2015  Roma & stato del vaticano

La Città Eterna

Iniziata la visita l’anno scorso, ora ho potuto ultimare la conoscenza di questa città che al momento giudico la più bella capitale del mondo. Questa volta ho deciso di raggiungerla in treno e così, eccomi alla stazione di Milano Rogoredo, dove parto alle 7.25. Alle 10.20 già esco dalla stazione Termini di Roma verso via Marsala dove ho prenotato il modesto ma pulito hotel Tokio. Prendo la metro B, raggiungo l’uscita Piramide in Piazza Ostiense, zona Aventino, dove ammiro la Piramide, tomba di Caio Cestio, rivestita in marmo bianco e inglobata nelle Mure Aureliane, quindi proseguo fino alla chiesa di San Saba, dalla strana caratteristica a quattro navate. Abside affrescata, tetto in legno e affreschi antichi, ma in cattivo stato nella quarta navata, a sinistra. Percorrendo tutto il viale Aventino giungo al Circo Massimo, un tempo il più grande stadio dell’antica Roma, ma ora poco più che una lunga spianata coperta di erba. Ma qui c’erano gradinate che potevano contenere anche 300.000 persone, durante le corse dei cavalli. La costeggio tutta fino alla celebre chiesa di Santa Maria in Cosmedin sotto il cui portico è situata la bocca della verità che si pensava potesse divorare la mano dei bugiardi. All’interno sono presenti dei bei mosaici pavimentali e nove colonne corinzie per lato.  Dietro l’altare, rialzato, un austero prete sta celebrando la messa. All’esterno osservo con ammirazione il campanile romanico quadrato disposto su sei ordini di trifore. Di fronte, la fontana dei tritoni e i templi di Foro Boario che risalgono al II sec a.c. Ha quattro colonne ioniche scanalate, in travertino e dodici semicolonne nel retro con dei splendidi capitelli floreali. Mi dirigo ora verso l’imponente Arco di Giano sulle cui chiavi di volta ci sono figure di dee. Dietro è la chiesa di San Giorgio in Velabro, dedicata appunto a San Giorgio i cui resti sono sotto l’altare. Danneggiata da un autobomba nel 1994 detiene un interno povero, anonimo. Proseguo con il tempietto ortodosso di San Teodoro, ammirando i suoi bei mosaici absidali e quindi mi dirigo verso la chiesa di Santa Maria della Consolazione, ai piedi della Rupe Tarpa, il luogo dove venivano giustiziati i traditori. Undici cappelle di proprietà di famiglie nobili e corporazioni con bei dipinti e un presbiterio dove spicca una Vergine col Bambino dipinta da Antoniazzo Romano. Attraverso un ponte sul Tevere entrando  e uscendo dall’isola Tiberina. Qui sono nel quartiere di Trastevere, uno dei più antichi e pittoreschi quartieri di Roma. Percorro la commerciale via della Lungaretta, una delle tante arterie lastricate presenti. Decine e decine di negozi, bar e ristoranti animano questa zona fino alla piazza di Santa Maria in Trastevere dov’è una fontana realizzata da Carlo Fontana e punto d’incontro molto frequentato. Di fronte è una delle chiese più rinomate della capitale: Santa Maria in Trastevere, probabilmente il primo luogo di culto cristiano edificato a Roma. Molte parti della chiesa risalgono al XII secolo, come i mosaici della facciata che rappresentano dieci donne recanti lampade, otto accese simboleggiando la verginità e due spente, forse di vedove e i mosaici del bel campanile. All’interno, il tetto è in legno, a cassettoni con dieci colonne ioniche e corinzie per lato che si ergono da bellissimi mosaici pavimentali. Stupenda la tomba del cardinale Stefaneschi in fondo a sinistra, ma è nel presbiterio e in special modo nel catino absidale che si resta incantati. Il suo mosaico, del XII secolo, raffigura l’incoronazione della Vergine seduta alla destra di Cristo e circondata da Santi e, sotto, sei mosaici realizzati dal Cavallini che raffigurano la vita della Vergine. Un momento di rara bellezza! Proseguo le visite raggiungendo la chiesa di San Francesco a Ripa, dedicata a San Francesco d’Assisi, che visse qui durante la sua permanenza romana. Nella cappella Altieri, ultima di sinistra, non si può che restare a bocca aperta dinnanzi alla straordinaria scultura del Bernini: estasi di Beata Ludovica Albertoni. Attraverso il ponte Sublicio per terminare la visita delle chiese dell’Aventino che mi richiederanno una lunga camminata fino alla piazza dei Cavalieri di Malta, circondata dal verde dei cipressi. Qui, attraverso un buco all’interno del portone del loro priorato si vede la cupola di San Pietro. E’ una turistata vergognosa, ma già che sono qui! Nei pressi è la chiesa dei Santi Bonifacio ed Alessio con il suo bel campanile romanico e le due coppie di bifore per lato. La chiesa è dedicata a due dei primi martiri cristiani che riposano sotto l’altare, non presenta nulla di significativo perciò passo alla seguente chiesa di Santa Sabina, molto più interessante, con la sua ampia navata centrale e le dodici colonne scanalate corinzie che la separano dalle laterali. Il pavimento è ricco di lastre tombale fra le quali, al centro della navata, quella a mosaico di uno dei primi generali dei domenicani: Munoz de Zamora. Bene, è giunto il momenti di tornare a Trastevere, alla chiesa di San Crisogono. Il mosaico absidale è stato realizzato da Cavallini e sull’altare è presente un pregevole altorilievo. Sarà un piacere passeggiare poi all’interno del quartiere, avvolto dall’atmosfera creata dalla luce dei lampioni e dei negozi. Lo sguardo si posa in continuazioni su palazzi affascinanti e negozietti di nicchia che ognuno meriterebbe d’esser visitato. Entro nell’ultima chiesa della giornata, la barocca Santa Maria della Scala, ricca di stucchi e marmi policromi. Dopo un aperitivo, osservando il via vai della gente ed un ultima passeggiata fino alle celebri piazza Trilussa, piazza Sant’Egidio, quella del mitico fontanone, ritorno sulla via Lungaretta entrando all’osteria del Rugantino che si spaccia per essere la più antica di Roma. Strozzapreti alla carbonara e abbacchio alla scottadito, bagnati da del vino rosso dei colli romani. In viale di Trastevere, infine, salgo sul bus 64 che mi porta direttamente alla stazione Termini. L’indomani sveglia presto, perché voglio dare una prima occhiata a piazza San Pietro prima di entrare nei Musei Vaticani. Con la metro A scendo ad Ottaviano, il tempo minaccia pioggia. Decido di controllare però prima l’orario dei musei e, già alle 7.30 noto una decina di persona in fila. Non ci posso credere, così mi accodo anch’io abbandonando il progetto originale. Si resterà in piedi un ora e mezzo fino all’apertura dei cancelli, ma poi corro subito verso la Cappella Sistina, sapendo che in seguito sarebbe stata invasa dalla gente. Prende il nome da Sisto IV della Rovere per volere del quale fu costruita. E, appena entrato, è come se di colpo fossi avvolto da cose celestiali. Mi siedo e comincio a decriptare ogni figura di quello che considero la massima espressione dell’arte: il Giudizio universale di Michelangelo che egli realizzò in circa 450 giornate. Ammiro le figure di Cristo giudice, degli angeli tubicini, di Caronte che spinge i dannati fuori dalla barca, dei corpi degli eletti che si ricompongono e si librano verso il paradiso. Altrettanto stupefacente è la volta dove l’artista volle raffigurare la storia dell’umanità prima della venuta di Cristo: la divisione della luce dalle tenebre, la creazione degli astri, di Adamo, il sacrificio di Noè, il diluvio universale. Intorno sibille e profeti e, per finire, sulle due pareti laterali, la storia di Cristo e quella di Mosè in sei affreschi per lato dipinti da grandi del Rinascimento come il Perugino, il Ghirlandaio, il Botticelli. Dopo questa perla luminosa mi reco alle Stanze di Raffaello, quelle private di Papa Giulio II che volle fossero affrescate da lui e dalla sua bottega. Le stanze sono quattro. Nella prima, la sala di Costantino, mi è piaciuta molto la battaglia di ponte Miglio, opera di Giulio Romano. In quella seguente, stanza d’Eliodoro, interamente dipinta dal grande artista, ammiro l’incontro di Leone Magno con Attila, la messa di Bolsena, la cacciata di Eliodoro e la liberazione di San Pietro. Nella più celebre stanza della Segnatura resto rapito da due grandi affreschi di Raffaello che sono la Disputa del Santissimo Sacramento, il Parnaso e la celeberrima Scuola di Atene. Per ultima la stanza dell’incendio del Borgo, in gran parte affrescata dai suoi allievi della bottega e dove apprezzo l’incendio del Borgo. La visita dei musei Vaticani è iniziata col botto e riesco a stento a soffocare un grido di gioia, qui si è davvero nell’epicentro mondiale dell’arte. Proseguo con la sala Sobieski che prende il nome dall’enorme tela del pittore polacco Jan Matejko che occupa per intero una parete e rappresenta Sobieski che libera Vienna, davvero un quadro strepitoso. E quindi la sala dell’Immacolata, situata nella Torre Borgia dove sono presenti affreschi che raffigurano episodi relativi alla definizione e proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione. Successivo è l’appartamento Borgia che ospita anche parte della collezione d’arte religiosa moderna, che evito come la peste. Prende il nome dallo spagnolo Rodrigo de Borja il quale fu eletto Papa col nome di Alessandro IV. Molte sale sono chiuse, ma quella più importante no, e così eccomi ad ammirare la straordinaria Sala dei Santi, dove Pinturicchio affrescò la maggior parte delle pareti con Susanna e i vecchioni, la Visitazione, la visita di Sant’Antonio Abate e San Paolo Eremita, e la stupenda Disputa di Santa Caterina d’Alessandria. Ora è il momento di raggiungere le sale della Pinacoteca. Ne ho viste di migliori in Europa e di più complete, ma resta comunque una visita imperdibile per un amante della pittura, peccato solo che sia quasi priva di fiamminghi e di olandesi del Periodo d’Oro. Fra i numerosi dipinti ammirati citerei sicuramente i Miracoli di San Vincenzo Ferreri di Ercole de Roberti in sala V; la Madonna col Bambino di Carlo Crivelli in sala VI; la Madonna di Foligno e la straordinaria Trasfigurazione, entrambi di Raffaello nella sala VIII e la Deposizione del Caravaggio in sala XII. Dopo una rapida pausa pranzo mi reco al museo delle carrozze creato per volontà di Papa Paolo VI Montini. Qui sono raccolte carrozze appartenute a pontefici e cardinali fra cui berline di gala, delle potenti carrozze di viaggio oltre ad una fantastica Citroen Lictorio del 1930 e ad una berlina di gran gala costruita per il papa Leone XII. Mi dedico ora al museo egizio dove sono raccolte antichità egiziane acquistate dai papi a partire dal XVIII secolo, ma soprattutto statue ritrovate a Roma e dintorni portate dall’Egitto in epoca romana. Sono presenti steli, sarcofagi funerari, mummie, busti e statue come la testa del re Mentuhotep della XI dinastia (2100 a.c. circa), una statua della regina Tuia, madre di Ramesse II (1250 a.c. circa) e inoltre straordinari pezzi come il cilindro di Nabucodonosor con delle iscrizioni miniate. Eccezionale sarà il successivo museo Pio Clementino, il museo delle sculture. Percorrendo il famoso ottagono e le successive sale devo citare moltissime opere incredibili come l’Apollo del Belvedere, la statua distesa di un Dio fluviale, l’incredibile gruppo del Laocoonte. Quelle che ho citato solo comunque alcune delle bellissime sculture presenti in questo museo. Passo dalla sala della Biga, al momento chiusa, ma si può comunque ammirare la celebre cassa della Biga, in precedenza nella chiesa di San Marco, dove fungeva da cattedra episcopale e la cui forma richiama quella di un antico carro trionfale con ruote, timone, cavalli. Percorro ora il corridoio degli arazzi dove sono esposti appunto decine di arazzi enormi, la maggior parte di manifattura fiamminga e poi il corridoio delle Carte Geografiche, dove si possono ammirare decine di affreschi delle regioni italiane e dei possedimenti della Chiesa che papa Gregorio XIII vi fece dipingere alla fine del ‘500. Sono più che soddisfatto di come è andata la visita. Non mi resta che completarla con la galleria dei candelabri, con statue, colonne e candelabri e con l’ultimo museo, il Gregoriano etrusco che raccoglie oggetti provenienti per la massima parte dagli scavi effettuati in Etruria. Ormai i miei piedi cantano e la stanchezza si fa sentire, così dedico solo una visita sommaria a questa sezione dei musei Vaticani. Si sta approssimando l’orario di chiusura, sono ormai le 17.30 ma non posso non chiedere al mio fisico un ultimo sforzo per andare ad ammirare quella che è forse la più bella basilica del mondo: San Pietro. Nel 1517 papa Leone X, volendo ricostruire la basilica di S. Pietro a Roma, e non disponendo dei mezzi necessari, aveva bandito in tutto il mondo una speciale indulgenza per coloro che avessero fatto un'offerta in denaro. L'indulgenza (già usata nel corso delle crociate) era una sorta di condono delle pene che il credente avrebbe dovuto scontare nel Purgatorio, che il papa concedeva a quei fedeli, sinceramente pentiti, disposti a compiere particolari penitenze. Entro nella piazza attraverso il celeberrimo colonnato del Bernini, due emicicli con quadruplice colonnato (284 colonne doriche) con due bracci rettilinei, chiusi e convergenti che affiancano il sagrato. L’intero complesso è davvero un incanto divino che solo vedendolo coi propri occhi può entrare fino al profondo dell’anima. Le luci dei lampioni che si sono appena accesi, la basilica illuminata, creano un quadro al qual nessuno può restare indifferente. Al centro della piazza è presente un obelisco egiziano, e ai due lati una fontana del Maderno e una del Bernini. La facciata, opera del Maderno è divisa dalla Loggia delle Benedizioni, dal cui balcone centrale il Papa si affaccia per impartire la benedizione urbi et orbi subito dopo l’elezione. Al sommo della facciata ci sono tredici statue con Cristo al centro, San Giovanni Battista e undici apostoli. Completo la giornata percorrendo via della Conciliazione, che collega piazza San Pietro a Castel Sant’Angelo, ricca di negozi di souvenir e articoli religiosi e visitando la chiesa di Santo Spirito in Sassia in cui spicca il campanile risalente al papato di Sisto IV. A navata unica, s’ammira un bell’altare con due angeli d’argento  che sorreggono l’ostia consacrata. Dietro, il catino absidale affrescato e una serie di cappelle laterali riccamente decorate. Le gambe urlano, così ritorno alla metro Ottaviano e alla stazione Termini. Dopo una frugale pizza ritorno in albergo a studiare il percorso di domani, che mi riserverà godimenti artistici assoluti. Alle sette del mattino sono infatti già in piazza San Pietro. Siamo in pochissimi a quest’ora ed è davvero un privilegio poter godere della basilica senza gente e rumori. Ne ammiro dapprima l’atrio dove, sotto l’ingresso centrale, c’è il famoso mosaico della Navicella composto da Giotto per il vecchio San Pietro. Prima di accedere all’interno osservo le cinque porte bronzee, poi trattengo il respiro ed entro. Tutta la basilica è illuminata perfettamente e gli occhi cominciano a roteare dappertutto, ma si deve procedere con metodo per valorizzarla, perciò comincio dalla navata centrale, la cui volta a botte con stucchi in rilievo è sorretta da enormi pilastri nelle cui nicchie ci sono statue di Santi. Mi dedico ora alla navata di sinistra e, subito dopo la cappella del Battistero, sono da citare la cappella della Presentazione con il monumento a Innocenzo VIII, del Pollaiolo. Quindi, oltre la cappella del Coro, il gruppo marmoreo dedicato a Leone XI de Medici. Da notare che quasi tutte le cappelle presentano delle riproduzioni di dipinti celebri realizzati a mosaico, uno più bello dell’altro, compreso quello con la Madonna di Foligno di Raffaello. Eccomi arrivato nella zona del transetto dove non posso che stupire dinnanzi all’altare di San Gregorio Magno che conserva, in un sarcofago romano, il corpo del grande papa riformatore del VI secolo. Sopra la porta della Sagrestia è il monumento di Pio VIII, scolpito da un seguace del Canova. Non si può accedere più in là nel presbiterio, ma questo non mi impedisce la visione dello stupendo monumento di Alessandro VII, l’ultima opera del Bernini che lo realizzò nel 1678. Domina l’abside la trionfale decorazione dell’altare della Cattedra, straordinaria invenzione del grande scultore dove quattro figure bronzee di vescovi attorniano un grande trono di bronzo librato fra le nuvole, nel quale è custodita una cattedra lignea dove la tradizione voleva sedesse San Pietro quando ammaestrava il popolo cristiano. Non posso che dedicarmi ora al celeberrimo altare papale, al centro del transetto. Una doppia rampa in marmo conduce a un ambiente illuminato da settanta lampade dorate che ardono in continuazione in onore del Principe degli Apostoli. Questo è il cuore della basilica, dov’è il sepolcro, non visitabile, di San Pietro. L’altare papale, un nudo marmo della Roma imperiale rinvenuto nella zona dei Fori imperiali è messo in risalto da un baldacchino di bronzo dorato del Bernini. Alzando la testa al cielo, eccola… l’immensa cupola ideata da Michelangelo, alta 120 metri fino alla lanterna e larga quarantadue. Stupendi i quattro pennacchi a mosaico raffiguranti gli evangelisti e tutti i mosaici della cupola. Nel transetto di destra è un altro incredibile monumento, questa volta di Clemente XIII, del grande scultore Antonio Canova. Scendendo in seguito dalla navata destra, non si può che restare basiti dinnanzi allo straordinario monumento di Gregorio XIII e, verso la metà dalla cappella del Santissimo Sacramento dove è presente l’unica pala di San Pietro, la Trinità del pittore Pietro da Cortona. E, per terminare, la più celebre opera d’arte esistente in San Pietro: la Pietà di Michelangelo. Il gruppo marmoreo che rappresenta Gesù morto nella braccia di Maria è scolpito in un unico blocco di marmo ed è alto 174 centimetri. E’ l’unica opera firmata dall’artista, il cui nome è inciso sulla benda che scende dalla spalla sinistra di Maria. Resto ad ammirarla per venti minuti estasiato dalla magia che trasmette la scultura. E’ giunto il momento di entrare nelle sale del tesoro dove, tra preziosi ostensori e reliquiari emergono, nella sala della colonna, una colonna tortile decorata con tralci di vite di epoca imperiale (IV secolo) e lo stupendo monumento funebre di Sisto IV, opera firmata dal Pollaiolo. Quindi giù, nelle Grotte vaticane dove, in un ambiente ricavato fra il piano dell’antica basilica costantiniana e il pavimento di quella attuale, conserva tombe di numerosi pontefici. Per terminare la visita di questo tempio della cristianità non posso che recarmi in cima alla cupola. Un ascensore porta direttamente sotto la cupola, da dove si possono meglio ammirare i mosaici presenti e poi, salendo 320 gradini si giunge alla terrazza, dove il panorama sulla piazza sottostante è eccezionale. Tutt’intorno è un continuo ininterrotto di cupole delle svariate chiese di Roma. Ridiscendo e, dopo un breve rifocillamento, percorro la via della Conciliazione ammirando il Palazzo dei Convertenghi, il luogo dove morì Raffaello e poi il Palazzo dei Penitenzieri che deve il suo nome al fatto che un tempo era la sede dei confessori di San Pietro. Un breve giro nel Borgo, il luogo dove i primi pellegrini venivano ospitati in ostelli e alberghi e quindi mi dirigo verso il Castel Sant’Angelo, la massiccia fortezza, che prende il nome  dalla visione che papa Gregorio il Grande ebbe in questo luogo dell’arcangelo Michele. Edificata nel 139 d.c. come mausoleo dell’imperatore Adriano ha svolto molti ruoli da allora, fra cui cittadella e prigione militare e residenza dei papi nei periodi di incertezza politica. Dopo aver visitato San Pietro, Castel Sant’Angelo mi annoia un po’. Non sono molte le testimonianze artistiche presenti: passeggio per i bastioni, do un occhiata al passetto (il corridoio che conduce dal palazzo del Vaticano al castello), costruito per fornire al papa una via di fuga in caso di pericolo e alle stanze, alla sala Paolina, alla stanza del Tesoro, alla sala di Apollo. Interessanti alcuni quadri di Lorenzo Lotto ospitati nel locale Museo Nazionale fra i quali il Cristo e l’adultera, un ritratto di gentiluomo e San Gerolamo nel deserto. Salgo ora alla terrazza da cui si gode un panorama stupefacente su San Pietro e sulla zona sottostante, intorno al lungoTevere. La giornata è magnifica, la temperatura ideale e perciò proseguo fino ad ammirare il monumentale palazzo di Giustizia su tre ordine di semicolonne ioniche e doriche. Ricchissima di modanature, è sormontato da una quadriga bronzea. Attraverso un ponte sul Tevere per entrare nella zona di piazza Navona. Comincio dalla chiesa Nuova, un tripudio di barocco a tre navate coperte da pavimenti in marmo. Nel presbiterio tre dipinti di Rubens: sopra l’altare una Madonna e angeli; a destra Santi Domitilla, Nereo e Achilleo e a sinistra Santi Gregorio, Mauro e Papia. L’abside, la cupola e la volta sono affrescate dal Cortona. Pensate che in una cappella di destra è presenta la copia della deposizione di Caravaggio, prima qui e ora alla pinacoteca vaticana. Un occhiata a Palazzo Braschi e a Palazzo Pamphilj per giungere poi alla straordinaria piazza Navona, con le sue tre fontane. La prima che ammiro è quella del Moro dove appunto un moro lotta con un delfino. A nord è quella di Nettuno, ma è quella centrale, la fontana dei Fiumi che impressiona. Fu disegnata dal Bernini e rappresenta i quattro grandi fiumi allora conosciuti: il Gange, il Danubio, Il Nilo e il Rio de la Plata, rappresentati da quattro giganti. Di fronte è la chiesa di Sant’Agnese in Agone. Costruita sul luogo dove la giovane Agnese fu esposta nuda perché rinunciasse alla sua fede, la chiesa, a forma di tempio, è caratterizzata da cinque cappelle che presentano altrettanti altorilievi in marmo di incredibile fattura. Il migliore mi pare quello del Transito di Santa Cecilia realizzato da Antonio Raggi (XVII secolo). Bellissima la cupola affrescata. Mi dirigo quindi verso Palazzo Madama, sede del Senato della Repubblica e nella vicina chiesa di San Luigi dei Francesi. E’ la chiesa nazionale dei francesi, e ospita tombe di molte personalità transalpine. Ma quello che la contraddistingue dalle altre è l’ultima cappella a sinistra, dedicata a San Matteo. Qui, infatti, sono custoditi tre dipinti magnifici di Caravaggio: la vocazione di San Matteo, il martirio di San Matteo e San Matteo con l’angelo. Aperitivo al bar Senato, di fronte a Palazzo Madama, per poi continuare con la straordinaria e barocca Sant’Andrea della Valle. Qui sono sepolti due papi della famiglia senese Piccolomini. La chiesa è famosa per la sua grandiosa cupola, seconda solo a quella di San Pietro. Il catino absidale è affrescato fra i costoloni dal Domenichino e da Mattia Preti, mentre il presbiterio è dominato da tre stupendi, enormi dipinti del Preti. A sinistra Sant’Andrea issato sulla croce, al centro la Crocifissione e a destra la sepoltura di Sant’Andrea. Nella cappella Strozzi, infine, c’è una copia in bronzo della Pietà di Michelangelo. Che giornata incredibile! Una delle più belle fra tutti i viaggi da me effettuati, e per finire, una cena all’osteria tipica Da Tonino, dove gusto una pasta alla carbonara e un coniglio alla cacciatora, accompagnati da un rosso della casa. L’ultimo giorno non sarà meno interessante. Con la metro B raggiungo il Colosseo, sono tra i primi in fila. Fatto erigere da Vespasiano nel 74 d.c. aveva ottanta entrate da dove potevano trovare accesso ben 55.000 spettatori. Qui vi avvenivano combattimenti cruenti. La giornata iniziava con la presentazione dei protagonisti a cui seguivano le venationes che vedevano i cacciatori affrontare gli animali con scenografie riproducenti gli ambienti dove loro vivevano. Durante l’intervallo i condannati affrontavano nudi e disarmati bestie feroci che erano fatte arrivare dal nord Africa e che finivano per sbranarli. Nel pomeriggio avvenivano i combattimenti tra i gladiatori che potevano essere prigionieri di guerra o schiavi, ma anche uomini liberi in cerca di ricchezza o notorietà. Entrando non c’è molto da vedere se non immaginare come avrebbe potuto essere. Si notano le rovine dei sotterranei dove, con ottanta montacarichi, gli animali venivano portati in superficie nell’arena. Uscendo, raggiungo l’arco di Costantino dando inizio alla visita dei Fori Imperiali, il vero centro della vita politica, commerciale e giudiziaria dell’antica Roma. Naturalmente quelle che si visitano non sono che rovine di ciò che era un tempo, ma restano comunque delle interessanti testimonianze, come l’arco di Tito, il tempio di Romolo, il piccolo tempio di Vesta, il cui culto era uno dei più antichi di Roma e dove giovani donne dovevano mantenere acceso il fuoco sacro della dea del focolare. Questo incarico si affidava a sei sacerdotesse (le vestali). La sezione più bella è a quella ad ovest dove si possono ammirare la colonna di Foca, in onore di un imperatore bizantino; i resti più imponenti dell’area: il tempio di Saturno, con ben otto colonne e la trabeazione; l’arco di trionfo di Settimio Severo eretto nel 203 d.c. per celebrare i primi dieci anni del suo impero. Da una terrazza nel centro del complesso si può ammirare un bellissimo panorama di tutta la zona archeologica. I Mercati Trainei, poco distanti dal Foro, invece, sono ben conservati. Un tempo erano considerati tra le meraviglie del mondo classico. Traiano e il suo architetto, Apollodoro, idearono questo complesso di 150 botteghe e uffici, una sorta di centro commerciale antico. Un’altra occhiata alla straordinaria Colonna Traiana e poi mi reco a piazza Venezia dove emerge il Vittoriano, in onore di Vittorio Emanuele, primo re d’Italia. Grandioso complesso in marmo bianco con bei bassorilievi intorno alla fiamma del Milite ignoto. Da un passaggio sulla terrazza giungo facilmente alla chiesa di Santa Maria in Aracoeli col suo stupendo soffitto a cassettoni decorato con motivi navali e l’ampia navata centrale con 22 imponenti colonne. La controfacciata e tutto il pavimento marmoreo, specie delle navate laterali sono disseminati di lastre tombale. L’arco trionfale e l’abside sono circondati da lampadari che conferiscono ancora più preziosità al complesso. La prima cappella a destra ha degli affreschi del Pinturicchio che riguardano la vita e la morte di Bernardino da Siena, un'altra presenta dipinti di Gerolamo Muziano, ma tutte le cappelle hanno motivo di interesse per i monumenti funebri di famiglie famose di cui ne sono ricche. Uscito dalla chiesa scendo attraverso la ripida Scalinata di Aracoeli con i suoi 124 gradini che fu completata, si dice, nel 1348 per ringraziamento dopo la fine della peste. Risalgo dalla scalinata adiacente (la zona è molto scenografica) chiamata la Cordonata fino alla piazza del Campidoglio, progettata da Michelangelo. Qui ha sede il palazzo comunale, i musei capitolini e, al centro, una bella statua equestre di Marco Aurelio. In fondo alla breve via Campidoglio, da una terrazza si gode la migliore visione complessiva sui Fori Imperiali. Il tempo ha tenuto finora, ma adesso minaccia pioggia, così mi affretto dopo un frugale pasto a baso di pollo e patate al forno lungo la via del Teatro di Marcello verso il Portico di Ottavia, costruito in onore della sorella di Augusto. Raggiungo il lungo Tevere fino a via Arenula entrando nella zona di Campo dei Fiori, una delle parte più caratteristiche di Roma, con le sue vie strette pieni di negozi affascinanti, di palazzi monumentali che creano un atmosfera speciale. Giungo in piazza Monte di Pietà dov’è il palazzo omonimo. Il Monte è un’istituzione pubblica fondata nel 1539 da papa Paolo III Farnese come agenzia di pegni per contrastare il fenomeno dell’usura allora dilagante. E poi il Palazzo Spada dove vissero il cardinale Bernardino Spada e suo fratello i quali raccolsero una bella collezione  di dipinti, ora in mostra nella Galleria Spada che più tardi visiterò. Proseguo la passeggiata verso piazza Farnese, sede del palazzo omonimo, un imponente edificio costruito per il cardinale Alessandro Farnese ed ora sede dell’ambasciata di Francia. La vicina piazza Campo dei Fiori è uno dei luoghi più colorati e movimentati della Roma medievale. Al centro della piazza si erge la statua del filosofo Giordano Bruno e, tutt’intorno, le bancarelle del mercato. Comincia a scendere un debole pioggia che mi convince a visitare subito la Galleria Spada. Su due piani, presenta sculture classiche e una buona varietà di dipinti fra altri di fattura mediocre. Interessante, nel cortile la galleria a colonne del Borromini, talmente amante della prospettiva da realizzare un passaggio che pare doppio rispetto alla realtà. Continuo recandomi alla chiesa di Santa Maria in Capitelli che presenta un catino absidale affrescato sopra un ricchissimo tabernacolo dorato con colonne a forma di spirale. Nelle cappelle laterali, pregevoli sono i dipinti di Sebastiano Conca e di Luca Giordano. La seguente chiesa di San Carlo in Catinari è barocca, a navata unica con volta a botte. Da citare la cappella di Santa Cecilia realizzata da Antonio Ghirardi. Nel presbiterio, oltre a due lastre tombale e all’abside affrescata, risalta la pala d’altare di Pietro da Cortona che raffigura San Carlo che porta in processione il Santo Chiodo fra gli appestati e, a sinistra, il dipinto di Andrea Sacchi: la morte di Sant’Anna. Per concludere, la chiesa della Santissima Trinità dei Pellegrini. L’interno, con colonne corinzie, si conclude in una volta a ferro di cavallo dominata dalla pala d’altare di Guido Reni: la Santa Trinità. E’ ora di ritornare in bus alla Stazione Termini, pizzetta e poi, alle 19.00 con venti minuti di ritardo, salgo sul treno Italo per Milano Rogoredo. Tutto è andato alla perfezione e ho realizzato persino più visite di quelle che aveva preventivato.

 

Santa Maria in Cosmedin 7

Santa Maria in Trastevere 8 (mosaici abside)

San Francesco a Ripa    (statua del Bernini)

Sant’Agnese in Agone (altorilievi)

Sant’Andrea della Valle (3 dipinti del Preti)

San Luigi dei Francesi (3 dipinti di Caravaggio)

 

 

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