2020  ITALIA

Tra arte e spiagge adriatiche

 

9/8/2020 -  Domenica – In previsione del traffico vacanziero partiamo prestissimo, alle 4.45, direzione Forlì, nostra prima tappa cittadina. Ne visiteremo parecchie durante questo viaggio, che avrebbe potuto risultare davvero straordinario, se il covid e alcune chiese ancora chiuse o con cappelle in restauro a causa del terremoto del 2016, non ci avessero impedito di godere di alcuni capolavori ivi presenti. Comunque siamo pronti a cominciare. La città è nota anche con il soprannome dialettale di "Zitadon", il "Cittadone", per essere a lungo stata la città più popolosa della Romagna, poi superata sia da Ravenna sia da Rimini. Fondata, secondo la tradizione, nel 188 a.C, nel 2012 ha festeggiato i suoi 22 secoli di vita. Cominciamo dalla sua piazza principale: piazza Saffi, il cuore della città di Forlì e una delle più grandi d’Italia. Al centro si staglia la statua di Aurelio Saffi e il suo perimetro è circondato da alcuni dei palazzi più prestigiosi della città: la Residenza Comunale, un tempo palazzo degli Ordelaffi, il Palazzo delle Poste e ilPalazzo degli Uffici Statali. Sul versante sud, il Palazzo del Podestà e l'adiacente Palazzo Albertini. Ma la ragione prima della nostra venuta a Forlì è l’Abbazia Mercuriale. La chiesa, in mattoni è "a salienti". Il portale è famosissimo, con la sua lunetta contenente il pregevole complesso scultoreo raffigurante il Sogno e Adorazione dei Magi, del Maestro dei Mesi di Ferrara (1230). Quest'opera può considerarsi il primo presepe scolpito a tutto tondo nella storia dell'arte mondiale. Il campanile, alto 75.40 metri è posto sul lato destro e considerato, al tempo della sua costruzione, una delle meraviglie del Regno d’Italia. L’interno è a tre navate e nella parete destra è addossato il monumento funebre a Barbara Manfredi (1497), ma ciò che più mi interessa sono i tre dipinti presenti del Palmezzano: la Madonna col Bambino tra i Santi Giovanni Evangelista e Caterina d’Alessandria, il Crocifisso tra i Santi Gualberto e Maria Maddalena e la Pala dell’Immacolata. Usciti, proseguiamo la visita attraverso le vie del centro storico fino al Duomo, del XII secolo, al cui interno, nella cappella sinistra, si trova la xilografia della Madonna del Fuoco (primi anni del XV secolo), patrona della diocesi. Null’altro attira la mia attenzione, se non un pregevole Crocifisso del XII secolo, ai vertici del suo genere, in Italia. Lunga camminata sino alla Rocca di Ravaldino, di origine medioevale, ma ricostruita e rafforzata nel trecento, è oggi in parte destinata a sede espositiva, mentre un'ampia area ospita le carceri della città. Riprendiamo l’autostrada vicino alla quale ci sarebbe il santuario di Fornò, che però a causa del covid consente solo l’ingresso durante le messe. Raggiungiamo Rimini e il nostro hotel Tourist Meuble, nella frazione Rivazzurra. Seconda città per numero di abitanti (dopo Ravenna) di tutta la Romagna e località di soggiorno estivo di fama internazionale, si estende per 15 km lungo la costa dell'Alto Adriatico. Fu qui che nel 1843 venne inaugurato il primo stabilimento balneare in Italia. Colonia fondata infatti dai Romani nel 268 a.C., per tutto il periodo della loro dominazione è stata un fondamentale nodo di comunicazione fra il nord e il sud della penisola e sul suo suolo gli imperatori romani eressero monumenti dei quali restano tracce importanti, come l'Arco di Augusto, punto di arrivo della Via Flaminia, il Ponte di Tiberio punto di partenza della Via Emilia e della Via Popilia e l'Anfiteatro; poi la Domus del Chirurgo, il più importante ritrovamento archeologico degli ultimi anni con la più completa collezione di strumenti chirurgici dell’antichità, un unicum in Italia, una piccola Pompei nel cuore della città. A Rimini, nei primi anni del Trecento, si è formata una scuola di pittura giottesca che rappresenta uno dei capitoli fondamentali della storia dell'arte e di cui la chiesa di Sant’Agostino e il Museo Civico conservano molte opere. È stata il feudo Malatesta, Sigismondo Malatesta, fu il signore di Rimini, la sua corte è stata una delle più vivaci dell'epoca. Mi trovo costretto a mutare il programma previsto assecondando le ragioni di Gosia che vuole concedersi subito un po’ di mare e ci rechiamo lì vicino, notando come l’acqua non sia affatto male, tenuto conto della cattiva fama di cui soffre. Ho saputo che è stato costruito un grosso impianto di depurazione che ha contribuito a migliorare notevolmente la sua qualità. Dopo una rinfrescante doccia, saliamo sul comodo Metromare che ci porta alla stazione di Rimini, camminando in seguito verso il centro. Prima visita, il celebre Tempio Malatestiano, principale luogo di culto cattolico d Rimini. La copertura interna è a semplici capriate lignee. Sul presbiterio svetta il celebre Crocifisso di Rimini di Giotto, motivo principale della nostra venuta in città. Ma il luogo è famoso anche per i famosi bassorilievi (molti in stiacciato) del fiorentino Agostino di Duccio. Ne abbelliscono molte cappelle, tra cui quella degli Angeli, quella dello Zodiaco e quella delle Arti Liberali. Li ammiro nei dettagli col mio inseparabile binocolo notandovi la maestria che lo scultore vi ha messo per la loro realizzazione, come nella straordinaria Arca degli Antenati e Discendenti, nella prima cappella a sinistra. Nella chiesa sono presenti anche affreschi di Piero della Francesca, ma non sono in buone condizioni. Proseguiamo ora verso la vicina piazza Tre Martiri, la più importante piazza della città insieme a piazza Cavour. Nel Medioevo, nota come “piazza delle Erbe”, era sede del mercato e di tornei cavallereschi. Purtroppo la chiesa di Sant’Agostino è chiusa, è un peccato perché conservava ottimi lavori di Giovanni da Rimini. Molto bella la piazza Cavour, centro politico ed economico della città fin dall'inizio del XIII secolo, quando acquistò importanza con la costruzione del Palazzo dell’Arengo. Sulla piazza prospettano i tre palazzi comunali: Palazzo Garampi, Palazzo dell’Arengo e Palazzo del Podestà, il Teatro Amintore Galli e la Pescheria; al centro sorgono la Fontana della Pigna e il monumento a Paolo V realizzato nel 1614 da Sebastiano Sebastiani. Lungo corso Augusto giungiamo al Ponte Tiberio, la cui costruzione iniziò nel 14  d.C. sotto il governo di Augusto. Per completare la visita mi sarebbe piaciuto entrare nel museo della città, dove sono conservate opere pregevoli dei primitivi riminesi, ma il programma originale mutato non me l’ha consentito. E’ davvero un peccato, e cerco di annegare il dispiacere con la prima cena, una volta ritornati a Rivazzurra col Metromare. Strozzapreti funghi e salsiccia e spaghetti alle vongole.                                                                                                               

10/8 - Lunedì – Alle 6.30 partenza per San Marino dove giungiamo alle 7.20, a quest’ora le città non sono ancora invase dai turisti e trasmettono la loro atmosfera più vera, genuina. Con un'estensione territoriale di 61,19 km2, popolata da 33 909 abitanti, è uno dei meno popolosi fra gli Stati membri del Consiglio d’Europa e delle Nazioni Unite. San Marino è una repubblica parlamentare, ha sempre mantenuto rapporti privilegiati con l'Italia alla quale è legata da numerosi trattati e accordi bilaterali, ma afferma con forza la propria sovranità e indipendenza, mantenendo relazioni diplomatiche e consolari con numerosi paesi europei e del mondo e dotandosi di autonome istituzioni. A partire dal 2008  il centro storico della Città di San marino e il monte Titano sono stati inseriti dall'Unesco tra i Patrimoni dell’Umanità. Passeggiamo lungo le sue viette scoscese ammirando le varie costruzioni in pietra, i negozi caratteristici, e alle 9.30 assistiamo al Cambio della Guardia sotto i portici del celebre Palazzo Ducale, quindi saliamo alla volta delle Torri che hanno reso celebre il paesaggio della città. Sono tre; la prima che si raggiunge è la Rocca Guaita, risalente al X secolo. Protetta da un doppio girone murario, riparava il popolo durante gli assedi. Nel cortile sono presenti alcuni pezzi d’artiglieria risalenti all’ultima guerra: due mortai, dono di Vittorio Emanuele II. La seconda, la Cesta, sul punto più alto, a 756 metri, era sede del corpo di guardia e accolse alcune celle della prigione. L’ultima è la Montale, risale a fine XIII secolo, ed è la più piccola per dimensioni, ma ha ricoperto un ruolo strategico per la difesa, collocata infatti nella migliore posizione per la vedetta. Infine entriamo nel Duomo, di nuova costruzione e decisamente deludente, se non fosse per una pregevole statua di San Marino diacono del Tadolini (allievo di Canova). Ripartiamo in direzione di Pesaro, ma dato che siamo sulla strada, ne approfittiamo per sostare a Gradara, celebre per il suo famoso castello che sorge sulla sommità del comune omonimo. Il borgo storico è protetto da quasi 800 metri di cinta muraria. Durante il periodo medioevale la fortezza è stata uno dei principali teatri degli scontri tra le milizie fedeli al Papato e le turbolente signorie marchigiane e romagnole. Passeggiamo sotto un sole implacabile, circondati da negozi turistici e ristoranti tipici fino a raggiungere la parte alta, che ci consente una visione migliore del castello per poi riprendere l’auto, direzione Pesaro, dove arriviamo nel primo pomeriggio. Affacciata sul mar Adriatico, è una città che offre una qualità di vita alta ai suoi abitanti. E’ presente una ampia spiaggia cittadina ed una più caratteristica al di là del fiume Foglia: baia Flaminia, dove andremo più tardi. Per il momento ci dedichiamo ad una breve visita, dato che il suo centro storico si condensa prevalentemente intorno alla piazza del Popolo, sede del bel Palazzo Ducale. La chiesa più interessante, la Nome di Dio oggi è chiusa, come del resto lo è la cattedrale, perciò, puntata alla Rocca Costanza, costruita negli anni 70 del ‘400 come fortificazione della città da parte di Costanzo Sforza. E’ un quadrilatero con le cortine che si uniscono alle torri cilindriche ai quattro angoli. Anche la famosa sinagoga di Pesaro oggi è chiusa, perciò, ripresa l’auto, ci dirigiamo alla Baia Flaminia dove ci concediamo il secondo bagno del nostro viaggio, per poi raggiungere Ancona, dove resteremo all’albergo Gino ben sei notti. Per cena andiamo in centro, passeggiando per un oretta sulle due arterie principali: Via Garibaldi e via Mazzini, e su quest’ultima individuiamo il locale per la cena: Bonta delle Marche, dove gustiamo un antipasto di salumi e formaggi locali, tra cui ciauscolo, pecorino di fossa, caciotta di Urbino e di primo, spaghetti coi moscioli selvatici di Portonovo e spaghetto con pomodoro, timo e pecorino di fossa. Il tutto bagnato da un Verdicchio dei castelli di Jesi dei poderi S.Lucia di 13°.   

11/8 - Martedì – Quest’oggi, intera giornata di mare, da sfruttare nel Parco Regionale del Conero, un promontorio a picco sul mare, ricco di insenature e piccole spiagge di ciottoli. Giunti a Sirolo scendiamo alla bella spiaggia di San Michele, completamente immersa nel verde del Conero, lunga, ampia, con alle spalle il verde della macchia mediterranea. Vi arriviamo di prima mattina per godere di quell’atmosfera che verso le 10 comincerà a contaminarsi di frotte di vacanzieri. Ma per ora è una gioia degli occhi, acqua cristallina e a temperatura ideale per farsi cullare piacevolmente. Proseguiamo la giornata nella vicina spiaggia Urbani dove ci sono strutture e una grotta naturale, l'immagine più conosciuta di Sirolo. Di fine ghiaia, è a forma di mezzaluna ed inizia a sud con la scogliera naturale della  Grotta Urbani. Anche qui acqua cristallina. Per finire, ci dirigiamo alla spiaggia dei Frati. A sabbia fine e curata, è sovrastata dalla barriera rocciosa che fa da cornice al mare cristallino, talmente trasparente da rendere perfettamente visibili i fondali sabbiosi. È un litorale ben organizzato con stabilimenti e tratti di spiaggia libera, ed è facilmente raggiungibile a piedi grazie al sentiero che parte da Numana Alta. Terminiamo la giornata in un ristorantino nei pressi dell’albergo, con tagliolini al profumo di mare e strozzapreti con mascarpone, salsiccia e rucola, personalmente, cena da dimenticare.

12/8 - Mercoledì – Dopo l’intera giornata di mare di ieri, oggi è prevista la visita di Urbino e perciò partiamo molto presto per poter godere delle sue atmosfere che solo di primo mattino si riescono a cogliere. Parcheggiata l’auto in piazza Mercatale ci dirigiamo verso il centro. Urbino fu uno dei centri più importanti del Rinascimento italiano. Da ogni parte si guardi, è dominata dallo straordinario Palazzo Ducale, una piccola città fortificata voluta da Federico da Montefeltro nel 1444. Colto e raffinato, Federico desiderava che il Palazzo Ducale di Urbino superasse per bellezza tutte le altre residenze principesche d’Italia. Non era solo un modo di autocelebrare la propria potenza: voleva trasformare Urbino nella “Città ideale” di cui il Palazzo doveva essere l’espressione più elevata. Dopo un breve giro del centro ci rechiamo all’ingresso del palazzo, sede anche della famosa Galleria delle Marche, una delle più fornite pinacoteche d’Italia. Nel centro del borgo storico di Urbino, è fiancheggiato da altri monumenti come la Cattedrale (chiusa per restauri) e il Teatro Sanzio. Dopo una breve fila accediamo al palazzo. Le opere d’arte presenti sono numerose e ne citerò solo alcune di quelle che più mi hanno colpito: fra le sculture, la Madonna col Bambino di Luca della Robbia, il Mosè di Giovan Battista della Porta, lo stupendo soffitto aquilani di Federico Brandani. Fra i dipinti citerei la Flagellazione e la Madonna di Senigallia di Piero della Francesca, il miracolo dell’ostia profanata di Paolo Uccello, il San Sebastiano del Guercino, il sacrificio di Isacco di Mattia Preti, la Madonna del Latte di Giovan Francesco Guerrieri, la Madonna col Bambino dormiente e l’Adorazione, entrambi del Sassoferrato, il filosofo Origene del grande Jacopo de Ribera, Lot e le figlie di Giovan Battista Caracciolo, la Madonna col Bambino e la Santa Francesca Romana di Orazio Gentileschi e, dello stesso autore, David in contemplazione della testa di Golia, per finire con la Muta, una straordinaria opera di Raffaello, nato proprio qui, a Urbino. Proseguiamo le visite recandoci nei due oratori, quasi adiacenti, il primo dei quali è l’Oratorio di San Giovanni Battista, famoso per gli splendidi affreschi che decorano le sue pareti il cui tema iconografico sono le storie della vita di San Giovanni Battista, capolavoro dei fratelli Lorenzo e Jacopo Salimbeni. Il successivo Oratorio di San Giuseppe è celebre per il presepe del Brandani, che nel 1545 ricreò l’ambiente della grotta in cui nacque Gesù, rivestendo interamente le pareti di tufo e pietra pomice. Dopo questa splendide visite ci concediamo due panini, uno con porchetta e il secondo con salame di Fabriano prima di recarci al vicino parco della Resistenza dove è presente la Fortezza Albornoz, ma noto per essere il punto dove si gode del miglior panorama sulla cittadina e sul suo Palazzo Ducale. Tornati all’auto riprendiamo la strada verso la costa dove, nella simpatica località turistica di Marotta, ci concediamo per qualche ora dei piacevoli bagni. Tornati ad Ancona, la sera ci dirigiamo nei pressi del porto, al ristorante Anguì, dove ordiniamo una parmigiana di mare (melanzane cotte al vapore con frutti di mare) e lasagna di mare profumata al pesto e, come secondo, una frittura dell’Adriatico. Due calici di bianco, Verdicchio di Jesi e Passerina, secco e profumato renderanno più gradevole il pasto.

13/8 - Giovedì – Nuovamente giornata dedicata al mare del Conero. Raggiungiamo il paesino di Numana e scendiamo alla Spiaggiola, una delle bellezze della Riviera del Conero, in quanto offre un colpo d'occhio splendido, immersa com'è nella natura del Parco, pur mantenendo tutte le comodità di una spiaggia attrezzata. Si trova in un baia molto riparata, protetta dagli scogli e dal porto turistico di Numana, per questo motivo è spesso paragonata ad una piscina naturale. Il mare sempre calmo e l'arenile di ghiaia fine e dorata, ne fanno una meta perfetta per chi desidera la pace ed il completo relax. Alle 14.00 invece ci presentiamo all’imbarco per quella che è considerata la più bella spiaggia del Parco Naturale, quella delle Due Sorelle, di ciottoli bianchi, splendida vista sul monte Conero dal mare, limpidissimo. Ci si arriva solo in barca, la spiaggia è già piena di turisti ma è cosa ovvia di questo periodo. Fissato ombrellone e telo mare ci godiamo la spiaggia e il mare fino alle 17.00 quando la stessa imbarcazione viene a ricaricare gli stessi vacanzieri. Al pensiero delle spiagge solitarie di Antigua mi scende una lacrima virtuale, ma tant’è, in Italia, e in agosto, questa è la realtà! Doccia in albergo, e usciamo di nuovo per la cena, questa volta in un locale che propone street food: Nino Pesciolino. Dopo un antipasto fritto mix, composto da olive ascolane, bocconcini di merluzzo e polpette di alghe, passiamo a due primi: scrigni ripieni di scampi (con salsetta mediterranea di polpa di pomodoro, basilico, trito di alici, capperi e scalogno) e risotto Hermes con vellutata di patate e triglie arrostite. Due coppe di bianco Passerina, ma non ho apprezzato il piatto di servizio in plastica.

14/8 - Venerdì – Anche quest’oggi partiamo presto, sempre direzione Conero, e Portonovo, dove il parcheggio non si è sicuri di trovarlo se si arriva tardi. Occupiamo il nostro spazio come al solito e godiamo di quei primi momenti di solitudine. L’acqua è di una limpidezza incredibile e ce la godiamo fino all’ora di pranzo quando riprendiamo le nostre cose ritornando in albergo e preparandoci per la visita di Ancona. Parcheggiamo vicino alla magnifica Loggia dei Mercanti, forse il palazzo più affascinante della città, voluto dalla Repubblica di Ancona come sede dei commerci e in stile gotico. Più avanti è la chiesa di Santa Maria della Piazza. E’ a tre navate e copertura a capriate. La parte inferiore della facciata è interamente rivestita da archetti ciechi e reca al centro un bassorilievo bizantino, proveniente da Costantinopoli e rappresentante la Vergine orante. Sono presenti anche altri due bassorilievi bizantini, e il portale, ad arco strombato, è adornato da molti bassorilievi, opera di un certo Mastro Leonardo. Risaliamo verso nord fino al Palazzo degli Anziani, 1270. Ai tempi in cui Ancona era libero Comune il governo della città era affidato a sei saggi eletti dal popolo che erano chiamati anziani. Nei pressi è la chiesa di San Francesco alle Scale. Fondata nel 1323  dai Francescani in stile gotico presenta all’interno la grande pala dell'Assunzione di Lorenzo Lotto, 1550, uno dei capolavori dell'artista. Torniamo sui nostri passi, risalendo sino al punto più alto della città, dove da una sorta di belvedere si ammira il miglior panorama su Ancona e sul suo porto, a nord del quale è l’Arco di Traiano, l’imperatore che trasformò la città in uno degli approdi più sicuri dell’Adriatico. Qui è presente il Duomo, la cattedrale di San Ciriaco, con la sua slanciata cupola rivestita in rame. L’elegante protiro è sostenuto da due leoni in marmo rosso. L’interno è gradevole ma non presenta nulla che attiri la mia attenzione. Torniamo verso il centro fino alla bella piazza del Plebiscito, cuore della movida anconetana e dove si affaccia il rinascimentale Palazzo del Governo e la trecentesca Torre Civica. Oltre alla pregevole statua di Clemente XII, è presente la chiesa di San Domenico, con la facciata in pietra d’Istria. Ciò che rende prezioso questo edificio religioso sono due bellissime tele: l’Annunciazione del Guercino e, come pala d’altare la Crocifissione di Tiziano, oltre ad un bel gruppo scultoreo di Gioacchino Varlé. E’ ora di dedicarsi un po’ alle vie dello shopping e dei locali, così passeggiamo per via Garibaldi e via Mazzini, dove ammiriamo l’ultima chicca di questa bella città: la fontana del Calamo o fontana delle 13 Cannelle, disegnata da Pellegrino Ribaldi nel 1559, una delle più caratteristiche d’Italia. E’ ora di cena, e proprio qui di fronte abbiamo prenotato all’Osteria 13 Cannelle dove ordiniamo tagliolini alla pescatora, spaghetti allo stoccafisso e frittura dell’Adriatico, bagnando il tutto con un Bianchello del Metauro superiore della Tenuta Campioli, 2018 di 13°.

15/8 - Sabato – Partiamo come al solito molto presto, e sarà una scelta azzeccata, perché quando giungiamo alla splendida Gubbio, ci pare di passeggiare per la prima ora in un vero contesto medievale. L’atmosfera che si gode di prima mattina in queste cittadine è impagabile e ti riempie di felicità. Definita come “città grigia“, ha questo soprannome per il colore compatto e uniforme dei blocchi di calcare con cui è costruito questo magnifico borgo. E’ uno degli insediamenti umbri più antichi, feudo dei Montefeltro e dei Della Rovere nel periodo delle Signorie. Nei secoli ha conservato gelosamente il suo aspetto medievale, riflesso sia nella fisionomia degli edifici che nella struttura delle strade. La cittadina è formata da cinque vie parallele situate a diversi livelli e collegate tra loro da gradoni, vicoli e scale. Percorriamo la via dei Consoli, ammirando per primo il Palazzo del Bargello, che rivaleggia con il Palazzo dei Consoli e con quello Ducale per il titolo di costruzione più bella di Gubbio. Questo palazzo gotico del 1300 è costruito in blocchi di pietra squadrata, e prende il nome dal capo della polizia di cui era la residenza. Di fronte al palazzo c’è la Fontana dei Matti da cui discende l’appellativo di Gubbio come “città dei matti”. Secondo un’antica tradizione lo straniero che compie tre giri di corsa intorno alla fontana e accetta di essere bagnato con l’acqua diventa cittadino di Gubbio con il titolo di “Matto onorario di Gubbio“, inteso come persona ironica e scherzosa. Più avanti giungiamo alla Piazza Grande, con il Palazzo dei Consoli e quello Pretorio. Cuore pulsante della città, da questo straordinario esempio di “piazza pensile” si gode uno splendido panorama sulla valle. Piazza Grande è il luogo più amato dagli eugubini e dai turisti; qui si vive la vita quotidiana e si svolgono le più importanti manifestazioni civile e religiose della cittadina umbra. Proseguendo le visite giungiamo al Palazzo Ducale. Gubbio faceva parte del  Ducato di Urbino e il palazzo eretto dal secondo duca era una residenza estiva. Unico esempio del Rinascimento in una città prettamente medievale, il palazzo si distingue per la finezza architettonica e la ricercatezza delle decorazioni. Di fronte è il Duomo, in stile gotico, sul luogo di un precedente edificio romanico antecedente all'anno Mille. L’interno è ad un'unica navata, e sopra l'altare è un importante Crocifisso in legno del XIII secolo. Le cappelle laterali presentano numerose opere d'arte, tra cui quelle di Giuliano Presutti: Gloria della Maddalena e la Natività di Gesù. Di Sinibaldo Ibi la Madonna con Gesù Bambino in trono e Santi. Scendendo verso la chiesa di San Francesco, do un occhiata anche alla chiesa di San Domenico, apprezzando tre tele di un certo livello: l’Adorazione dei Pastori di Girolamo Danti, l’Istituzione dell’Eucarestia di Giuliano Presutti e la Vergine con Bambino e angeli di Raffaellino del Colle. E infine la chiesa sopraccitata, che nonostante fosse una delle prime chiese costruite in memoria del Santo di Assisi, non mi ha entusiasmato al suo interno. Bello, comunque, il campanile del XV secolo. E’ giunto il momento di riprendere l’auto e di dirigerci in autostrada verso il piccolo villaggio di Genga, che possiede la fortuna di avere sul suo territorio una delle più belle grotte d’Italia e d’Europa: le grotte di Frasassi. Una navetta ci trasporta all’ingresso dove una guida ci illustrerà le varie caratteristiche delle sale, mostrandoci, le bizzarre formazioni che stalattiti e stalagmiti hanno prodotto in migliaia di anni. Il complesso è formato da una enorme serie di ambienti sotterranei di cui il primo, visitabile con facilità dal pubblico è l'Abisso Ancona, una enorme cavità che ha un'estensione di 180 x 120 m ed un'altezza di 200 m; è talmente ampia (oltre 2 milioni di m3 di volume) che al suo interno potrebbe essere contenuto senza problemi il Duomo di Milano. Sarà una visita straordinaria in un luogo incantato, davvero uno dei must in Italia. Terminato il percorso riprendiamo l’auto, direzione mare e la località di Senigallia, con la spiaggia denominata “spiaggia di velluto”. Trascorreremo qualche ora di vita balneare per poi far ritorno alla nostra Ancona dove ceneremo vicino all’albergo con una semplice pizza. 

16/8 - Domenica – Purtroppo lasceremo l’albergo in ritardo e giungeremo al Santuario di Loreto solo alle 8.00, pregiudicando alcune parti che mi sarebbe piaciuto approfondire. Comunque siamo di fronte ora ad uno dei principali luoghi di culto mariano del mondo cattolico. La Basilica di Loreto rappresenta uno dei più importanti monumenti gotico rinascimentale d’Italia, e dove lavorarono i più grandi architetti dell'epoca. Di chiaro stile rinascimentale è la cupola che caratterizza il panorama lauretano, visibile in un vasto territorio che va dal mare alle valli collinari vicine. All'interno della basilica, i cattolici rendono culto di devozione verso i resti di quella che secondo la tradizione è la Santa Casa di Nazareth, dove visse Gesù. Agli inizi di maggio del 1291, con Nazareth e tutta la Palestina sotto il dominio dei Mamelucchi d’Egitto, secondo la tradizione alcuni angeli prelevarono la Santa Casa e la portarono via in volo, lasciandola, il 10 maggio 1291, a Tersatto(ora un quartiere della città di Fiume); furono dei boscaioli, stupiti, a trovare la piccola dimora. In quel luogo però i pellegrini erano spesso preda di ladri e malfattori, così, tre anni e sette mesi dopo, gli angeli la sollevarono di nuovo alzandosi in volo verso le Marche, depositandola nei pressi di Ancona, nel luogo in cui oggi sorge la chiesa di Santa Maria Liberatrice di Posatora, il cui nome la tradizione fa derivare proprio da questo evento: posa-et-ora (fermati e prega). Ci restò per nove mesi, dopodiché gli angeli la risollevarono di nuovo per posarla nei pressi di Porto Recanati, in località "Banderuola", dove ancora oggi sorge una chiesetta. Lì c'era un boschetto, proprietà di una nobildonna di Recanati di nome Loreta, per cui i pellegrini dicevano: "Andiamo dalla Madonna di Loreta", e da tale espressione popolare venne poi dato il nome alla cittadina di Loreto. È in quella selvetta di Loreta che, si dice, furono dei pastori a vedere una luce abbagliante uscire dalle nubi e, dietro la luce, la Casa. Si trovava però troppo vicino al mare, esposta quindi ai pericoli delle incursioni turche; inoltre anche lì cominciavano ad accorrere malfattori per derubare i fedeli venuti in pellegrinaggio. Perciò, otto mesi più tardi, la Casa venne nuovamente spostata dagli angeli su un terreno di proprietà di due fratelli, i conti Simone e Stefano Rinaldi di Antici, che però presto iniziarono ad approfittarsi dei pellegrini e a contendersi le estorsioni perpetrate sui devoti creduloni. E di nuovo, dopo soli quattro mesi, i soliti angeli sollevarono la Casa e la posarono, nel dicembre del 1294, al centro della strada che da Recanati va al suo porto, dunque in un luogo pubblico, che nessuno avrebbe potuto reclamare e sfruttare, sulla cima di una collina. L’interno è caratterizzato da tre navate dove sono presenti sei cappelle per lato, e da un ambulacro che presenta le cappelle migliori, come quella tedesca, affrescata da Ludovico Seitz nel 1890. Ma sono le sagrestie qui presenti dove si ammirano le opere migliori, come nella sagrestia di S.Luca dove, nella lunetta superiore, c’è in bassorilievo, un S.Luca evangelista di Benedetto da Maiano (1516); nella sagrestia di S.Giovanni, ottimi affreschi del Signorelli, e in quella di San Marco, affreschi di Melozzo da Forlì. E sotto la cupola, è la Santa Casa di Nazareth , dove, secondo la tradizione devozionale, la Vergine Maria ricevette l'Annunciazione. La Casa è formata da tre pareti, prive di soffitto e fondamenta, realizzate interamente in mattoni di terracotta. Le pareti sono di fabbricazione tipica dell'edilizia antica nazarena, e la tradizione vuole che fossero addossate a una grotta, quella che oggi si trova nella Basilica dell’Annunciazione a Nazareth. La riveste interamente un mirabile rivestimento marmoreo disegnato da Donato Bramante nel 1509 per volere di Papa Giulio II e affidato nella sua realizzazione da Papa Leone X ad Andrea Sansovino, che vi lavorò nelle sculture dal il 1513 al 1527. I bassorilievi presenti nei quattro lato sono straordinari. Nel fronte, sopra la finestra dell’Angelo, abbiamo l’Annunciazione; sul lato destro ne abbiamo due: l’Adorazione dei pastori e l’Adorazione dei Magi; sul retro la Dormitio Virginis e il bassorilievo con la Casa portata dagli angeli; a sinistra la nascita di Gesù e lo sposalizio della Vergine. Avrei voluto dedicare del tempo alle porte bronzee e alle sue formelle, ma durante la Messa, che i fedeli seguivano anche dal sagrato, impedivano l’accesso alle porte. Un vero peccato, perché non abbiamo tempo di attendere la fine della funzione. Ripartiamo perciò, direzione Macerata, una città dalle mille anime, vivace perché sede di una fra le università più antiche al mondo, ma capace di preservare uno stile di vita tradizionale e genuino perché dolcemente accoccolata e protetta dalle splendide colline marchigiane. Purtroppo è stata pesantemente interessata, come tutte le Marche, dal terremoto del 2016 e alcune delle chiese più interessanti sono sotto restauro, come il Duomo, la chiesa di San Giovanni e di San Paolo. Possiamo solo passeggiare tra le sue vie e piazze centrali, come la piacevole piazza Libertà, con il Teatro Rossi, il Palazzo dei Priori e quello del Comune. Notevole è anche lo Sferisterio, che sarebbe stato opportuno vedere all’interno.

17/8 - Lunedì – Mi alzerò prestissimo, per visitare questa bella città medievale, che conserva ancora delle visibili ferite a causa del terremoto. Punteggiata da torri e campanili e avvolta nel caldo colore dorato del travertino, che riveste quasi tutto il centro storico, la cittadina è circondata su tre lati dall’acqua dei fiumi Tronto e Castellano, che qui confluiscono. Raggiungo per primo piazza Arringo, sede della Pinacoteca e con al centro una bella fontana. Qui è presente il Duomo di Sant’Emidio, una delle chiese che più bramavo visitare, per via del famoso polittico di Sant’Emidio di Carlo Crivelli, presente nella cappella del Santissimo Sacramento. Sfortuna vuole che sia l’uno che l’altra sono in restauro. Visito la cripta a cui si accede dalle scalinate laterali al termine delle navate, e si sviluppa nell'area sotto il presbiterio. Al centro, posta sulla verticale dell'altare maggiore, è la tomba di Sant'Emidio. La delusione del polittico mi impedisce di considerare come apprezzabili le altre opere presenti, che comunque non sono certo imperdibili. Vicino al Duomo è il Battistero di San Giovanni, chiuso alle visite. La sua struttura si mostra solida e massiccia, completamente realizzata da blocchi squadrati di travertino. Tornando da via Mazzini raggiungo piazza del Popolo, il salotto di Ascoli. Qui si trova il maestoso palazzo dei Capitani del Popolo, palazzi rinascimentali e logge, oltre alla bella chiesa di San Francesco e il caffè Meletti, un’istituzione cittadina dove faremo colazione. Il governatore Raniero de’ Ranieri, decise che su tre lati della piazza dovessero essere costruite volte con mattoni rossi e colonne in travertino. I privati che possedevano gli spazi nella piazza e volevano costruire, dovevano seguire rigide regole: non più di un piano, con fabbricati tutti della stessa altezza, fatti sempre di travertino e mattoni rossi e con finestre uguali per tutte le case. Il Palazzo dei Capitani è da sette secoli il centro del potere ad Ascoli sede dei Signori che l’hanno governata, compresi il Re di Napoli, gli Sforza, il Papa e i podestà che la trasformarono in sede del partito fascista e “Casa del Littorio”. Prima di lasciare questa bellissima cittadina visitiamo la chiesa di San Francesco. Da citare il monumento funebre per la contessa Costanza Cavina Saladini di Emidio Paci e la tela Crocifissione con il beato Andrea Conti di Nicola Monti (1772). Prossima tappa la città di Teramo. Capoluogo dell’omonima provincia in Abruzzo, ha origini molto antiche. Nel nucleo vecchio della città ci sono resti  del periodo romano e medievale. Teramo è situata in una zona collinare, sotto le pendici del Gran Sasso, e digrada verso il mare con una ricca vegetazione di vigneti e oliveti. Anche qui segni del terremoto, alcune chiese chiuse e obbiettivamente niente di eccezionale da vedere. Ma il Duomo, nella piazza principale, mi solleva il morale artistico. La sua costruzione iniziò nel 1158 per volere del vescovo Guido II, che intendeva dare un nuovo asilo alle reliquie di San Berardo. Svetta la Torre di Teramo, alta 50 metri, rinforzata da una struttura che evidentemente ne impedisce il possibile crollo. All’interno sono due le opere che spiccano per importanza, di cui una non è al momento fruibile per restauro: il polittico realizzato nel secondo decennio del quattrocento da Jacobello del Fiore, 16 tavole sontuosamente incorniciate. Per fortuna il pezzo più pregiato posso osservarlo persino sull’altare, da vicino. E’ il celebre paliotto d’argento dorato di Nicola da Guardiagrele, che vi lavorò (1435) per 15 anni con i suoi collaboratori, uno dei paliotti più famosi d’Italia e d’Europa. Rinfrancato da questa bella esperienza, lasciamo Teramo dirigendoci verso la costa dove, da informazioni che riceviamo, percorriamo uno stretto sentiero che ci porta alla bella e sabbiosa spiaggia del Borsacchio, a sud di Roseto degli Abruzzi. Ne godiamo il bel mare per qualche ora, per poi ripartire verso il nostro ultimo alloggio, in periferia di Pescara. La cena sarà da dimenticare, in un ristorantino della centrale via Manthone. Ordiniamo chitarrine al sugo di agnello e le stesse con stoccafisso che parevano avere entrambe lo stesso sapore.

18/8 - Martedì – Sarà una giornata dedicata interamente alla balneazione. Ci spingiamo a sud sin quasi a Vasto, nella splendida Riserva naturale di Punta Aderci. La sua bellezza sta nella semplicità: verdissima e ricchissima la vegetazione e azzurrissimo il mare che ci troviamo davanti. Godiamo tra i primi della meravigliosa natura selvaggia di Punta Penna, che raggiungiamo attraverso una facile scalinata. Qui le dune sabbiose fanno da dimora al fratino, un uccello tipico degli ambienti costieri. Ci resteremo per un paio d’ore per poi godere delle bellezze di una nuova spiaggia, quella più a nord di Mottegrossa. E, per finire, scegliamo la spiaggia di Marina di Torino di Sangro. Verso le 17.00 decidiamo di tornare a Pescara, per visitare quel po’ che sa offrire al turista. È il comune più popoloso della regione e si sviluppa intorno alla foce del fiume Aterno. La sua cattedrale, di San Cetteo, è di recente costruzione e non mi trasmette assolutamente nulla che sappia farmi restare all’interno più di dieci minuti. Altra cosa, invece è il famoso Ponte del Mare, un ponte-strallato ciclo-pedonale che con i suoi 466 metri di lunghezza tra le spalle ed i 172 metri di luce dell'impalcato sospeso, è il più grande ponte ciclo-pedonale italiano ed uno dei maggiori d'Europa, inaugurato nel dicembre del 2009. E’ ora di recarci al ristorante migliore di questo nostro viaggio, sempre in via Manthone, è la Taverna 58, con i suoi 29 anni di storia e inserito nella guida Michelin. Sarà un esperienza grandiosa. In un ambiente curato nei minimi dettagli, gusteremo chitarrina con funghi e tartufo fresco dell’aquilano e spaghetti d’orzo con battuta d’erbe fini. Come secondo, un entrecote d’agnellino della Maiella, delizioso. E che dire del vino, un Montepulciano d’Abruzzo, leggermente passato in botte, eccezionale. Esperienze del genere alimentano la convinzione di quanto siamo fortunati a vivere nel nostro straordinario paese.

19/8 – Mercoledì – Ed è così giunto il nostro ultimo giorno di viaggio. Di prima mattina ci rechiamo nella vicina Ortona, con la sua storia millenaria, a partire dall’età del bronzo. Tante le dominazioni, da quella romana, ai longobardi, quindi ai franchi, ai normanni, agli aragonesi. Tutti avrebbero lasciato traccia del loro passaggio ad Ortona, se non fosse stato per la seconda guerra mondiale che ha distrutto parte della storia della città. Percorriamo per primo la bella Passeggiata Orientale, passando per il Palazzo Farnese costruito nel XVI secolo. Da qui si ha un bel colpo d’occhio sul porto sottostante. La camminata termina al Castello Aragonese, una fortificazione a strapiombo sul mare. Il castello svolse la funzione difensiva fino al XVII secolo, quando fu acquistato dalla famiglia Baglioni come residenza signorile. Fu costruito un palazzo gentilizio all'interno delle mura, che nel XIX secolo cadde in abbandono. Da allora il castello fu usato come officina e polveriera. Nel 1943 durante la battaglia di Ortona, il castello fu colpito da bombe tedesche e granate americane. La polvere da sparo conservata all'interno fece esplodere la struttura, di cui saltarono in aria tutta la parte superiore delle mura e il palazzo gentilizio. Lo visitiamo all’interno per breve tempo, ma non ne rimane granché. Proseguiamo verso il centro vecchio, dove è la chiesa principale, la cattedrale di San Tommaso Apostolo. Né l’esterno, ricostruito nel 1947, né l’interno mi entusiasmano, solo nella cappella del Santissimo Sacramento sono presenti due interessanti altorilievi rappresentanti l’ultima cena e il Sinite Parvulos. Percorriamo poi alcune vie centrali per poi far ritorno all’auto e puntarla verso le spiagge. La prima sarà la vicina Ripari di Giobbe, riparata appunto da due promontori che scendono a picco sul mare e raggiungibile solo a piedi. Quindi, dopo qualche ora, dato che questa zona è famosa per i trabucchi (antiche macchine da pesca delle coste sud adriatiche che constano di una piattaforma protesa sul mare, ancorata alla roccia da grossi tronchi dai quali si allungano grossi bracci che sostengono un enorme rete detto trabocchetto), scegliamo l’ultima alla Calata Turchino, poco a sud di San Vito Chetino. Di fronte a noi il trabucco Turchino, tra i più conosciuti e antichi d’Abruzzo. La caletta è affollata, e su questo non c’erano dubbi, ma il mare ha dei colori stupendi. Dato che domani è giorno di partenza, e dovremo alzarci presto decidiamo di concederci solo una pizza.   

20/8 – Giovedì – Il viaggio è terminato, avrebbe potuto concederci qualcosa di più, almeno dal punto di vista artistico, ma dobbiamo anche considerare la fortuna che ci ha assistito durante tutti questi 12 giorni, con un meteo più che favorevole. Resto comunque in attesa che un vaccino contro il Covid, sappia ripristinare il mondo come era fino all’inizio di quest’anno, e mi consenta di organizzare ancora qualcuno di quei viaggi che sanno donarmi ragion d’essere.

 

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