vehicle Assembly building” (edificio di assemblaggio dei veicoli, il più alto edificio ad un piano del mondo, dove la Nasa ha assemblato lo Space shuttle e continua ad assemblare i razzi). A 6 km a est dal palazzo, ci sono le due rampe di lancio. Mentre il centro amministrativo e le strutture di supporto si trovano a 8 km a sud, nell'area industriale del KSC. Solo le operazioni di lancio del KSC si effettuano al Launch Complex 39. Tutte le altre operazioni vengono invece effettuate al Cape Canaveral Air Force. Giunto sul luogo assisto ad una breve presentazione del programma Apollo e la prima missione Nasa con equipaggio del 1968 con il Saturno V. Si può fare una passeggiata sotto il razzo per vederne la tecnologia e la complessità del più grande razzo mai lanciato nello spazio. Questo è il razzo che ha portato sulla Luna 12 astronauti, fra cui Neil Armstrong, il primo uomo ad aver messo piede sul satellite il 20 luglio 1969. Anche il LEM (Lunar Excursion Module) da cui è sceso Armstrong è visitabile. Rivivo poi l’atterraggio sulla luna al Lunar theatre dove vedrò gli ultimi minuti dell’atterraggio. Usciti dal Lunar theatre entro direttamente alla treasures gallery, dove sono presenti oggetti rari e preziosi come la tuta spaziale di Shepard e la capsula dell’equipaggio dell’Apollo 14. Ritornato al Kennedy Space center entro nell’edificio Atlantis dove all’interno c’è la navetta spaziale Space Atlantis, uno dei soli tre Space Shuttle esposti negli USA e mette in mostra il programma spaziale Space shuttle della Nasa. La punta dello shuttle è ricoperto da carbonio rinforzato, materiale inventato apposta per lo space shuttle che riesce a sopportare le temperature del rientro (1538 gradi). All’ultimo piano dell’Atlantis ci sono mostre interattive con anche una replica della cabina di pilotaggio. Per finire concludo al “Journey to Mars” che mostra i nuovi progetti della NASA per l'esplorazione dello spazio profondo, compresi Marte, gli asteroidi e la Luna, e osservo anche un modello del Perseverance Rover, un rover marziano delle dimensioni di un'automobile progettato per esplorare il cratere Jezero su Marte, come parte della missione Mars 2020 della NASA. Bene, la visita è terminata, sono soddisfatto, ma ora ho davanti a me un lugo tragitto fino alle Keys, lontane ben 440 chilometri. Se non fosse che si affaccia un nuovo problema alla macchina, dato che sul display compare il raccapricciante messaggio “change oil and filter”. Che faccio? L’unica soluzione è trovare un garage, ma non è così semplice, dato che i distributori di benzina sono solo per rifornimento e ovunque chieda non mi danno indicazioni nelle vicinanze. Non so quanto possa essere preoccupante il messaggio, ma non posso imbarcarmi in centinaia di chilometri senza sapere esattamente a cosa potrò andare incontro. Non vorrei mai fondere il motore nel bel mezzo di una highway, e io ho un alloggio già pagato addirittura a Key West, al termine delle Keys. Mi consigliano di recarmi nella cittadina di Melbourne, dove chiedo un po’ in giro ma, pur essendoci delle officine, alcune mi dicono che stanno per chiudere, altre due che lavorano solo su appuntamento. Per fortuna, in un concessionario auto dove chiedo un ulteriore indicazione, un addetto che sembra sapere il fatto suo, mi fa notare che il segnale sul display non indica un immediato problema di olio, ma solo mi ricorda che è ora di effettuare il cambio d’olio e del filtro, perciò sembra tranquillizzarmi sulla possibilità di giungere almeno a Miami, dove eventualmente potrò recarmi al Rent a Car. Riprendo perciò l’autostrada concedendomi come da programma anche un giro di Palm Beach, terza città più ricca d’america e dove ci vivono 24 miliardari. Il litorale è costeggiato da favolose ville in stile greco romano e sugli ampi viali di dowtown circolano Porche e Bentley. La vita ruota attraverso balli di beneficenza e shopping in boutique di lusso. E’ una rinomata stazione balneare costituita come resort da Henry Flagler, un fondatore della Standard Oil. La villa più famosa appartiene a Donald Trump (la Mar-a lago) e si trova sul lungomare. Pensavo di fare una foto, ma quando giungo nei pressi dell’entrata, noto che ci sono guardie armate e due auto della polizia all’interno, forse segnale che Trump è nella residenza. Percorro in seguito la celebre Worth avenue, oltre 200 negozi di griffe esclusive come a Rodeo drive a Los Angeles e la Dixie, con un numero impressionante di negozi d’antiquariato. Cenetta ad un locale fast food e poi via nuovamente, riprendendo l’autostrada, direzione Miami. Prima di giungervi però, vorrei concedermi qualche ora di sonno in macchina e decido di prendere l’uscita per Fort Lauderdale, ma una volta individuati alcuni siti possibili mi accorgo che la zona non è molto sicura, ci sono neri con atteggiamenti alquanto equivoci in giro e non è salutare sostare in questa zona. Riparto ed esco successivamente in una zona commerciale che mi sembra un luogo più sicuro per schiacciare un pisolino.

1 marzo, venerdì : Svegliatomi alle 4.30 riparto per Miami e le Keys, giungendo a Key Largo alle 7.30. Le Florida Keys sono un arcipelago di circa 1.700 isole del sud-est degli Stati Uniti, collegate al continente da ponti che iniziano a sud-est della punta della penisola della Florida, e si estendono in un dolce arco da nord-est a sud-ovest fino a Key West, la più occidentale delle isole abitate. Key Largo è l’isola più lunga delle Keys (53 km) ed è qui che ho programmato di concedermi un escursione in barca alla barriera corallina per effettuare un po’ di snorkeling. Alle 8.00, perciò faccio il mio ingresso al John Pennekamp park che si trova proprio adiacente allo straordinario Florida Keys Marine Sanctuary, uno dei posti migliori per fare snorkeling o immersioni subacquee in Florida. Purtroppo il tempo, variabile, si vede che ha prodotto temporaneamente onde che impediscono all’agenzia locale che le organizza, uscite in barca e mi dicono che invece che alle 9.00 si dovrà sperare di partire più tardi. Io non possiedo tutto questo tempo, anche se avevo decido di concedermi un bagno in una delle due spiaggette presenti nel parco ma, dopo averle viste, mi rendo conto che forse sia meglio soprassedere e andarsene. Nella Far beach, inolte, un cartello minaccia che nuotare lo si fa a proprio rischio e pericolo, perché sono stati segnalati negli anni, alcuni attacchi di coccodrilli ad umani, Via! Senza rifletterci due volte. Raggiungo dopo altri 26 chilometri il Founders park dove dovrebbe esserci una spiaggetta migliore, e in effetti potrei anche approfittarne, ma sono ben altre le spiaggie che mi sarei aspettato di trovare. Perciò proseguo fino al villaggio di Marathon dove finalmente, alla Sombrero beach, mi concedo una pregevole sosta balneare. Come sarà alla successiva Sandspur beach, all’interno del Bahia Honda State park. Per il resto, le Keys sono caratterizzate da ambienti dominati dalle mangrovie, anche se tutti si immaginano di trovarvi innumerevoli spiaggie, lungo i suoi 200 chilometri. Le spiagge di sabbia sono davvero poche. Giunto finalmente alla mia destinazione finale a Key West, prendo possesso del mio alloggio per poi dedicarmi alla visita della cittadina, il cui fulcro è comunque solo la centrale Duval street, l’arteria che concentra tutti i locali dove i giovani americani e i turisti amano far baldoria. Sono presenti anche alcune spiagge di sabbia, ma non sempre sono prive di alghe, virando una esperienza balneare verso il negativo. In una parallela della Duval si può ammirare la Hemingway house, dove il celebre scrittore visse con la seconda moglie quando aveva poco più che 30 anni. Francamente non c’è altro che può attrarre l’attenzione, solo i locali per chi a voglia di divertirsi in allegria.

2 marzo, sabato : Parto presto, alle 6.00, perché voglio raggiungere Miami beach il più in fretta possibile, per avere tutto il tempo necessario alla visita. Alle 11.15 parcheggio l’auto in un parking sotterraneo e raggiungo in un attimo la vicina Ocean drive. Miami beach è una delle località più rinomate degli Stati Uniti ed è un comune distinto dalla vera Miami, con la quale è collegata da bellissimi ponti come il Macarthur causeway, nei pressi della Marina, dove sono ancorate delle enormi navi crociera, come la Icon of the Seas e la Norvegian Joy. Comincio a passeggiare nel distretto storico di Miami, dove sono presenti interessanti alberghi art deco, tra la 5th Street e la 23rd Street, lungo Ocean Drive, Collins Avenue e Washington Avenue. Con i loro accattivanti colori pastello, così come le loro linee e curve geometriche, ammiro l’hotel Cardoso, il Carlyle, il Crescent, il Colony (il più antico della città). Faccio dapprima una breve deviazione ad ammirare l’enorme spiaggia, tanto famosa, per poi entrare all’interno lungo Espanola way promenade, un autentico paseo spagnolo, una stradina di pavé con arcate e bassi edifici spagnoleggianti in tinta rosa e bianchi, ricco di locali e ristoranti. Percorro anche l’altra famosa arteria di Miami beach, la Lincoln Mall road, una strada pedonale per vedere ed essere visti Pensare che un tempo South beach era un quartiere abitato da vagabondi, tossici e pensionati! Non posso perdermi forse l’unico monumento meritevole di attenzione, che però resta proprio in fondo, vicino al Marina Convention center. E’ l’ Holocaust Memorial, un memoriale in pietra rosa di Gerusalemme con una vasca da cui si innalza un avambraccio con tatuato un numero di matricola di Auschwitz su cui si arrampicano centinaia di vittime tormentate. Riguadagno la zona costiera passeggiando lungo il Boardwalk, accorgendomi di avere anche il tempo per fare un bagno, così mi affretto all’auto dove mi cambio, raggiungendo in fretta la spiaggia dove mi concedo dei piacevoli bagni. Infine raggiungo la casa dove ho prenotato l’overnight, ad una quadra di distanza dal precedente alloggio a Little Havana. Finalmente posso tirare un po’ il respiro, e dopo una rinfrancante doccia comincio a preparare il bagaglio per la partenza di domani.

3 marzo, domenica : In origine avevo previsto di visitare Downtown a piedi, lasciando l’auto in un parcheggio, ma in ultimo ho optato per girare in auto e fermarmi a fare foto dove ci fosse qualcosa di meritevole. In questo modo potrò inoltrarmi più facilmente anche in quartieri impossibili da percorrere a piedi, per via della lontananza o anche per la loro pericolosità. Parto dal mio quartiere di Little Havana raggiungendo in breve tempo Downtown, dove l’attività principale è alzare gli occhi al cielo ed ammirare i magnifici grattacieli che la impreziosiscono. Downtown non è solo il fulcro finanziario, degli affari e governativo, è anche un’area con musei, negozi, hotel, spettacoli ed eventi sportivi. Sulla baia si affacciano condomini e palme e, mano a mano che ci si addentra nel cuore cittadino, lo skyline mette in mostra le sagome dei grattacieli nati dall’estro di architetti famosi ed emergenti, come il Four Season hotel (240 m), il Panorama Tower (il più alto di Miami, coi suoi 265 metri), e il Brickell Flatiron (224 m) nei pressi del Brickell bridge, da qui passano i motoscafi dei trafficanti inseguiti dal nucleo antidroga. Prima di continuare la visita della zona, decido di recarmi a sud, nel quartiere di Coconut Grove, dove è la Ermita de la Caridad, una costruzione moderna con una riproduzione della Vergine della Carità del Cobre che si trova a Cuba. Originale è l’altare. Proseguo con la vicina Plymouth congregational church, un edificio in pietra corallina opera di un muratore spagnolo. La porta scolpita a mano viene da un monastero dei Pirenei del XVII secolo. Quindi passo al quartiere più a nord di Coral Gables, un luogo dove si respira la vera ricchezza, dove le abitazioni sono ville con giardini curati e servizi di vigilanza privata. Qui è l’albergo più famoso di Miami, il Biltmore hotel, un tempo la sua piscina era la più grande del mondo. Nelle vicinanze è la Coral Gables congregational church, costruita nel 1925 sul modello di una cattedrale barocca latino-americana. Niente di che, per cui, dopo aver girovagato per un po’ in questo quartiere opulento, torno a Downtown, sulla famosa Brickell avenue, proseguendo l’osservazione dei begli edifici che vi si affacciano come SLS Lux (198m), l’Echo Brickell (193m), l’Infinity at Brickell (192m), il Plaza on Brickell (186m). E’ presente una tale profusione di edifici meritevoli che quasi ci si perde, come proseguendo nella successiva Biscayne boulevard, dove ammiro il One Thousand museum (216m), il Southeast Financial center (233m), il Marquis Miami (215 m), il Paramount Miami World center (213m) e il bel Bayfront park, un’area verde vicina al centro commerciale Bayside Marketplace e all’American Airlines Arena dove a fine marzo si esibirà Laura Pausini. Il parco si affaccia sulla fascinosa baia di Biscayne. Di fronte è la Freedom Tower, una torre di forma ottagonale che si slancia da un edificio storico in stile classico con una facciata riccamente decorata. La progettazione della torre ha preso ispirazione, forse non troppo felicemente, dal campanile della Giralda, la cattedrale di Siviglia. Poco più avanti è l’Adrienne Arsht center, il più grande spazio dedicato alle arti dello spettacolo della Florida e il secondo degli USA. Continuo su Biscaybe boulevard verso nord, entrando nel quartiere di Little Haiti. Tradizionalmente nota come Lemon City, ma chiamata anche La Petite Haïti, è nota come il centro dell'immigrazione da Haiti e della cultura francofona nella città. La più grande comunità haitiana del mondo. Negli anni 1980 e 1990 Little Haiti era una delle aree più povere di Miami, nota per il crimine e lo spaccio di droga, ma a questo seguirono progetti di recupero dell'area, che tuttavia non mi pare abbiano sortito grande effetto. Stando molto attento a non farmi notare troppo ne percorro parecchie vie, tutte ortogonali, scorgendo spesso piccoli gruppi di neri qua e là dall’aspetto non troppo rassicurante. Di sera questa zona è da evitare come la peste bubbonica, persino in auto ci si può imbattere in situazioni alquanto sgradevoli, specie nei pressi di Liberty square. Ridiscendo verso Downtown attraverso Miami Avenue fino al Bacardi building, ex quartier generale di Bacardi USA. Più a sud è la pedonale Flagler street, dove si trova una grande concentrazione di negozi, ad esempio il famoso grande magazzino Macy’s e il celebre Olimpya theatre, uno dei fiori all’occhiello di questo Downtown, già ricco di piacevoli scoperte. Inaugurato nel 1926, è uno splendido teatro storico. Nei pressi, è la bella Gesù catholic church, la più antica chiesa cattolica del sud della Florida, edificata nel 1896. La struttura si slancia verso l’alto assottigliandosi, ma è all’interno che resto stupito dalle straordinarie vetrate istoriate, una più bella dell’altra. Per finire, come posso evitare di farmi un giro nella zona di Overtown? Anche questo è un luogo da evitare assolutamente la sera, ci sono vagabondi, homeless, accampamenti di fortuna sotto tende, persone che deambulano in condizioni pietose. Credo di aver completato una soddisfacente visita di Miami, ed è ora di riconsegnare l’auto al Rent a Car, dopodiché, col Miami Mover torno in aeroporto, dove per fortuna, questa volta il volo per Londra è in orario, come il successivo fino a Milano Linate.

 

 

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