2019  GALIZIA

El Camino de Santiago

La Galizia è una regione autonoma nel nord – ovest della Spagna. Ci sono svariate ragione per visitarla, ma quella principale, e che ne giustifica da sola un viaggio, e il celeberrimo Camino de Santiago, il lungo percorso che i pellegrini del Medioevo intrapresero, attraverso la Francia e la Spagna, per giungere al santuario di Santiago de Compostela, presso cui ci sarebbe la tomba dell'apostolo Giacomo il Maggiore. Le strade francesi e spagnole che compongono l'itinerario sono state dichiarate Patrimonio dell’umanità dall’Unesco. Si tratta grossomodo di un percorso di 800 km per la durata di 1 mese. Il Cammino è intimamente legato alla presenza della tomba di Giacomo il Maggiore e al suo ritrovamento, che risale al IX secolo. Anche se Giacomo è morto in Palestina, dopo l'ascesa di Gesù al cielo iniziò la sua opera di evangelizzazione della Spagna spingendosi fino in Galizia. Terminata la sua opera Giacomo tornò in Palestina dove fu decapitato per ordine di Erode Agrippa nell'anno 44. I suoi discepoli, con una barca, guidata da un angelo, ne trasportarono il corpo nuovamente in Galizia per seppellirlo in un bosco vicino ad Iria Flavia, il porto romano più importante della zona. Nei secoli, le persecuzioni e le proibizioni di visitare il luogo fanno sì che della tomba dell'apostolo si perdano memoria e tracce. Nell'anno 813 l'eremita Pelagio, preavvertito da un angelo, vide delle strane luci simili a stelle sul monte Liberon, dove esistevano antiche fortificazioni di un antico villaggio celtico. Il vescovo Teodomiro, interessato dallo strano fenomeno, scoprì in quel luogo una tomba, probabilmente di epoca romana, che conteneva tre corpi, uno dei tre aveva la testa mozzata ed una scritta: "Qui giace Jacobus, figlio di Zebedeo e Salomé". Alfonso II il Casto, re delle Asturie, ordinò la costruzione sul posto di un tempio, i monaci benedettini nell'893 vi fissarono la loro residenza. Iniziarono così i primi pellegrinaggi alla tomba dell'apostolo, dapprima dalle Asturie e dalla Galizia, poi da tutta l'Europa. Parto, in perfetto orario, con un volo Ryanair da Bergamo alle 9.25, atterrando alle 12.00 all’aeroporto Lavacolla di Santiago de Compostela. Il clima è completamente differente da quello lasciato a Milano. Ci sono dieci gradi e, con un giubbottino leggero si sta benissimo. In Galizia piove spesso, ma per tutta la durata del mio soggiorno il meteo si manterrà godibilissimo, alternando momenti di nuvolosità intensa ad altri di piacevole tepore primaverile. Un bus della Empresa Freire mi porta nella centrale plaza Galicia da dove raggiungo prima la stazione ferroviaria, dove acquisto già il biglietto di domani per La Coruna e poi, velocemente il mio alloggio. Casa Felisa, a due passi dalla famosa Cattedrale di Santiago. Mi registro, lascio il superfluo in camera e mi dirigo subito verso la Catedral, in praza do Obradoro. In spagnolo castellano si pronuncia plaza, ma qui i locali parlano gallego. Dopo uno sguardo alla piazza decido di entrare prima in Cattedrale per visitarne l’interno, che dovrebbe regalarmi intense emozioni artistiche. Peccato che sia tutto in restauro! Ci sono ponteggi ovunque e le varie cappelle sono coperte da teloni di plastica. Come si può immaginare, ipotizzare un fatto simile, nonostante io sia attento a pianificare ogni cosa! La delusione è fortissima, mi lascia senza respiro. Deambulo come uno zombi, incredulo, nello spazio calpestabile, ma l’inimmaginabile è persino troppo reale. La chiesa Madre dell’arcidiocesi di Santiago de Compostela, uno dei massimi santuari cattolici al mondo è oscurata da ponteggi e teloni. Ottomila metri quadrati dimezzati, o peggio. Solo la Capilla Mayor è parzialmente visibile, ma ostruita dalla struttura reticolare del ponteggio. L'altare è stato costruito da Domingo de Andrade sulla tomba dell'Apostolo. Una statua, in pietra policroma lo rappresenta, con una espressione francamente criticabile. Si può salire sul retro dell'altare per il tradizionale abbraccio al santo, ma la fila che osservo sconsolato è lunga almeno cinquanta metri, perciò non mi rimane che scendere nella cripta ad ammirare la tomba argentea del Santo. Ci ritornerò quando sarà umanamente visitabile. Lo sconforto è grande, ma cerco di riprendermi, dando inizio all’osservazione esterna dell’edificio. Mi pongo prima di fronte alla facciata dell’Obradorio. Nel mezzo del corpo centrale c'è Santiago Apostolo e un livello sotto i suoi due discepoli, Atanasio e Teodoro, tutti vestiti da pellegrini. Nel mezzo, l'urna (rappresentazione della tomba trovata) e la stella (rappresentazione dei luminari che l'eremita Pelayo vedeva) tra angeli e nuvole. Nella torre a destra c'è Maria Salomé, madre di Santiago, e nella torre a sinistra c'è suo padre, Zebedeo. Osservo il tutto grazie al mio binocolo. Sebbene il primo impatto sia notevole, analizzando con occhio critico le varie parti architettoniche, non vi riscontro nulla di rimarchevole. Per non parlare delle altre facciate! La facciata sud, de las Praterias, costruita poco dopo il 1100 ha due porte d’ingresso, con archivolti e sculture degradate, inguardabili. Non è mia intenzione essere ipercritico, sono solo obbiettivo, non lasciandomi condizionare dall’insieme d’impatto, ma osservando più nei dettagli. La facciata nord, o dell’Azabacheria, e il suo portale romanico, la facciata est, la torre della Carraca e la torre dell’orologio presentano gli stessi difetti. Può essere che l’amarezza subita mi abbia in parte condizionato, ma sono convinto di no. Non posso negare, invece, che sia emozionante la vista di tutti i pellegrini che affollano i dintorni, molti con lo zaino ancora in spalla, altri in bicicletta, che si fanno immortalare da amici e compagni di viaggio davanti al tanto sospirato tempio. Di loro non ne parlo ancora, illustrerò il mio pensiero in seguito. Decido di dedicarmi al museo della Cattedrale, con la speranza che almeno questo sappia compensare parzialmente la frustrazione che sta logorando la mia psiche. Dopo alcuni reperti archeologici presenti a piano terra, salgo al primo piano dove sono esposte statue policrome, alcuni bassorilievi e dipinti, nemmeno menzionabili. Salito un secondo piano, ecco il bel chiostro con diverse lastre tombale lungo il percorso perimetrale e sostenuto da piacevoli colonnine binate. Da una porta laterale si accede alla cappella di San Fernando, con il tesoro della Cattedrale. I soliti calici e ostensori, croci processuali e reliquiari, ma apprezzo due belle opere d’argento di un artista tedesco del XVII secolo, tale Jacobus Jarger. Sono due piatti incisi con la riconciliazione di Esau e Giacobbe il primo e la visita della regina di Saba a Salomone il secondo. Per finire visito la sala delle reliquie e quella degli arazzi. In una stanza ce ne sono alcuni disegnati dal Goya, un artista le cui opere, comunque, non hanno mai incontrato il mio favore. Esco dalla terrazza da cui si domina l’intera piazza, concedendomi almeno qualche interessante possibilità di foto. Devo riconvertire in fretta le mie aspettative, affinché possa dare ancora un senso a questo viaggio. Ridisceso, percorro la rua più turistica e importante della città, la rua do Franco. Ammiro la bella facciata rinascimentale del Fonseca college e gli interessanti negozietti sui due lati della via, i vari locali e ristoranti, i negozi di artigianato locale e quelli di alimentari. Si viene rapiti dalla moltitudine di formaggi, salumi, vini, dolci che vengono proposti e non vedo l’ora di concedermene qualcuno. Giunto al termine della rua, a porta Faxeira, mi prendo una pausa sedendo ad un locale che fronteggia il celebrato Parque Alameda. Ordino cioccolata e churros (tipici della cucina iberica, una sorta di pastella fritta spruzzata di zucchero) e poi entro nel parco, dove è presenta un alta ruota panoramica. Non posso perdere l’occasione di ammirare la città dall’alto e così vi salgo ricavandone comunque soddisfazione. Prosieguo le visite passeggiando nelle vie centrali e terminando di nuovo alla Cattedrale, dove questa volta, la fila interna per abbracciare l’apostolo è più snella. Assolvo al rito, senza naturalmente l’abbraccio, ma osservando dall’interno gli intagli barocchi della capilla Mayor, davvero niente di eccezionale. Spero almeno che il “O Curro da Parra” il ristorante già prenotato per mail sappia dare un orientamento più positivo alla giornata, e in effetti sarà così. Ordino due mezze porzioni (il menù lo concede), di pesce: merluzzo con pure di patata dolce e coriandolo, e un filetto di razza arrosto con emulsione di piselli. Il tutto bagnato da due coppe di vini bianchi: il Casanova de Ribeiro del 2017 e il Pozo Barrantes, Albarino di Rias Baixas 2018. Torno quindi al mio alloggio. Per la giornata di domani mi attende una sveglia di buon ora. Alle 6.48 parte il treno che mi porta ancora più a nord, a La Coruna, capoluogo della Galizia e porto molto importante sull'oceano Atlantico da cui partono le merci agricole e i prodotti della raffineria della regione. I romani lasciarono le loro tracce anche in questa città nel secondo secolo avanti Cristo trasformando la località in uno dei porti commerciali più importanti del tempo. Nel XIX secolo la città fu il centro antimonarchico più importante della nazione. Fu infatti dopo il periodo franchista che la città raggiunse nuovamente il suo antico splendore con lo svilupparsi del settore terziario, di quello finanziario ed di quello delle comunicazioni. Giunto a destinazione alle 7.30, lascio la stazione e faccio colazione in un bar delle vicinanze, per poi proseguire verso nord, alla zona del porto, dopo aver attraversato il bel parco Nunez. Durante la lunga camminata fino  all’incantevole zona della Marina, ammiro le caratteristiche abitazioni sul lungomare di avenida porto da Coruna, le famose Galerias (dei balconi cristallizzati chiusi con finestre bianche che nel quartiere della Marina occupano la facciata intera dando una identità propria alla paesaggio urbano). Questa è una zona piacevole e pittoresca. Sono presenti giardini, una affascinate passeggiata lungomare, con numerose panchine e una vista appagante. Lungo il paseo Darsena entro nella città vecchia, il quartiere medievale, ricco di storia e di monumenti barocchi. Giungo a plaza de la Constitucion con al centro una fontana in mezzo a due antichi cannoni. Qui è presente il palazzo della capitaneria generale. Nelle vicinanze è la piazza pedonale di Praza do Xeneral Azcárraga, dove passeggio all'ombra della ricca vegetazione. Ecco la chiesa di Santiago, considerata la più antica della città, in stile romanico e caratterizzata da una facciata con rosone, un portone a sesto acuto e figure grottesche. Apre alle 11.30, così mi dirigo prima alla seconda chiesa più famosa della città, la chiesa Collegiata di Santa Maria del Campo che una suora mi aprirà a breve. Venne edificata tra il XII e il XIII secolo, ed è caratterizzata da una struttura romanica con pianta a tre navate, con le laterale separate da possenti policolonne in pietra. L’altare maggiore presenta un paliotto argenteo sormontato da una statua della Madonna. Emozioni artistiche, poche o nulle! Proseguo le visite raggiungendo la plaza de Maria Pita, un'incantevole piazza nel cuore del centro storico, dove ha sede il municipio della città. Al centro si erge la statua di María Pita, l'eroina galiziana del XVI secolo famosa per aver liberato la città dall'invasione inglese. Sosto ad una delle numerose panchine presenti, ammirando il Municipio e assorbendo un po’ di raggi solari che, nel clima galiziano non possono fare che bene, quindi entro nella vicina chiesa di San Giorgio. Dichiarata patrimonio di interesse culturale, non vi riconosco nulla di rilevante se non qualche anonimo retablo nelle cappelle laterali. Più avanti è un'altra chiesa, quella di San Nicolas, anche in questo caso, nulla di interessante. Entro in un supermercato per comprare un panino che gusto sdraiato sulla praia de Riazor, nella parte occidentale della città. E’ la spiaggia cittadina, un arco di sabbia bianca di fronte ad acque tranquille. Nessun bagnante osa al momento avvicinarcisi. Quindi rientro nel centro percorrendo belle vie ricche di negozi e locali, fino al Teatro cittadino, e sbucando nuovamente alla Marina dove sono presenti campi da tennis e una piscina all’aperto che rendono la città, davvero a misura d’uomo. Raggiungo, sulla punta a nord est, il Castelo de Santo Anton, una fortezza del XVI secolo costruita come edificio difensivo, carcere e lazzaretto, oggi museo archeologico. E’ giunto il momento di visitare la famosa chiesa di Santiago, ma prima entro nella chiesa convento di San Domingo, dove oltre un piacevole retablo maggiore decorato con motivi floreali non v’è null’altro di menzionabile. La igrexa de Santiago, invece (com’è chiamata in lingua gallega) costruita in granito, si presenta a navata unica caratterizzata alla sua fine da tre absidi, che corrispondono alle tre navate dell'originaria impostazione romanica della chiesa. Il tetto, a volta a capanna, poggia su tre grandi archi del XIV secolo che nascono da semicolonne a ridosso della pareti laterali caratterizzate queste da capitelli romanici scolpiti con figura mostruose o a motivi floreali. Sul lato destro dell'ingresso principale vi è una grande statua romanica del XIII secolo in pietra colorata che raffigura l'apostolo Santiago. A fianco dell'ingresso nord vi è il pulpito in pietra del XIII secolo. Ora posso affermare che il patrimonio artistico cittadino non mi ha donato alcuna emozione, perciò raggiungo nuovamente il lungomare dove pedalo per molti chilometri sino a raggiungere la lontana penisola a nord ovest. Dopo la piccola playa de San Amaro, passeggio sui sentieri di questa godibilissima zona, ricca di verde e paesaggi stupendi, caratterizzati da un oceano le cui onde si rompono sulle rocce sottostanti. Chi passeggia, chi fa jogging, chi va in bicicletta lungo i sentieri che si diramano fino alla Torre di Hercules. Alta 55 metri, è un faro di origine romana risalente al II secolo, in ottimo stato di conservazione e ancora in funzione. Raggiunta la cima del faro, il più antico del mondo, ammiro la vista sulla città, sulla penisola e sull’oceano. La visita di La Coruna non mi ha offerto spunti artistici significativi, ma ne ho potuto invece apprezzare la straordinaria vivibilità. Deve essere appagante per lo spirito abitare in un luogo con un equilibrio così efficiente di servizi cittadini e di gagliarda natura. E’ già pomeriggio inoltrato, non mi resta molto tempo a disposizione, ma non voglio mancare al vicino acquario Finisterrae. Diviso in varie sale, ospita numerose specie di pesci atlantici che si possono ammirare da grandi vetrate e ha tante postazioni interattive dove imparare tutto sull'Oceano. Nella vasca esterna, è presente una colonia di foche che mi diverto ad osservare e fotografare nelle loro diverse pose. Sono stanchissimo, dopo tutti chilometri percorsi, così attendo il passaggio del bus n°3 che mi porta verso il centro per poi guadagnare la stazione dove alle 18.00 riparto per Santiago. Anche il giorno seguente ho organizzato una visita ad una città vicina, e anche in questo caso parto presto. Raggiunta la stazione degli autobus parto alle 7.00 per Lugo, una piccola città fortificata, edificata in Spagna dai romani in una posizione privilegiata che domina la valle. Le sue mura romane, costruite nel III secolo d.c. sono perfettamente conservate, la rendono unica al mondo oltre che patrimonio dell’umanità. Lungo il percorso, di circa 95 chilometri ho la possibilità di considerare tra me e me l’opportunità dell’esperienza del famoso Camino de Santiago. Fin dal Medioevo, numerose persone hanno intrapreso la lunga strada che dalla Francia attraversa tutta la Spagna, arrivando prima alla tomba di San Giacomo e poi a quello che in passato era ritenuto la fine del mondo conosciuto, Finisterre. Si stima che siano quasi 300.000 le persone che ogni anno decidono di intraprendere questa straordinaria avventura. Se in passato i motivi del pellegrinaggio erano esclusivamente religiosi, oggi sempre più pellegrini si dirigono a Santiago spinti da motivazioni varie e disparate: culturali, sportive, di interesse storico-artistico, spirituali. Non voglio discutere  l’obiettivo spirituale, rispettabilissimo, anche se penso che una simile punizione corporale potrebbe essere considerata improduttiva dal Padre Eterno che, al contrario, preferirebbe chiedere al “pellegrino” magari, di dedicarsi a far del bene al prossimo, piuttosto che ad imbarcarsi in una impresa del genere, infeconda, sterile. La maggior parte della gente, invece, l’affronta alla ricerca di qualcosa, di se stessi o di un equilibrio da ritrovare dopo aver perso qualcosa di importante: moglie, figlio, lavoro. Soli con se stessi, lontani dalla frenesia della vita quotidiana aiuta a pensare, si direbbe. Conoscere la gente, interagire con essa, riassaporare maggiormente i piccoli gesti fra umani e, perché no, i paesaggi che si dispiegano pian piano lungo il tragitto. Queste sono considerazioni condivisibili… in teoria. Dato che ho visto, con i miei occhi, questi 95 chilometri di percorso (di certo non sufficienti per maturare una convinzione assoluta) tuttavia posso affermare che il cammino non si svolge attraverso ridenti foreste lussureggianti, ingentilite dal canto degli uccelli che aggraziano l’incedere, ma su una volgare strada provinciale battuta dal traffico veicolare, sotto il sole o la pioggia (che in Galizia, in questo caso, non manca mai). Si è sempre affermato che per ritrovar se stessi s’abbisogna di pace, di natura, di silenzi. Gli Shaolin non hanno certo trovato se stessi nella Times square di Manhattan. Perché, allora, non impegnarsi in un percorso di montagna, o immersi nella silenziosa natura di un bosco? In breve, il Camino di Santiago, fa parte di quelle iniziative che forse sfuggono alla obbiettiva ragione. Dopo aver visto lungo il percorso cento, duecento di queste persone a camminare nello stretto spazio delle corsie di emergenza e solo saltuariamente in brevi tratti di sentieri paralleli alla strada, eccomi giunto a Lugo. Dalla stazione degli autobus, il centro storico dista solo poche centinaia di metri e vi entro da una delle dieci porte, quella di San Pedro. Raggiungo la Plaza Mayor con eleganti giardini dove c’è il Municipio, ricostruito nel 1735 in stile barocco. Attraverso la commerciale rua da Reina eccomi in plaza San Domingo dov’è la chiesa omonima, a navata unica e due retablos per la lato. A destra e a sinistra dell’altare maggiore due urne funerarie con statue sdraiate in pietra. Davvero nulla di rimarchevole. Come del resto nella successiva Parroquia de San Pedro, anch’essa a navata unica, con cinque archi che sostengono la volta a botte. Nel corto transetto, da rilevare solo due pregevoli rosoni policromi. Nei pressi è la Praza de Abastos, un mercato coperto affascinante con decine di banchi di pescheria, macelleria, di salumi e formaggi. Uno spettacolo per gli occhi. Decido che mi ci recherò in seguito a comprare qualcosa per pranzo, ma ora voglio visitare la cattedrale, a tre navate. La struttura interna è molto particolare. Il coro e gli stalli lignei si trovano al centro della navata, dove sono presenti alcune sedie per i fedeli. Di fronte è l’altare maggiore sostenuto da quattro colonne corinzie. Intorno pregevoli bassorilievi in marmo. Nel transetto ammiro due bei retablos con intagliati, negli otto riquadri, episodi della vita di Cristo, da un lato la nascita, dall’altro la passione. Finalmente una visita apprezzabile. Con un clima fresco, quasi pungente, attraverso la famosa Puerta de Santiago, salgo sulla muraglia romana e la percorro per un lungo tratto ammirandone lo straordinario stato di conservazione. E’ giunta l’ora di pranzo, così torno al mercato dove acquisto una fetta di Cabrales, un famoso formaggio erborinato delle Asturie prodotto coi tre tipi di latte e mezz’etto di salsichon de montana che mi gusto seduto su una panchina al tepore dei raggi solari. In una pasteleria locale mi concedo due pasticcini e un caffè, per poi terminare la visita di Lugo raggiungendo la vicina Praza do Campo, porticati e dove si affacciano edifici del 18° secolo con molti locali. Ho ancora del tempo a disposizione e decido di trascorrerlo all’interno del museo di Lugo dove visito un gran numero di sale dove si espongono monete antiche, piatti e vassoi, calici ed ostensori, sculture moderniste e dipinti di fine ‘800 di spagnoli. Anche in questo caso, niente di eccezionale. Ritorno alla stazione dei bus e riparto alle 14.30 per Santiago. Dopo una doccia rigenerante in pensione esco a cercare un locale dove cenare e lo trovo nel restaurante Porta Faxeira, sulla Rua Franco. Mi gusto due specialità galiziane: il caldo allego (zuppa realizzata con patate, fagioli bianchi, rape) e il pulpo a feira (polipo a tocchetti, patata, cipolla e paprika) bagnati con una coppa di bianco Burgans di Rias Baixas del 2017 di 12.5°. Mercoledì, ultimo giorno di viaggio, me la prendo comoda e mi alzo più tardi, alle 8.00. Check out e colazione in un bar del centro, dopodiché passeggio un po’ nelle graziose ruas del “casco viejo”. Lungo il percorso ho l’occasione di visitare anche altre chiese, come la iglesia dos Orfaos, a navata unica e con un corto transetto. Sul lato destro un pregevole bassorilievo in gesso, null’altro. Nei pressi, entro nel Mercato de Abastos, con bancarelle di pescheria, macelleria etc, un po’ come a Lugo. Lo visito sommariamente, con l’intenzione di ritornarci all’ora di pranzo. Quindi una seconda chiesa, la iglesia de San Beito, piccola, a navata unica. Le cappelle laterali, poco aggettanti, presentano dipinti carini, come i quattro nell’abside affrescata. Mi reco ora al Monastero di San Martino Pinario, uno degli edifici più importanti di Santiago. Il complesso, sviluppatosi nel corso dei secoli a partire dal IX e fino a tutto il XIX , ospita oggi il seminario. Il percorso, all’interno, porta per primo alla bella chiesa. Sul lato destro apprezzo la capilla de la Virgen del Socorro, con un retablo molto elaborato. Ma è il presbiterio che cattura subito l’attenzione col suo grandioso retablo, realizzato da Benito Silveira e uno straordinario coro con due ordini di stalli lignei, intarsiati con episodi della vita di Cristo e realizzati da Mateo de Prado tra il 1639 e il 1647. Il percorso della “planta alta” invece propone una collezione di arte sacra, il gabinetto scientifico, l’antica farmacia e la raccolta di antichi libri a stampa. L’attenzione, tuttavia, viene rapita dalla presenza dell’antico coro rinascimentale della cattedrale di Santiago, completamente restaurato. Il viaggio sta per terminare. Dirigendomi verso il mercato entro nell’ultima chiesa, l’iglesia de San Agostino dove, sulla destra dell’altare mayor, ammiro un bel retablo con un Cristo flagellato, un pregevolissimo lavoro di prospettiva che mi ricorda il finto coro del Bramante nella chiesa di San Satiro in via Torino a Milano. Bene, non mi resta che concludere in bellezza al mercato dove acquisto una fetta di Titilla, uno dei formaggi più rappresentativi della Galizia e 50 grammi del celebre jamon iberico Bellota, alimentato per la maggior parte a ghiande (bellota). Caffè e sigaretta e mi dirigo alla vicina praza de Galicia dove salgo sul bus per l’aeroporto. Il volo di ritorno della Ryanair partirà in orario, alle 16.25 con rientro tranquillo al Caravaggio di Orio al Serio.

 

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